Memorie, solo memorie: arricchite da suggestioni, da particolari apparentemente vani ma pur sempre interessanti, da riferimenti a persone o da rimandi a situazioni di quel tessuto meraviglioso dell’immaginifica visione.Solo se riposato, mi perdo in essa riuscendo a scrivere le quattro o cinque pagine che bastano a fissare l’essenziale di quell’avvenimento, di quel ricordo, di quella riflessione, o anche studio, quando il discorso mi porta alla ricerca di dati, di testi, di fonti, di tutti quegli elementi che prima di essere fissati nella scrittura richiedono una verifica, e formale e sostanziale: la prima di coerenza, la seconda di veridicità. Ed ecco il testo: il mio tessuto e il mio vissuto.
Quante volte, però, mi fermo alla formulazione del primo periodo! Oppure arrivo solo a mezza pagina di scrittura, al massimo ad una pagina intera, e non più. Quante volte ho lasciato incompiuto il lavoro senza raggiungere lo scopo dell’intento prefissato!
Ma anche quando credo di aver esaurito l’argomento e di aver completato un nuovo capitolo, poi succede che rileggendolo a distanza di tempo, mi accorgo che andava migliorato nella forma, che qualche espressione aveva bisogno di essere adattata alla prosa, che alcune imprecisioni – o imperfezioni – sarebbe stato meglio eliminarle. Al pensiero segue subito l’azione (e la cosa è senza conseguenze trattandosi di cose non mai pubblicate), e la pagina si modifica, si rinnova, si rigenera, e non è più quella di prima, al punto che – grazie (o per colpa?) anche all’uso della scrittura elettronica, forse utilizzata male da me – se ne perde la forma originaria.Intanto resto profondamente convinto che non riuscirò mai a fissare nella scrittura tutto ciò che mi passa per la testa.
Eppure non mi dispero, anche se a dire il vero mi dispiace. D’altra parte penso anche che tante cose della vita, quelle dette e quelle fatte, hanno irradiato la loro azione nell’ambiente circostante: della famiglia, dei vicini, degli altri; talvolta anche dei lontani. Da lasciare un segno nella comunicazione, e nella società; e perciò potrebbero – o potranno – essere recuperate. Come, al contrario, sono gratificato quando posso constatare che parte dei miei pensieri, dei miei ricordi, del mio vissuto, di qualche intuizione, è affiorata nella pagina di scrittura.E questo mi consola, mi alleggerisce: a ricompensa della drammaticità di un anonimato non voluto perché non liberamente scelto.
Luigi Casale
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