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Intervista al Prof. Antonio Caracciolo sulla libertà d'informazione
(ASI) La libertà d’espressione è la stella polare che deve seguire chiunque abbia il desiderio di cimentarsi nell’ambito impervio dell’inchiesta. Tuttavia, un uso strumentale del quarto potere da parte di gruppi d’interesse ha generato una cortina fumogena di censura intorno all’informazione, condannando all’emarginazione, se non addirittura alla gogna pubblica, quanti scelgono di non allinearsi al cosiddetto “politicamente corretto”. Nell’autunno del 2009 il Professor Antonio Caracciolo, docente di filosofia del diritto all’università “La Sapienza”, assurse alle cronache nazionali per aver espresso, nelle pagine di un suo blog personale, sostegno a quanti si battono con coraggio per manifestare liberamente il proprio pensiero. Fu un emblematico caso di condanna severa e senza appello nei confronti di un pensatore scevro da condizionamenti. Agenzia Stampa Italia, essendo quello della libertà d’espressione un tema a cui è sensibile, ha incontrato il professore per approfondire l’argomento.

Professor Caracciolo, si sarebbe mai aspettato di diventare così famoso da finire sulle prime pagine dei giornali e di finirci in modo così improvviso?

No! Assolutamente! Ed ero felice di essere «un signor Nessuno», termine con il quale un noto rappresentante della comunità ebraica romana ha inteso offendermi. Purtroppo, adesso devo essere vigile su ogni parola che anche in privato, con amici o in ristoranti o al telefono, vado pronunciando. Ho la prova dell’esistenza della malafede altrui pronta a travisare e distorcere il senso delle mie parole. Ed ho perso un diritto importantissimo per ognuno di noi: quello di poter dire sciocchezze senza dover rischiare la galera o la “gogna” mediatica.

Nel gennaio 2010, a seguito di un procedimento disciplinare emesso nei suoi confronti a causa della vicenda di cui, suo malgrado, fu protagonista, compare davanti al Collegio di Disciplina del Consiglio Universitario Nazionale; qual è stata la sentenza?

Ho chiesto agli Uffici, se potessi pubblicare il testo della delibera di proscioglimento con formula piena, emessa a distanza di circa un mese dalla data del dibattimento avvenuta il 13 gennaio del 2010. Non mi è stata data una chiara risposta. Mentre invece, nessun dubbio può esservi sul mio diritto di pubblicare la mia Memoria difensiva di 16 pagine, cosa che ho fatto in apertura del mio blog “Civium Libertas”. Il contenuto dell’assoluzione consiste nella constatazione della mancanza totale del fatto. Ciò significa che io, in Ottobre 2009, non svolgevo nessun corso di lezioni all’Università, dove non avrebbe potuto perciò esserci stato nessuno «shock», come titolava “Repubblica”, ovvero il signor Pasqua, inventandosi Lezioni inesistenti e creando di sana pianta uno shock in un’università che, fino ad un momento prima, era assolutamente tranquilla. Mi ero anche offerto (si veda il testo della mia memoria difensiva) di rispondere al Collegio di Disciplina sul merito delle “opinioni personali” che in un processo tutto mediatico mi venivano contestate, demonizzate ed incriminate. Naturalmente, opinioni ricostruite - davanti al Collegio di disciplina - nel loro preciso contesto ed in piena corrispondenza al mio pensiero, non nella forma manipolata, travisata e falsificata con la quale è stata data in pasto ai media. Il Collegio di disciplina, rispettoso delle garanzie costituzionali, non ha voluto neppure pronunciarsi sul mio diritto ad avere delle opinioni. Il mio corso di Lezioni si è sempre svolto all’interno del suo ambito disciplinare. Non vi rientra la materia “campi di concentramento” (che non ho mai trattato né avrei voluto o potuto), ma rientra nell’ambito disciplinare della “filosofia del diritto” certamente la problematica della “libertà di pensiero e di espressione”. Ed è questo il motivo vero per il quale sono stato fatto oggetto di una campagna di stampa infame, avendo sostenuto – nei miei blogs – che anche ai cosiddetti “negazionisti” (termine improprio, denigratorio, diffamatorio e delatorio) deve essere riconosciuta piena di libertà di pensiero, non potendo mai un’opinione diventare un crimine. Conclusione: la mia, è stata un’assoluzione con formula piena, per inesistenza del fatto. Il Rettore stesso ha accettato di buon grado le argomentazioni della mia Memoria difensiva, illustrate dai miei avvocati, e le determinazioni dell’Organo disciplinare. Su questa base, avendo in tasca una delibera di assoluzione, mi sono sentito abbastanza sicuro e fiducioso per avviare un’azione civile risarcitoria contro il Signor Marco Pasqua ed il quotidiano “La Repubblica”. Ma, essendo quelle che sappiamo le condizioni della nostra giustizia, cade dopo oltre un anno la fissazione della prima Udienza, per il prossimo 20 aprile, mentre l’Udienza per un Reclamo su un ricorso cautelare, presentato in seguito a reiterazione della stessa notizia da parte del quotidiano “La Repubblica”, è per il 20 maggio. È da notare, infine, come la generalità dei media si sia divertita nel darmi addosso a seguito di un articolo di stampa, per il quale avevo mandato, peraltro, tempestiva smentita ex art. 8 l. 47/1948, ed anche nel corso di talk show televisivi con me assente, ma abbia poi deliberatamente taciuto quando si trattava di dare la “notizia” dell’avvenuta assoluzione. E non è che io non abbia sollecitato gli stessi media che prima mi avevano diffamato! Alcuni direttori di giornali hanno rifiutato il pezzo ai giornalisti che portavano l’articolo, già pronto con la “notizia” dell’assoluzione. Questo la dice lunga sulla natura, la funzione ed il controllo di gran parte della stampa.

