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(ASI) La settimana scorsa un provvedimento adottato dal Consiglio Superiore della Magistratura (Csm) nei confronti di Paolo Ferraro, un apprezzato magistrato romano, ha destato meraviglia e inquietanti sospetti.

Nei suoi confronti è stata emessa una sospensione con procedura d’urgenza per quattro mesi dal servizio perché, improvvisamente, ritenuto inadatto “ad adempiere convenientemente ed efficacemente ai doveri del proprio ufficio”. I motivi di salute addotti dal Csm, tuttavia, non sembrano trovare il minimo riscontro nelle perizie mediche, le quali certificano la perfetta abilità di Paolo Ferraro.

Una coltre di mistero si è alzata allora intorno alla vicenda, alimentando una serie di interrogativi dai tratti oscuri. Una lettura maliziosa potrebbe indurre molti a dare al provvedimento del Csm un’interpretazione “politica”, celata da inopinate motivazioni di salute rivelatesi fallaci. Risalire alle indagini condotte recentemente da Paolo Ferraro può essere dunque utile per battere la pista del complotto ragionevolmente. Ebbene, facendo questo lavoro di analisi a ritroso si evince qualcosa che potrebbe confermare i sospetti. Risulta, infatti, che il magistrato romano da diverso tempo sta conducendo un’indagine su una presunta setta satanica, a cui avrebbero aderito anche importanti cariche dell’esercito, sulla quale ci sarebbe una rete di copertura ad alti livelli. Un gruppo segreto dedito a riti esoterici, banchetti a base di sesso, droga e finanche sacrifici di sangue. L’autenticità delle macabre attività in questione - riconducibili a quel sottaciuto sottobosco dell’esoterismo - troverebbero conferma in alcuni files audio (una vera e propria colonna sonora dell’inferno) conservati dal magistrato. Paolo Ferraro è inoltre convinto che la sua indagine possa intrecciarsi anche con il delitto di Melania Rea, la moglie di un caporalmaggiore dell’Esercito trovata morta in un parco di Ripe di Civitella, presso Ascoli Piceno. E’ il caso di dire che se la sua convinzione fosse suffragata dalle prove, aprirebbe scenari alquanto angoscianti, rivelando coinvolgimenti da parte dei piani alti delle istituzioni in attività che trovano collocazione nelle più sinistre fantasie dei registi cinematografici del genere horror. Allo stato attuale, vista la rimozione dall’incarico di Paolo Ferraro e vista la scarsissima copertura mediatica data alla vicenda (altro elemento di sospetto?), non ci è dato dipanare questo inquietante dubbio.

Gli avvocati di Paolo Ferraro, Mauro Cecchetti e Giorgio Carta, hanno espresso forti critiche verso il modus operandi del Csm nei confronti del loro assistito: “Il procedimento cautelare seguito dal Csm risulta non solo costellato di violazioni delle garanzie difensive, ma addirittura atipico, perché non previsto da alcuna norma. Non risulta fondato su alcuna perizia medica, se non una risalente al 2008 che, peraltro, attestava l’idoneità allo svolgimento di attività professionali anche complesse”. Un particolare alimenta ulteriori sospetti nei due legali: “Il Csm - hanno riferito gli avvocati - ha stranamente ritenuto ininfluenti le numerose perizie mediche di parte, private e pubblica del 2011, attestanti la specifica idoneità ed anzi qualità intellettuale del magistrato, ed ha ignorato una denuncia analitica e argomentata depositata in atti, che evidenzia fatti gravissimi a suo danno patiti dal 2009 in poi”.

Dunque, una vendetta nei confronti di Paolo Ferraro ordita da qualche suo collega che già dal 2009 eserciterebbe ostracismo verso di lui e del suo operato? Il magistrato, dal canto suo, ha tenuto ieri, nello studio legale di uno dei due suoi avvocati, una conferenza stampa per rendere pubblica la vicenda e tentare di chiarire alcuni passaggi. Egli ha spiegato il momento in cui iniziò la sua indagine, ovvero quando andò a vivere vicino alla città militare della Cecchignola, a Roma: “Io mi ero limitato a dire che in una casa più persone, ragionevolmente ufficiali, alcune donne e alcuni ragazzini, partecipavano ad attività anormali. Ho scoperto un mondo sotterraneo, sconosciuto, poco chiaro, ambiguo, fumoso, dove attività anche sessuali si sommavano ad un contesto a me completamente ignoto”.

L’ignoto, appunto. Forse la colpa del magistrato romano risiede proprio nell’aver voluto sfidare questa dimensione arcana al fine di risalire ad una “struttura parallela”, apparentemente incredibile eppure presente, seppur nascosta, nella nostra società, addirittura nelle sue più alte sfere. Va riconosciuto a Paolo Ferraro il coraggio di essersi imbattuto in un percorso d’indagine impervio, d’aver oltrepassato una porta posta ai confini della realtà ufficialmente conosciuta per entrare in luoghi aberranti, dove “conoscenze superiori” si riuniscono in sette dai fini a noi misteriosi. Aver rimosso Ferraro dal proprio incarico equivale a lasciare che queste sette possano proliferare indisturbate, concedendo ai suoi artefici (tenebrose figure senza volto) la libertà di agire e di manovrare le vite altrui, di adepti spesso inconsapevoli dei pericoli che simili suggestioni ingannevoli, simili apostasie possono arrecargli.

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