(ASI) Quando il 28 agosto 2009 a Montecarlo, durante i sorteggi della fase a gironi di Champions league, Michel Platini ha consegnato a Paolo Maldini il riconoscimento alla carriera, e tutto il pubblico presente si è alzato in piedi lasciandosi andare ad un interminabile applauso, anch’ io da casa, davanti al televisore mi sono alzato dal divano abbandonandomi ad un attimo di commozione, e come me, sono sicuro che chiunque abbia assistito a quella scena abbia provato un emozione. Perché ci sono i calciatori, poi ci sono i grandi calciatori ed infine i monumenti del calcio, ed è inutile dirvi a quale delle 3 categorie appartenga Maldini. Da bambino sfogliando l’ album spesso mi soffermavo sulla figurina di Maldini, e guardavo ammirato la casella che ne ripercorreva la carriera stagione per stagione, e quella casella recitava: Milan, Milan, Milan, Milan, Milan, Milan, Milan e così via. Mi divertivo a calcolarne le innumerevoli presenze accumulate con la stessa maglia, e infine ne ammiravo l’ espressione fiera, determinata, di chi è sicuro di sé e infonde sicurezza ai compagni.
Fino a quando il 24 maggio 2009, a quasi 41 anni, Paolo Maldini ha detto stop, e al termine del match contro la Roma a San Siro ha dato l’ addio al calcio. Ebbene quel giorno, non solo il Milan e i suoi tifosi hanno perso un grande capitano, un grande calciatore e un grande uomo, ma tutto il calcio, e tutti gli appassionati di questo sport, hanno perso un patrimonio di inestimabile valore.
Maldini nasce a Milano il 26 giugno 1968, a soli dieci anni entra a far parte delle giovanili rossonere, ed appena sedicenne, esordisce il 20 gennaio 1985 per volontà di Nils Liedholm, indossando per la prima volta la maglia alla quale resterà fedele per 25 stagioni (primato assoluto di campionati di serie A con la stessa squadra), con la quale disputerà 902 partite ufficiale (647 in serie A), sollevando 5 volte la Coppa dei Campioni , altrettante la supercoppa Europea, vincendo 7 scudetti, 1 coppa Italia, 2 coppe Intercontinentali e 1 mondiale per club, per un totale di 26 trofei.
Tutto inizia con Arrigo Sacchi in panchina, arrivato dal Parma nella stagione 87-88, assieme a Maldini c’ erano Baresi, Costacurta e Tassotti a completare la difesa, e che difesa! Era l’ epoca dei 3 olandesi: Frank Rijkaard, Ruud Gullit e soprattutto Marco Van Basten. Con Sacchi in 3 stagioni quel Milan vince tutto, scudetto al primo tentativo, nella stagione successiva la prima coppa dei Campioni, coronando la stagione con la vittoria di supercoppa Europea e coppa Intercontinentale. La terza stagione si rivela altrettanto vincente: seconda Coppa Campioni di nuovo supercoppa europea, e di nuovo Intercontinentale contro. Quel Milan inoltre stabilisce un record d’ imbattibilità che si protrae per 36 giornate di campionato, record interrotto, ironia della sorte, proprio da un’ autogol di Maldini che costò la sconfitta sul campo della Lazio nel settembre 89. Il secondo ciclo vincente arriva con Capello allenatore. 3 scudetti consecutivi (dal 91 al 94) con annesse supercoppe italiane, terza Coppa Campioni (93-94), e sempre nel 94 supercoppa europea. In quegli anni ai sopracitati campioni si erano aggiunti talenti del calibro di Savicevic,, Desally, e Boban, stavano inoltre crescendo giovani come Albertini, Massaro e Simone, che dopo il ritiro di Van Basten e le cessioni di Rijkaard e Gullit hanno preso le redini della squadra, portandola alla vittoria dell’ ultimo scudetto della gestione Capello nella stagione 1995-96, con George Weah (arrivato in estate dal Paris Saint Germain assieme a Leonardo) grande protagonista e premiato col pallone d’oro.
Fine prima parte, segue.
Alessandro Antoniacci - Agenzia Stampa Italia
Fonte foto: Yelena Rybakova for Soccer.ru [CC BY-SA 3.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)], via Wikimedia Commons