I tre criteri elaborati dalla Cassazione sono quelli della verità dei fatti, cioè la notizia deve essere attendibile e veritiera; la continenza, avere dunque un corretto linguaggio e non spingersi nella volgarità e l’interesse pubblico che suscita nella collettività. Il giornalista, pertanto, se non vuole incorrere nel reato di diffamazione, dato che si fa portatore dell’informazione pubblica, deve sempre usare la deontologia e rispettare i tre parametri. Queste sono le condizioni generali per fare attività giornalistica.
Non bisogna però generalizzare tra stampa su carta e comunicazione on line e bisogna cogliere alcune distinzioni. Innanzitutto in base all’articolo 1 della legge 47 del 1948 per parlare di stampa occorre che ci sia:
1- un supporto cartaceo;
2- che il prodotto sia destinato alla pubblicazione.
Nella comunicazione on-line, in effetti, il supporto non sussiste e la destinazione non è teoricamente rivolta a tutti, ma a chi decida di andare su una determinata pagina. Si comprende dunque che mon si può quindi giuridicamente fare una parificazione tra stampa e rete. Dal momento poi che nel diritto penale sussiste il principio del divieto in malam partem e cioè che non si possono estendere analogicamente certe condizioni ad altre simili se sfavorevoli, si capisce come viene meno per la comunicazione on line l’applicazione dell’articolo 57 c.p. relativo ai reati di stampa che prevede “salva la responsabilità dell’autore della pubblicazione e fuori dei casi di concorso, il direttore o il vice-direttore responsabile, il quale omette di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che col mezzo dalla pubblicazione siano commessi reati, è punito, a titolo di colpa”; quindi poiché stampa non è comunicazione on line tale norma non si applicherà al direttore del peridiodico on line. Ovviamente il diritto che sembra così chiaro e solenne, nella pratica viene molto spesso disatteso e la rete diventa, perlopiù, un far west dove tutti scrivono e violano le regole della verità, continenza e pertinenza. Servirebbero forse più controlli adeguati alla realtà tecnologica, ma forse ci vorrebbe più responsabilità sia nei periodici che anche dai fruitori dei social spesso portatori di cattiva e insana informazione. Scrivere e fare giornalismo è un diritto costituzionalmente garantito, ma non bisogna dimenticare innanzitutto il rispetto della persona, delle opinioni altrui e della dignità che sono contenuti nell’ancor più importante principio di uguaglianza dell’articolo 2 della Costituzione.
Gloria Panfili – Agenzia Stampa Italia
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