Gianluca Vialli è forse un emblema di un calcio poetico che non esiste più. Un guerriero che cade e si rialza continuamente, sempre con il sorriso sul volto. Oggi se ne parla all’infinito, ma quelle immagini di EURO2020 non se ne andranno mai.
Le urla di gioia, l’abbraccio con mister Mancini e lo spirito di un vero campione che ha chiuso i conti con il passato. Con quell’amaro Wembley che nel 1992 gli negò la soddisfazione di vincere la Champions con la Sampdoria contro il Barcellona, con quella Nazionale che non lo ha adeguatamente valorizzato, non essendo stato nella spedizione di USA94. Vialli era malato dal 2017 di un tumore al pancreas, ma in quel momento c’era e se c’è stata quell’incredibile vittoria, che mancava dal 1968 è grazie anche a lui. Non potrà dimenticarsi il suo discorso motivazionale prima della finale, leggendo il discorso di Theodore Roosevelt del 1910 “L’uomo nell’arena”. Vialli, cercando di mascherare la sua sofferenza, è diventato il simbolo per quella spedizione azzurro e un modello per l’Italia stessa: di un uomo che non si arrende mai e che lotta con discrezione e dignità.
Vialli era l’uomo delle prime volte e dei grandi ritorni: la promozione della Cremonese in serie A dopo 54 stagioni; il primo scudetto e la Coppa delle Coppe della Sampdoria; lo scudetto della Juventus dopo dieci anni, la seconda Champions, Coppa Intercontinentale e Coppa Super UEFA della Juventus; il secondo Europeo dell’Italia.
Ha il record di 13 gol segnati nella Coppa Italia 1988-89, è stato capocannoniere nella Coppa delle Coppe 1989-90 (7 gol) e della Serie A 1990-91 (19 gol), nonché della Coppa di lega inglese con sei gol nel 1998-99.
Cremonese, Sampdoria, Juventus, Chelsea con cui è stato allenatore e giocatore e ha vinto la Coppa d’Inghilterra e la Coppa di lega inglese.
Prometteva bene anche come allenatore, ma dopo tre stagioni al Chelsea, ha fatto solo un anno al Watford.
Attivissimo nel sociale tanto da fondare una sua Onlus.
Scrive tre libri “The Italian job” con il giornalista Gabriele Marcotti nel 2006, sulle differenze tra il calcio inglese e italiano, e “Goals” nel 2018, in cui racconta la sua lotta contro il cancro e nel 2021 con Roberto Mancini, “La bella stagione” sullo scudetto della Sampdoria.
Uomo garbato, gentile, di forte personalità. Apprezzato da tantissimi campioni come Del Piero, che lo riconobbe come una sorta di mentore, tanto da chiamarlo molti anni dopo la Juve “Capitano”.
Alter ego di Roberto Mancini, in quella che fu una delle più belle efficaci coppie d’attacco, che portò la Genova blucerchiata a un indimenticabile scudetto. Vialli, innamorato del presidente Mantovani, rinunciò al corteggiamento del Milan di Berlusconi e della Juve di Agnelli (nonostante il suo sogno di giocare nella Juve) per segnare la storia del calcio con quello scudetto. Vialli poi in sole quattro stagioni con la Juve fece vincere tutto e di più ai bianconeri, lasciando proprio con quella Coppa dalle grandi orecchie, che è maledetta per il popolo bianconero.
Di recente il calcio ha perso dei grandissimi per diversi motivi Maradona, Pelé, Paolo Rossi e adesso anche lui, proprio poco dopo l’amico ed ex compagno Sinisa Mihajlovic.
Il destino ha voluto che se ne andasse proprio dopo un Cremonese-Juve, le due squadre che segnarono l’esordio e i vertici della sua partita, una partita che sarà ricordata per uno dei suoi gol più belli in rovesciata nel 1994.
Tutte le squadre, i tifosi, l’Italia non possono che dire grazie a questo ragazzo di Cremona che ha fatto la storia del calcio e ha lasciato anche qualcosa di più, che non sarà dimenticato
Daniele Corvi - Agenzia Stampa Italia.
Foto di Gianluca Vialli, indimenticabile poetico guerriero del calcio.
Fonte Foto ; Di RISE - SM1_2451, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=127664718