(ASI) La Russia è un paese famoso per i romanzi, negli ultimi tempi anche per i gialli e i polizieschi. Per il caso Boris Nemtsov non basta leggere i quotidiani, non bastano le versioni ufficiali e forse neanche quelle dei servizi segreti, russi o ceceni che siano.
A quasi dieci giorni dalla morte del dissidente russo, le dichiarazioni sono state molteplici e le versioni sul fatto migliaia. Dal 5 marzo Vladimir Putin non si fa vedere pubblicamente e l'unico arbitro del caso sarà nuovamente il leader del Cremlino. La sicurezza degli 007 dell'FSB, quella che gli ex KGP avevano mostrato nei primi giorni di indagini, ora vacilla e le parole di Zaur Dadaev, che ha scelto di ritrattare la propria confessione, pesano come macigni. "Mi avevano promesso che avrebbero liberato un mio amico qualora avessi confessato. Ad ogni modo mi hanno costretto, non avevo scelta, perfino sperando che dopo l'arresto mi avessero spedito a scontare la pena in Cecenia".
Andrej Babushkin, membro del Consiglio per i diritti umani che fa capo al Cremlino, non ha dubbi. "Ci sono elementi ragionevoli per ritenere che i sospettati ceceni siano stati vittime di abusi e torture." Tutto questo dopo la visita a Dadaev e agli altri due ceceni fermati nei giorni scorsi, i fratelli Anzor e Shagid Gubashev. La bomba ha scelto di lanciarla il bisettimanale russo Novaja Gazeta, noto oppositore al governo Putin della stampa, ex testata della giornalista Politkovskaja, uccisa nel 2006 in un attacco rimasto altrettanto misterioso. Gli imbarazzi del governo di Mosca non sono pochi, poi incentivati anche dalla pubblicazione di una presunta lista nera degli obiettivi sensibili, casualmente, solo casualmente, tutti nemici di Vladimir Putin. Da Khodorkovskij che trova sulla porta d'ingresso di casa una corona funebre, a Ksenja Sobcjak, la Paris Hilton russa figlia del sindaco gorbacioviano della San Pietroburgo degli anni 80, a cui viene detto da uno sconosciuto che sarà senza dubbio il prossimo obiettivo dei servizi segreti.
Un altro dei principali indiziati alla luce delle ultime svolte è così certamente il leader ceceno Ramzan Kadyrov, stretto collaboratore del presidente russo che gode in Cecenia della piena agibilità politica per sopprimere qualsiasi movimento di protesta. La pista cecena, o addirittura islamica, risulta così alquanto improbabile e anche gli stessi servizi segreti russi iniziano a incolparsi a vicenda scaricando il barile delle responsabilità. Soprattutto se il principale motivo dell'assassinio di Boris Nemtsov era all'inizio qualche dichiarazione a sostegno dei vignettisti di Charlie Hebdo dal momento che la macchina del dissidente era sotto il monitoraggio delle telecamere governative già da molti mesi.
Lorenzo Nicolao - Agenzia Stampa Italia