Si prospettano indagini complesse prive di responsabili chiari
(ASI) Napoli - Era il lontano maggio 2015, eppure la condivisione, le offese e gli insulti del web non hanno risparmiato quella che sembrava una semplice bravata. Intrappolata nella ragnatela del web, Tiziana Cantone si era resa conto solo successivamente di come poteva essere spietato il mondo delle immagini virali e della comunicazione istantanea, pagandone le conseguenze con angoscia, depressione e infine con l'atto estremo del suicidio.
Oggi in quella ragnatela hanno iniziato a districarsi gli investigatori di Napoli in cerca di responsabili, gli stessi che qualche giorno fa identificavano gli amici a cui la stessa Tiziana aveva inviato i video hard, contraddistinti da quel "bravoh" su cui gli internauti ridono da mesi. Da ieri invece il loro compito è stato ritrovare l'ex fidanzato, Sergio Di Palo, l'imprenditore napoletano con cui la ragazza aveva per un periodo anche convissuto, prima vittima e poi, in una versione successiva, complice di quei video hot che segnarono la reputazione di Tiziana per sempre. Gli inquirenti hanno sequestrato a Di Palo il computer e ogni device elettronico, almeno per provare a chiarire maggiormente la vicenda.
Eppure tale tragedia, conseguenza di un linciaggio mediatico che dura da almeno 16 mesi, può essere identificabile con un singolo responsabile, dal momento che dalla prima diffusione tanti hanno contribuito a quel massacro di fronte alla scelleratezza di Tiziana nell'inviare quelle immagini ai propri "amici", senza rendersi conto delle nefaste conseguenze?
E' proprio la parziale coscienza, e incoscienza verrebbe da dire, ad aver destato i principali dubbi per il diritto alla privacy e nell'aver complicato nel corso dei mesi la rimozione dei video stessi dal palcoscenico spudorato del web.
Tiziana si era ritrovata perfino nei siti porno, dove non solo la reazione degli utenti, ma i vecchi amici, chi la riconosceva in strada e chi la insultava senza pietà sono risultati per lei causa di isolamento e disagio, fino al suicidio.
Sarà così estremamente difficile per gli inquirenti della Procura di Napoli Nord, guidati da Francesco Greco, stabilire se qualcuno abbia effettivamente spinto Tiziana al suicidio, o l'abbia per primo costretta alla diffusione delle immagini.
Quel che è certo, nella gogna inesorabile di internet e nel divertimento di molti ad insultare per atti che in fondo potrebbero ormai non scandalizzare, è che un gioco imprudente può avere oggi conseguenze gravissime. Dall'altra parte però, non è possibile colpevolizzare il web a fronte di chi Tiziana Cantone l'ha oltraggiata con la diffusione delle immagini e perfino umiliata nel corso di tante settimane.
Il gioco del fare sesso cambiando partner e facendosi riprendere, l'incoscienza di mettere i video nelle mani di amici non rivelatisi tali, le libere scelte personali, hanno portato molti a dire che fosse responsabilità della ragazza, colpa sua, nel fare quel che non doveva, immatura e imprudente di fronte alla cattiveria del mondo.
Il garante della Privacy Antonello Soro ha giudicato "non fondata" la valutazione del procuratore, ritenendo l'assenso di Tiziana alla diffusione dei video meno palese di quanto potesse apparire all'inizio.
In questo modo però chi ha ucciso questa ragazza? E perché il diritto all'oblio non è stato tempestivamente applicato? Per ogni caso le sfumature sarebbero tante , troppe in ambito giuridico, ma se oggi Tiziana non c'è più e viene ricordata dalla mamma "come un angelo, una ragazza dolce", al mezzo del web non è possibile reputare colpe.
Allora nella vicenda responsabili risultano certamente tutti coloro che sono stati complici della macchina del fango che l'ha portata alla morte e, tristemente, si può al contempo dire quindi che colpevole di fronte ai giudici non sia stato nessuno.
Lorenzo Nicolao - Agenzia Stampa Italia