(ASI) Sembra un film eppure neanche il più abile degli sceneggiatori avrebbe saputo scrivere una storia così. Roberto Mancini, Gianluca Vialli e Attilio Lombardo tornano dopo 29 anni a Wembley a giocarsi una finale europea (la Champions League nel 1992). Quello stadio che gli negò il trionfò di un’epopea blucerchiata, li ha visti trionfare stupendo tutti e tutto.
Il segreto? Amicizia e cuore. Hanno creato un gruppo straordinario che ha saputo rimanere umile e restare unito. Accanto a i tre si è unito Alberigo Evani, che venne a Genova dopo la finale persa, ma che nei suoi occhi ha ancora davanti la finale persa proprio ai rigori di USA ’94, dove tra l’altro segnò uno dei rigori degli azzurri. Anche per lui c’è stata quella rivincita, che sa di impresa. Le storie si incrociano, in cui l’abbraccio tra Vialli, simbolo di umanità e resilienza e Mancini, visionario che ha saputo creare un orgoglio nazionale dopo la disfatta dell’era Ventura che viene incontro al Paese, proprio in uno dei momenti più difficili della nostra storia. Quello che è avvenuto sa di favola, un qualcosa di bello, che nessuno ci potrà togliere dopo i mesi difficili alle spalle. Con analogie con il passato come quel 11 luglio che dopo il 1982 adesso ha il 2021 da ricordare, Mattarella come Pertini, Donnarumma come Zoff, Mancini come Bearzot oppure come Lippi e quei rigori che ci hanno riportato alla mente gli eroi di Berlino del 2006 con Bonucci, Chiellini e Jorginho che ricordano Cannavaro, Materazzi e Pirlo. Tante piccole grandi storie che si incrociano per una grande storia italiana di una notte magica, che stavolta ha visto Roberto Mancini prendersi meritatamente tutto quello che la sorte gli aveva negato. E’ festa nazionale, dopo tanto soffrire e mesi di isolamento. Ora siamo tutti più vicini e orgogliosi di essere italiani.
Daniele Corvi – Agenzia Stampa Italia
Foto: FIGC