(ASI) Il Professore Alessandro Achilli, del Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie dell’Università di Perugia, ha collaborato alle recenti ricerche effettuate sulla Sindone da un gruppo di studiosi coordinati dal professor Gianni Barcaccia dell’Università di Padova.
Sono stati analizzati i campioni di DNA genomico isolato da residui organici di varia origine provenienti da polveri aspirate nel 1978 dalla parte posteriore della Sindone, in corrispondenza di diverse parti dell’immagine corporea, e da porzioni prelevate dal bordo laterale usato nel 1988 per la datazione della Sindone con radiocarbonio.
L’obiettivo principale della ricerca era quello di determinare il numero di entità tassonomiche nel caso delle specie vegetali e animali, e di unità genotipiche ed etniche, nel caso dei soggetti umani, in funzione della tipologia (aplotipo) del loro genoma cloroplastico e mitocondriale. I risultati così ottenuti sono stati poi messi in relazione con le informazioni storiche, le aree geografiche di provenienza o appartenenza più probabile, e la distribuzione moderna delle specie vegetali e delle etnie umane, con l’intento di acquisire nuovi indizi sull’origine della Sindone.
Le analisi hanno evidenziato la presenza di almeno 19 specie vegetali, di diversa natura tassonomica: non solo piante comuni nel Bacino del Mediterraneo ma anche piante con centro primario di origine in Asia, soprattutto Cina, Medio Oriente e nelle Americhe, alcune introdotte nel Vecchio Mondo in un intervallo storico verosimilmente successivo al XII secolo. Per quanto riguarda i lignaggi umani, sono state rilevate sequenze provenienti da almeno 14 soggetti di diversa origine etnica, riconducibili a un numero limitato di aplogruppi Eurasiatici, inclusi alcuni noti per essere tipici dell’Europa occidentale e Africa nord-orientale, altri comuni in Medio Oriente, dalla Penisola Arabica alla Regione Caucasica, e anche – elemento davvero singolare - aplotipi rari del sub-continente Indiano.
Per quanto riguarda le tracce umane, le tipologie di DNA mitocondriale rilevate sulla Sindone non sono rappresentative di tutta l’umanità, ma di un ampio sottoinsieme di lignaggi (aplogruppi) che caratterizza in maniera distintiva diverse popolazioni dell’Eurasia occidentale.
“Le sequenze di DNA umano identificate sulla Sindone si adattano bene al percorso geografico del lungo viaggio postulato dalla tradizione per il telo dal Medio Oriente fino a Torino - conferma il professor Achilli - anche se queste sono anche compatibili con lo scenario per il quale tra le migliaia di fedeli e devoti che sono venuti in contatto con la reliquia in Francia e in Italia nel corso dei secoli, potrebbero essercene stati molti provenienti da regioni lontane dove questi aplogruppi mitocondriali sono comuni”.
I risultati dello studio sono compatibili dunque con due possibili scenari: nel caso di una origine medievale della Sindone, le persone che sono venute in suo contatto in Europa occidentale dal 1300 in poi lasciandovi traccia del proprio DNA, forse mosse dal culto per tale importante reliquia cristiana, provengono da diverse aree geografiche e hanno diverse appartenenze etniche; nel caso, invece, di una sua origine mediorientale del primo secolo, la Sindone nel corso di 2000 anni è stata spostata in tutta l’area del Mediterraneo, venendo di conseguenza in contatto con una vasta gamma di persone geneticamente ed etnicamente diverse, in un arco di tempo ben più lungo. Anche in quest’ultimo caso, la rilevazione di DNA mitocondriale tipico di gruppi etnici dell’India è comunque un risultato inatteso e non trova alcun riscontro storico. Una possibilità ovvia è che nel corso dei secoli diversi individui di origine indiana sarebbero venuti in contatto con la Sindone, ma vi è anche una possibilità alternativa, ancora più suggestiva, secondo cui tale lenzuolo di lino potrebbe essere stato tessuto in India, come peraltro farebbe supporre il nome originale della Sindone - Sindon - che secondo i linguisti deriverebbe da ‘Sindia’ o ‘Sindien’ cioè un tessuto proveniente dall’India.