(ASI) L’Italia sta diventando sempre di più un paese multietnico e ce ne accorgiamo nella vita di tutti i giorni. Anche quando siamo fermi nel traffico cittadino è possibile notare un vertiginoso aumento delle vetture dotate di una targa straniera.
Se in molti casi si tratta di turisti venuti ad ammirare le bellezze del Belpaese o di stranieri che si sono da poco trasferiti nei nostri confini in cerca di fortuna, in molti altri casi si tratta invece di veri e propri furbetti della targa che pur vivendo e risiedendo nelle nostra città da molti anni continuano a guidare vetture immatricolate all’estero per avere tutta una serie di vantaggi economici.
Questo fenomeno riguarda sempre più auto costose e di grande cilindrata che non iscritte nel Pra, pubblico registro automobilistico, sono quasi dei fantasmi che vagano per le nostre strade e che, in caso di violazioni del codice stradale, non possono nemmeno essere multate, soprattutto per quanto attiene alla copertura assicurativa.
Queste automobili infatti non soggette ai normali controlli per la sicurezza stradale, tagliando assicurativo in regola in primis, e secondo perché lasciano spazio ai “furbetti” che non sono soggetti alle sanzioni previste dal codice stradale. L’eventuale multa infatti deve essere fatta dagli organi preposti in flagranza e la somma dovuta riscossa in contanti. Nel caso il guidatore ne sia sprovvisto scatta il fermo del veicolo.
Questa però è solo la punta dell’iceberg visto che i conducenti e proprietari delle auto con targhe straniere non pagano il bollo auto né gli elevati premi assicurativi in caso di possesso di auto di grossa cilindrata, non subiscono la revoca o sospensione della patente né la sottrazione di punti e di conseguenza non pagano la sanzione amministrativa, passano praticamente inosservati sotto le telecamere di Tutor, ztl e autovelox.
Ciò ha ripercussioni anche in caso di incidente con una vettura “italiana” visto che chi ne rimane vittima è poi costretto a rivolgersi all’Uci, l’ufficio centrale italiano, creato nel 1953 nell’ambito del sistema della carta verde. Questo, nello specifico, si occupa di gestire le problematiche relative al risarcimento dei danni causati sul nostro territorio da veicoli immatricolati o registrati in Stati esteri che circolano temporaneamente nella Penisola e, con alcune particolarità, anche degli incidenti subiti all’estero da veicoli italiani.
La normativa
Per carità, circolare in un paese straniero con la propria auto è più che legittimo e per farlo basta appunto la già citata carta verde, ovvero il tagliano allegato all’assicurazione auto che ci “copre” quando siamo all’estero, ma questa circolazione è permessa solo per un determinato periodo.
Su questo l’articolo 132 del codice della strada è eloquente e non lascia spazio ad interpretazioni: un veicolo immatricolato all’estero può tranquillamente circolare in Italia ma per un tempo massimo di un anno dopodiché il proprietario dovrà provvedere a fra registrare il veicolo presso i nostri enti ottenendo una targa “italiana” ed adempiendo a tutti gli altri obblighi.
Da quando però sono state abolite le frontiere non ci sono più organi o persone preposte a registrare l’ingresso di vetture o persone nei nostri confini quindi determinare il tempo di permanenza è diventato pressoché impossibile anche se, sempre l’articolo 132, suggerisce che nel caso il proprietario della vettura abbia stabilito la propria residenza in Italia da almeno un anno anche la vettura si presente nel nostro territorio dallo stesso lasso di tempo. A quel punto dovrebbe essere il proprietario a dimostrare che la sua vettura circola in Italia da meno di 12 mesi.
Una moda contagiosa
Insomma, circolare con una targa straniere conviene e gli italiani, denunciano alcune associazioni di consumatori, hanno iniziato a seguire questo esempio.
Ma se si risiede in Italia come si fa? Semplice basta utilizzare un prestanome, che può essere un amico o un parente residente all’estero, che si intesti una qualsiasi vettura e poi la lasci condurre ad un altro ed il gioco è fatto. Altri hanno invece a fatto immatricolare all’estero le loro vetture aziendali e gli altri mezzi di trasporto che utilizzano per la loro attività commerciale.
Il tutto con beffa per gli automobilisti diligenti e le casse dello Stato.
Fabrizio Di Ernesto - Redazione Agenzia Stampa Italia