La sua vicenda personale può essere inquadrata come l’avvisaglia di un pericolo che incombe sulla libertà d’espressione in Italia?

Certamente! Non è difficile, con una buona inchiesta giornalistica, documentare i passaggi con i quali si vuole tentare di introdurre anche in Italia la stessa legislazione vigente in Germania, dove – secondo miei calcoli che desidererei tanto qualcuno mi contestasse e smentisse – ben 200.000 persone dal 1994 ad oggi sono state penalmente perseguite. Nel 1994, pubblicai io, su Behemoth, una lunga intervista dello storico Ernst Nolte che si opponeva, allora, all’introduzione di quella legge in Germania, ritenendola una cancellazione della libertà di pensiero. Sul mio blog conduco un monitoraggio costante di quanto avviene in Europa in fatto di repressione della libertà di pensiero e devo rinviare a questo monitoraggio per ulteriori dettagli e aggiornamenti. Ho costituito anche un apposito Comitato europeo per la difesa della libertà di pensiero e spero di poter formalizzare presto la costituzione di una Onlus, destinata a fornire difesa legale gratuita a quanti potrebbero essere perseguiti per reati di opinione, se anche in Italia venisse introdotta una legge che ha certamente nella comunità ebraica italiana (40.000 persone al massimo) il suo committente e che viene a incidere sulla libertà di 60 milioni di italiani, inclusi quegli stessi cittadini italiani di religione ebraica che non si riconoscono nelle posizioni del signor Qualcuno.

In molti stati dell’Unione Europea, oltre alla già citata Germania, sono in vigore leggi che scoraggiano fortemente coloro i quali intendono perseguire la libertà d’espressione su alcuni temi specifici. Come considera l’eventualità che, come richiesto al Parlamento da alcuni gruppi di pressione, leggi di questo tipo possano approdare in Italia?

In parte, ho già risposto sopra a questa domanda. Qui aggiungo un’ulteriore considerazione. Esiste un lobbismo bipartisan su questa materia. Negli USA operano alla luce del sole associazioni di cui la più nota è l’AIPAC, che finanziano apertamente la carriera politica di non pochi uomini politici. Nei libri di Chomsky si trova un ritornello dove è così riassunto l’operato di queste associazioni lobbistiche: “…meglio investire in un politico che nell’acquisto di un carro armato”. Le varie associazioni pro Israele vanno fiere del loro carattere “bipartisan”. Ma ciò si può prestare ad una lettura inquietante: esiste una sorta di AIPAC operante anche in Italia? Non si spiegherebbe altrimenti, come su 1000 parlamentari a stento si trovi un aperto difensore della chiara lettera degli articoli 21 e 33 della vigente Costituzione. Non mancano gli azzeccagarbugli che si arrampicano sugli specchi per cancellare il chiaro dettato costituzionale. È di questi giorni la posizione pubblica di un intellettuale storico della sinistra, Asor Rosa, con il quale si può dissentire su tutto, ma che sostanzialmente dice quanto in molti pensiamo: la non rappresentatività del parlamento attuale rispetto alla stragrande maggioranza, se non la quasi totalità dei cittadini italiani. Fa cadere le braccia leggere, come addirittura un Ministro della giustizia, per compiacere a potenti lobbies, si stia dando da fare per aggirare la Costituzione. Il momento è davvero critico e mi auguro che i cittadini si destino dal torpore narcotizzante nel quale li hanno ridotti i media di regime e un concerto di politici che non li rappresentano e che li hanno portati in guerra, senza neppure avvertire e rendere consapevole la popolazione che di vera e propria guerra si tratta. È il regno hobbesiano delle tenebre.

