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(ASI)Dopo mesi di ripetute proteste di piazza, esacerbate dal malcontento della popolazione per le condizioni economiche e sociali del Paese, con un tasso di disoccupazione che supera il 12 % e un reddito pro-capite di appena 4.400 euro, la monarchia di re Adullah II tenta un’operazione di maquillage che potrebbe rappresentare l’inizio di un lento cammino riformatore.

Il vento delle primavere arabe ha costretto la monarchia giordana, al potere sin dalla fondazione del Pese, a fare i conti con la sua realtà. La Giordania vive sospesa in un limbo che la lega ad un passato di tradizione politica vetusta, sopportando nel frattempo il fardello di un’ economia immobile che ne rallenta il processo di ammodernamento. Tuttavia, una posizione geopolitica strategica - al centro della polveriera mediorientale, un assetto istituzionale che fino ad oggi si è saputo rendere immune dalle influenze religiose, e la capacità di mantenere una giusta equidistanza diplomatica con il mondo occidentale da una parte e da quello cosiddetto islamico, dall’altra, offrono agli osservatori esterni l’immagine di un attore principale sulla scena internazionale.

Dalle elezioni parlamentari che si sono svolte Mercoledì 23 gennaio, a seguito di una partecipazione inaspettata del 56,5% degli aventi diritto, sono usciti vincitori i candidati delle liste tribali vicini alla famiglia reale, con grande disappunto delle opposizioni interne espressione dei movimenti islamisti e delle sinistre. Una riconferma per la famiglia reale che tuttavia non giustifica il perpetuarsi di politiche immobiliste.

Il primo timido tentativo di dar corso al cambiamento è rappresentato dalla decisione di avocare al nuovo Parlamento la nomina del primo ministro, a differenza di quanto avveniva in passato. Per il momento, Re Abdullah II continuerà ad esercitare pieni poteri sulle questioni di politica estera e  sicurezza nazionale.

Intanto, la regina Ranja, simbolo controverso del Paese nel mondo, ha deciso di tornare a vestire gli abiti tradizionali in occasione sue uscite pubbliche, dopo un’epoca di sfarzo e costosi tailleur che ne hanno fatto più una star del jet set che una sobria rappresentante istituzionale.

Rifarsi il trucco non basta a nascondere i segni di un brusco risveglio dopo un lungo sonno: le riforme politiche, anche se lente e sofferenti, sono l’unico antidoto contro un processo di ulteriore deterioramento, per un Paese ricco di storia e tradizione ma carente dei fondamentali economici utili al suo progresso reale.

 

Fabrizio Torella – Agenzia Stampa Italia

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