(ASI) Pescocostanzo (Aq) – Nell'ambito della nostra ricerca sul ferro battuto in Abruzzo, possiamo affermare che la “capitale” della lavorazione del ferro nel versante della Maiella Orientale, è sicuramente Pescocostanzo (Aq), pittoresco borgo sugli altipiani maggiori abruzzesi a 1395 metri sul livello del mare.
L'arte della lavorazione del ferro battuto ha origini antichissime nella zona degli altipiani maggiori abruzzesi, praticata fin dall' “Età del Ferro” dalle popolazioni italiche appenniniche a contatto sia con gli Etruschi, sia con i Piceni.
Questa fiorente attività artigianale ha avuto il suo apice di diffusione e successo, proprio a Pescocostanzo, borgo medievale in pietra della Maiella Orientale (fondato nel X secolo), ed è stata perfezionata in un lasso di tempo compreso fra il XV e il XVIII secolo (esattamente tra il 1480 e il 1732) dalle compagnie dei maestri Toscani e Lombardi (fabbri, intagliatori, muratori, scalpellini, struccatori) che transitando sulla via commerciale che da Firenze portava verso Napoli (passando per L'Aquila e/o Sulmona), soggiornarono o si stanziarono nel fiorente borgo di Pescocostanzo, portando anche il rito battesimale ambrosiano nelle cerimonie celebrate nella Basilica di Santa Maria del Colle.
Pescocostanzo ebbe pressoché sempre un rapporto conflittuale con i feudatari e le istituzioni religiose con continue tendenze indipendentiste, perciò Ferdinando I d'Aragona concesse alla città nel 1464 uno statuto che ne garantì l'appartenenza al regio demanio con le relative libertà. Tranne un periodo in cui la città fu sotto il controllo feudale, Pescocostanzo fu pressoché sempre libera.
Tutto ciò, gli permise di avere nel suo seno una classe sociale molto ricca, sia economicamente che culturalmente e molto aperta ad attività come la giurisprudenza, la filosofia, la storia, la matematica, le lettere, ma soprattutto l'arte.
Proprio per questo motivo, nel 1774, la città assunse il titolo di “Universitas Sui Domina” (comunità padrona di sé), riuscendosi a riscattare, grazie alle ricchezze del suo notabilato, dal potere feudale. Il titolo è ancora oggi sullo stemma comunale di Pescocostanzo.
L'afflusso di questi artisti e artigiani qualificati, spinti sia dalla posizione geografica favorevole di Pescocostanzo, sia da un ricco notabilato cittadino, sensibile all'arte e alla cultura in genere, iniziò dopo il terremoto del 1456 che devastò la zona.
L'azione sinergica che si sviluppò fra le maestranze qualificate e la classe dirigente locale, contribuì non solo allo sviluppo della cittadina, e della sua comunità, ma anche alla formazione di un consistente patrimonio d'arte, ancora esistente nel borgo della provincia aquilana.
Molti di questi capolavori sono in ferro battuto, come ad esempio il gran cancello della Cappella del Sacramento nella Basilica di Santa Maria del Colle, opera del maestro ferraio Sante Di Rocco (1699 – 1705). Nella stessa chiesa, ci sono altri lavori in ferro di grande pregevolezza, come l'altare maggiore (opera del maestro Nicodemo Donatelli). Ma, anche i particolari in ferro delle facciate degli edifici del centro abitato, sono di ottima fattura.
Ai maestri ferrai, va il merito di aver saputo tramandare e tutelare il tesoro di queste arti e tradizioni che fanno parte ormai dell'identità della comunità di Pescocostanzo, nelle cui piazze e nei cui vicoli sono aperte ancora divese botteghe artigiane che portano avanti questi antichi mestieri, custodendone i segreti.
Noi, per il nostro speciale sul ferro battuto, abbiamo ricercato un officina di fabbro che ha ancora una bottega artigiana dalle sembianze di quelle di un tempo (cioè nera, affumicata e illuminata dal fuoco della forgia e/o dal ferro rovente battuto sull'incudine), per capire come è cambiata nel corso degli ultimi decenni la lavorazione del ferro, e l' abbiamo trovata nell'antica attività famigliare, sita su Corso Roma e a pochi passi da Piazza del Municipio, tramandata da padre in figlio da quattro generazioni a partire dal 1910, gestita attualmente dal maestro ferraio Nicodemo Donatelli che abbiamo intervistato:
Chi è Nicodemo Donatelli?
“Sono un fabbro pescolano che terminati gli studi presso l'Istituto Statale d'arte di Sulmona, sono tornato a lavorare presso la bottega – laboratorio di famiglia che fu prima di mio nonno (si chiamava Nicodemo come me, fabbro e maniscalco nella prima parte del Novecento) e poi di mio padre Enrico, maestro ferraio che fu fra i primi a riprendere tale attività artigiana, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale col decollo dello sviluppo turistico negli anni Sessanta. Ora svolgo questa attività insieme ai miei figli”.
Come è cambiata, secondo lei, l'attività della lavorazione del ferro battuto dagli anni Cinquanta del Novecento ad oggi?
“Le molteplici richieste che riceviamo ci impegnano per la realizzazione sia di manufatti tradizionali (come cancelli, ringhiere, testate di letto, e utensili vari), sia di oggetti più moderni tipici delle abitazioni degli uomini di questo secolo (come arredi per interni ed esterni, panchine per giardini, attaccapanni, tavoli da salotto), sia delle opere d'arte che possono essere usate come suppellettili decorative negli uffici. Oggi, si usa prevalentemente la saldatura per unire le varie parti che compongono il nostro manufatto od opera d'arte che sia, ma siamo in grado di utilizzare pure le giunture più antiche“a chiodo” e a “fascetta”, evidente risultato del tramandarsi delle tecniche da una generazione a un'altra. Credo che alla Bottega Donatelli va dato il merito di aver fatto tesoro di questa eredità culturale e di averla custodita intatta e viva nel tempo”.
Cristiano Vignali – Agenzia Stampa Italia