Persino il calcio ha subito l’impatto dei cinguettii di Twitter, ricorda Di Marzio, la comunicazione ricevuta da un fan di Twitter a proposito di un incontro a Genova tra Capozucca del Genoa e Sabatini della Roma, del quale il dirigente dei grifoni rimase sbalordito per la fuga di notizie immediata, ignorando persino cosa fosse Twitter. Tutto è dunque più veloce, i giorni di lunghe e segrete trattative sono finiti. Chiunque ora con uno smartphone puó fare giornalismo e diventare fonte per i giornalisti stessi. Lo stesso Twitter è un potentissimo mezzo, ma ricorda il pungente e definito da molti “antipatico” Sconcerti, che se non si è intellettualmente indipendenti e preparati, neanche il più bel mezzo tecnologico può fare molto. I social network possono essere un’arma a doppio taglio: sia mezzo di solidarietà, come Di Marzio ha fatto in occasione del terremoto, fornendo informazioni ai suoi quasi 160000 followers, sia mezzo pericoloso per la dignità dei giornalisti che si espongono a minacce. Il calcio, espressione di passione, spesso da parte di "falsi" tifosi diventa un veicolo di violenza, razzismo e persino pretesto per aggredire quei giornalisti che vengono, a volte erroneamente, identificati con una squadra. La società e il modo di interagire cambiano; lo stesso calcio, veicolo e specchietto dei sentimenti e delle diverse realtà sociali, può con l’ausilio corretto dei social crescere ed evolversi. Esempi quali Balotelli ed El Shaarawy sono il frutto di una società che è cambiata, simbolo di integrazione e di evoluzione e gli stessi interpreti devono erigersi a modelli per i giovani che abbandonano i quotidiani e “vivono” su internet. Pertanto, giornalisti, calciatori e seguaci della rete devono però diventare una squadra armonica e coesa fondata sul modulo del rispetto e strategia della collaborazione, per puntare a un unico risultato: il trionfo a 360 gradi dello sport, nella sua concezione piú nobile, tramandata dagli antichi greci di agonè.
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