(ASI) Roma. Si chiuderà a Roma, lunedì 24 novembre, il 30° anniversario di Exodus, il movimento fondato nel 1984 da don Antonio Mazzi.
Per l’occasione saranno presenti nella Capitale oltre 500 persone, rappresentati di tutte le case Exodus, che si ritroveranno presso la parrocchia di Santa Maria della Speranza alle ore 16.00. Qui verrà celebrata una Messa, presieduta dal Card. Oscar Rodriguez Maradiaga, amico di Exodus (che gestisce una casa in Honduras, nella sua diocesi) e coordinatore della commissione voluta da Papa Francesco per la riforma della Chiesa.
Con questa Messa si chiuderà quindi un anno che ha visto il movimento impegnato in diverse attività volte a far conoscere l’impegno di Exodus e a festeggiarne i risultati ottenuti in tutti questi anni.
Fra gli eventi che hanno segnato l’anniversario, da segnalare l’esperienza in Terra Santa fatta in marzo, dove, nel deserto di Giuda, è stata accesa la fiaccola che ha dato il via alla Carovana del trentesimo: un percorso in bicicletta o a piedi che per nove mesi ha visto i ragazzi di Exodus toccare 250 città, pedalare per 3.000 km, portare la fiaccola fino in Madagascar e in Honduras e realizzare eventi nei quali hanno incontrato oltre 20.000 persone.
Di grande rilievo la rassegna "I Caminetti", una serie di incontri da gennaio a novembre a cui hanno partecipato amici di don Mazzi come Vittorino Andreoli, Gherardo Colombo, Massimo Cacciari, Duccio Demetrio, Vito Mancuso, Eraldo Affinati, Luigi Ciotti e molti altri con i quali ci si è confrontati sulla possibilità di essere “diversamente cittadini, educatori, credenti”.
Oggi Exodus è presente in Italia con 20 comunità e 10 centri giovanili, ha case e progetti all’estero, cooperative sociali, centri di prevenzione al servizio delle scuole e delle famiglie e prende in carico ogni anno centinaia di persone, spesso insieme alle loro famiglie, per dare risposte educative concrete.
«Abbiamo recuperato gli irrecuperabili senza alzare muri – afferma don Antonio Mazzi, presidente di Exodus – senza moltiplicare le punizioni e senza allungare i già infiniti colloqui con gli psicoterapeuti. Un pallone ha salvato più gente del metadone, due barche, mille chitarre e venti mountain bike hanno rotto il sedere ma aggiustato la testa a centinaia e centinaia di "tossiconi"».
«Ci hanno deriso – prosegue don Mazzi – perché secondo la dottrina di ieri, se non rinchiudevi per anni la gente in comunità pseudocarcerarie, saresti stato incosciente e avresti commesso un errore madornale. Invece abbiamo vinto, spandendo non violenza a piene mani».
«Dopo 30 anni – conclude don Mazzi – è cambiato il mondo e soprattutto è cambiato il fenomeno del disagio. Chi arriva e bussa alla nostra porta, è uno sconosciuto normale, tra il sonnambulo e la marionetta idrofoba. E noi, ancora una volta testardi, rispolveriamo tre principi: chi cammina vive; chi scrive la sua autobiografia, comprende meglio se stesso; chi parla e legge invece di cliccare cresce meglio».
--