(ASI) Secondo la CGIL sette comuni italiani su dieci sono a forte rischio idrogeologico, quasi il 70% degli 8.101 comuni d'Italia. E' il dato che emerge da un report condotto dal sindacato italiano e dalla Fillea (la categoria degli edili del sindacato di Corso d'Italia) presentato oggi in occasione dell'iniziativa “Manutenzione e messa in sicurezza del territorio”.
Dallo studio del sindacato emerge infatti che i comuni italiani potenzialmente a rischio idrogeologico sono 5.581, pari al 68,9% del totale dei comuni italiani. Il tutto per un area coinvolta di 21.551 kmq. Nel dettaglio il 21,2% rappresenta aree franabili per un’area di 13.760 kmq, il 15,8% aree alluvionabili ed il 32% aree franabili e alluvionabili.
Il report, oltre a mettere in luce come “il dissesto idrogeologico, con sette comuni su dieci che sono zone rosse, rappresenta per il nostro paese un problema di notevole rilevanza visti gli ingenti danni arrecati ai beni e soprattutto la perdita di moltissime vite umane”, ha come obiettivo quello di analizzare le risorse destinate dai bilanci nazionale e regionali alle misure per la difesa del suolo. Risorse che molto spesso, giudica la CGIL, “sono inadeguate e mal indirizzate, non permettendo una programmazione seria e duratura degli interventi volti alla difesa del suolo”.
Infatti dall’ultima indagine conoscitiva sulla difesa del suolo della commissione Ambiente della Camera si attesta che per mettere in sicurezza il nostro territorio, sul fronte del rischio idrogeologico, sarebbero necessari 44 miliardi di euro, così ripartiti: 27 miliardi per il centro nord, 13 per il Mezzogiorno e 4 per il sistema costiero. Una stima, “effettuata per difetto”, che è in netto contrasto con le risorse finanziarie rese disponibili dal governo e che sono valutabili in “pochi milioni di euro”. Infatti, riporta lo studio del sindacato di Corso d'Italia, lo scorso anno i finanziamenti messi in campo per la difesa del suolo sono stati pari a 55 milioni di euro, 19 milioni in meno rispetto alla cifra stanziata per il 2009.
E quanto sia sottovalutato il tema della prevenzione emerge anche dalle ben 245 ordinanze di protezione civile che negli ultimi 15 anni hanno riguardato situazioni di rischio idrogeologico. Un numero così elevato di provvedimenti che mette in luce, denuncia il sindacato, “con particolare evidenza la complessiva sottovalutazione di una politica per la difesa del suolo nel paese e l'enorme scarto tra prevenzione ed emergenza”. Infatti, intervenendo quasi esclusivamente per via emergenziale, la CGIL ricorda che vengono superati tutti gli ordinari vincoli urbanistici e l'ordinario iter procedurale, togliendo tutti i poteri agli enti locali e rendendo straordinaria l'attribuzione dei lavori.
Ma intervenire ex post, piuttosto che scegliere la linea strategica della prevenzione, ha anche un costo notevole per le casse dello stato. Solo nell’ultimo anno, infatti, per fronteggiare le principali emergenze, il governo ha dovuto stanziare circa 650 milioni di euro. Risorse investite per il funzionamento della macchina dei soccorsi, per l’alloggiamento e l’assistenza agli sfollati, per supportare e risarcire le attività produttive e i cittadini colpiti e per avviare i primi interventi d’urgenza. Per questo, in conclusione, la CGIL sostiene “la necessità di una opera di prevenzione urgente attraverso la quale affermare una nuova cultura del suolo e del suo utilizzo, scegliendo come priorità la sicurezza della collettività e mettendo fine a quegli usi speculativi e abusivi del territorio che interessano aree sempre maggiori”.