(ASI) Etimologicamente parlando, il tifo è riconducibile alla radice sanscrita dhu, che significa agitare, eccitare, muovere. Da questa radice, il greco thyphos, inteso come vapore, fumo, ardore. Per cui, nel linguaggio comune, il termine tifo rappresenta una condizione psico-emotiva di forte agitazione, passione e ardore, a volte violento come se l’animo o meglio la ragione del tifoso fosse momentaneamente “offuscata” da impeto fanatico.
Ogni uomo è posseduto dall’istinto irrefrenabile alla sopravvivenza, e gli affetti possono far provare all’ uomo vicinanza o lontananza rispetto ad essa. Spinoza ne aveva individuato due, da cui si creano poi tutte le altre emozioni: tristezza e gioia. Ogni evento che riduca la potenza di agire è triste, qualsiasi che la aumenti sarà gioioso. Il calcio è quindi non solo metafora della realtà ma della vita e della lotta verso ideali come vorremmo che fossero. Nella cornice della tifoseria nazionale, quello perugino rappresenta un tifo indubbiamente genuino. Tralasciando la parte nociva, che antepone la violenza all’amore verso la città e alla squadra, la storia della tifoseria perugina è densa di eventi che uniscono. La storia del tifoso/ultras intervistato (ha chiesto di rimanere anonimo) ne è una prova tangibile, che ha destato in me un grande interesse. Nonostante non sia umbro, che non abbia nessun parente e che mai prima ebbe modo di venire nel capoluogo umbro, sin da bambino pare sia rimasto folgorato dal calore della curva perugina e dalla garibaldina squadra che fece tremare la serie A a fine anni 90, tanto da sposarne in toto i principi e lasciando regione, famiglia e lavoro, per trasferirsi a Perugia. La sua passione lo ha spinto giovanissimo a numerose trasferte e sebbene non abbia vissuto in prima persona l’era Gaucci, lo spirito battagliero di quegli anni lo hanno accompagnato anche nei polverosi campi dilettantistici, dove era sprofondata la squadra pochi anni fa.
Sicuramente ispirato dalla golden age delle coreografie nelle curve Italiane, si immedesima nella Nord del Grifo e nelle sue indimenticabili scenografie, come la dedica al tecnico Galeone, raffigurante un antico vascello al centro della curva nord, e quella raffigurante un’ enorme maglia biancorossa con il numero 12 sulle spalle con la scritta “Facce entrà”.
Non si immedesima in uno specifico gruppo, frequenta “quelli del Santa Giuliana” ( cito Carlo Giulietti) e vive l’amore per il Perugia calcio nel totale disinteresse nei confronti delle fazioni politiche presenti. Una sincronicità (Jung) con il Perugia calcio e con la città che ci guida alla conclusione di questa nostra piccola storia con la risposta del ragazzo; Si, è possibile lasciare tutto per il tifo, perché questo è come l’amore, si incontra, non si può pianificare.
Emilio Cassese – Agenzia Stampa Italia