Poche persone sono consapevoli degli effetti che potrebbero scaturire dall’entrata in vigore di leggi liberticide di questo tipo; lei può citarci qualche caso esplicativo di persecuzioni nei confronti di “criminali del pensiero” che finiscono per essere generalizzate e sproporzionate?

Mah, la regola e la strategia della lobby segue il principio del “colpirne uno per educarne cento”. Con cadenza pressoché trimestrale si puntano i “cannoni” dei media verso persone isolate, per lo più docenti, producendo una vera e propria messa alla gogna, secondo uno schema consolidato: a) si incomincia con un articolo su un quotidiano a grande diffusione, seguito da media affini su carta stampata o canali televisivi, magari con talk show in assenza dell’imputato; b) noti politici – sempre gli stessi, guarda caso! – rilasciano dichiarazioni tanto vaghe e retoriche quanto indignate; c) il ministro della pubblica istruzione che “allibisce” e chiede ispezioni e intimidisce presidi e rettori; d) gli organi disciplinari e gerarchici che vengono allertati e posti sotto pressione; e) infine una sanzione disciplinare che viene comminata; f) il “punito” che diventa poi subito un “desaparecidos”. Di lui non si parla più. È il caso ad esempio del prof. Valvo, per il quale, il sindaco Alemanno, ad esempio, chiese una sanzione, che, nel suo caso, ottenne. Nel mio caso, invece, non ottenne nulla, e dopo la mia assoluzione, non mi sono giunte sue scuse formali. Aggiungo che io, Alemanno l’ho votato, mentre il signor Qualcuno lo ha invece apertamente osteggiato… Non aggiungo altro, ma auguro ad Alemanno la sorte di Marrazzo, che “voleva guardarmi negli occhi” (sic!) e che, neppure 24 ore dopo, ho visto nell’atto di nascondersi la faccia davanti a quegli stessi giornalisti, ai quali aveva rilasciato dichiarazioni a mio riguardo. Il fascicolo che ho raccolto, per la richiesta di risarcimento danni, è abbastanza fitto di indebite dichiarazioni. Se mi chiede un esempio, gliene faccio uno solo, significativo ma appreso in una comunicazione telefonica, e per la quale non le posso offrire più precisi riscontri, perché credo li renda impossibile lo stesso governo tedesco. In Germania, paese proposto come modello da seguire, un padre di famiglia con due figli a carico è stato condannato a nove mesi di carcere senza condizionale, per aver fatto cosa? Per aver passato ad un amico un libro, il cui autore, per aver scritto quel libro, sta scontando dodici anni di carcere. Per fortuna, i cittadini tedeschi vanno facendosi coraggio, e di recente vi sono state manifestazioni per chiederne la liberazione. È disponibile in rete un video You Tube con la manifestazione per le vie. Il padre di famiglia disse dunque al giudice che lui il contenuto di quel libro neppure lo condivideva, ma che riteneva che la libertà di pensiero e di ricerca dovesse essere riconosciuta a tutti. Il padre di famiglia, con due figli a carico, è stato condannato a nove mesi di carcere! Il giudice tedesco non ha accolto le sue ragioni. Se questa è giustizia... Anche in Italia un anziano ed innocuo signore dovrà comparire in giudizio, verso la fine di maggio, per una vera e propria attività persecutoria sulla base della legge Mancino, ma trattandosi in realtà di censura della libertà di pensiero e di ricerca. Seguo come posso questi e altri casi.

Da filosofo del diritto, ritiene che leggi contro la libertà d’espressione siano incompatibili con gli art. 21 e 33 della nostra Costituzione a cui prima accennava e con l’art. 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo?

Il giovane Marx (cito a memoria letture di oltre 35 anni fa) criticava le carte costituzionali del suo tempo, osservando come il secondo comma che introduceva limitazioni, smentisse il primo comma dove un diritto o un principio veniva proclamato solennemente. Gli articoli 21 e 33 della nostra costituzione, nonché l’art. 19 della Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo, sono assolutamente limpidi nel loro significato letterale ed, ancora più, nello spirito: il diritto della libertà di pensiero e di espressione è un diritto assoluto e non può essere limitato, se non annullando il diritto stesso. Al massimo, si possono riconoscere limiti a tutela di diritti individuali e soggettivi, per i quali ometto facili esemplificazioni. Il diritto alla libertà di pensiero riguarda nel nostro caso, specialmente la storia, l’arte, la scienza, la filosofia. Non può esserci un Signor Qualcuno che stia lì a dirci Lui cosa possiamo e cosa non possiamo considerare Storia, Arte, Scienza, Filosofia e cosa possiamo e non possiamo insegnare, o magari pretendere che solo Lui possa insegnare Storia, Arte, Scienza, Filosofia. È da aggiungere, infine, che la libertà di pensiero – cosa ben diversa dalla libertà di stampa! – è un diritto eminentemente politico, è il diritto di poter criticare il governo e quei politici che dicono di rappresentarci su base nazionale e senza vincolo di mandato e che non dovrebbero essere per nulla esecutori di interessi privati o espressione di più o meno occulte lobbies. Mancando questo diritto fondamentale alla libertà di pensiero, che non può essere “limitato”, cessa ogni autentica democrazia e incomincia la farsa e la parodia della democrazia, che magari conserva il nome di “democrazia” ma non è, né può più essere, tale. Per la legge Mancino le consiglio un’inchiesta giornalistica per scoprire quali furono all’epoca i committenti della legge ovvero chi chiedesse e avesse interesse all’introduzione di una siffatta legge, a quali interessi e bisogni sociali rispondesse. Essa è chiaramente preparatoria all’introduzione di ulteriori leggi liberticide e fu, fin dall’inizio, concepita come uno strumento contro gli oppositori politici, vale a dire contro chi non volesse lasciarsi omologare e ricondurre al pensiero unico e amministrato. È un assurdo logico e morale che per legge si possa proibire l’odio ed imporre l’amore. Non sono riusciti a ciò 2000 anni di cristianesimo, ed è assurdo pensare che vi potesse riuscire il signor Mancino. In realtà, tra i tanti difetti nazionali si è introdotta, per legge, anche l’Ipocrisia di Stato. La legge Mancino sarebbe da abolire, ma in questo Paese è relativamente facile emanare cattive leggi, difficile farne di buone, quasi impossibile (se non, con una “rivoluzione”…) abolire le leggi cattive e liberticide.

C’è il rischio, secondo lei, che la storia imposta per legge possa diventare una sorta di dogma laico?

È già così! Formalmente, io sono un cattolico battezzato e cresimato. Vado a messa, quando mi è proprio necessario, per mie private ragioni, ma non recito mai la professione di fede, al massimo recito il Padre Nostro. A messa, tuttavia, non siede dietro di me un Carabiniere che controlla se ho pronunciato o non pronunciato la professione di fede. Nella società civile europea vengono però comminati fino a 12 anni di carcere se uno non pronuncia una certa professione di Fede, pretesa con legge di Stato, in materia di una storia che, anno dopo anno, diventa sempre più remota e che si può conoscere solo attraverso libri di storia (scritti da altri di cui ci si potrebbe non fidare) o in alternativa attraverso ricerche personali e originali su fonti storiche primarie, su archivi, su strumenti scientifici ed oggettivi di ogni genere possibile. Sempre in Germania, Paese assurto come “modello” ed “esemplare”, una conduttrice televisiva è stata licenziata in tronco solo per aver detto che il regime nazional-socialista (1933-1945) si occupava delle ragazze madri, dando loro una buona assistenza. Di un regime precedente, si può parlare, sempre e soltanto male! Chiaramente, non sto facendo qui nessuna “apologia” (= reato) dei passati regimi, sotto i quali, per ragione anagrafica, quasi nessuno di noi è mai vissuto, nell’arco della sua maturità, ma della semplice possibilità, anzi del diritto di ognuno di noi, di poter conoscere liberamente il passato storico, che fu dei nostri padri e dei nostri nonni, quale che sia, senza incorrere in sanzioni penali, per i giudizi che si ritiene di poter formulare su eventi remoti o remotissimi.

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