di Valentino Conti

(ASI) PERUGIA, 21 agosto 2014 – La vicenda Antonio Conte-Carlo Tavecchio per quanto riguarda la nazionale italiana di calcio ha assunto, e penso non solo per me, dei contorni che definire assurdi mi sembra davvero poco. Dopo l’incredulità e lo sbigottimento delle prime ore, a distanza di alcuni giorni non potevo però rimanere in silenzio in merito alla vicenda.  

 

In un momento come questo ancora di grande crisi economica e dove tutti, dai cittadini alle istituzioni finanche al mondo sportivo in generale, stanno cercando di rientrare nella normalità delle cose, non penso proprio che la cifra stanziata (circa 3,6 milioni di euro l’anno) per lo stipendio del nuovo allenatore della nazionale, con l’avallo irresponsabile del neo presidente della Figc (sul quale non rimarco le ingiustificabili gaffe precedenti alla sua elezione visto che già la Uefa ha fatto il suo aprendo una giusta inchiesta “per presunti commenti razzisti”), possa passare come una cosa normale. È inaccettabile quindi il contratto faraonico che legherà Conte alla Figc per i prossimi due anni (quasi 8 milioni di euro), come è fuori luogo parlare di “investimento per dare una spinta al Paese” da parte di Tavecchio. Ed anche se una parte sarà coperta dallo sponsor ciò non toglie il vero problema di tutta la vicenda.

Perchè la questione è pur sempre la stessa, ovvero l’arroganza del calcio, manifestata oggi in particolare da queste due persone che non definirei “uomini di sport”: c’è infatti un calcio che con i suoi massimi vertici e rappresentanti continua a non aver rispetto degli altri sport e delle altre federazioni, con le quali quindi c’è pertanto una sempre più marcata disparità.

Da uomo di sport che in passato, per sei bellissimi anni da presidente del Comitato olimpico regionale dell’Umbria, ha fatto molto per tutte le federazioni e lavorato con l’intenzione di portarle tutte allo stesso livello, non posso che rimanere sgomento davanti a tutto questo. Soprattutto se si pensa anche che ci sono tantissimi medagliati olimpici in altre discipline che a confronto non percepiscono nulla e che allo stesso modo però portano in alto con orgoglio e umiltà il colore azzurro delle varie nazionali italiane.

A questo punto bisognerebbe avere la forza di alzare la voce, anche da parte di tutti i Comitati olimpici regionali. Anche il Coni Umbria non si deve tirare indietro, lo deve per rispetto di tutte le federazioni e dei migliaia di tesserati che rappresenta. Sulla questione sentirò personalmente anche il numero uno dello sport italiano, Giovanni Malagò, per fargli sapere cosa penso di tutto questo e per farmi dire come intende comportarsi a riguardo il Coni nazionale. Lo farò molto umilmente come semplice cittadino, ma con un’esperienza di governo sportivo alle spalle che mi consente di farlo in maniera ponderata. Perché lo sport è di tutti. Perché lo sport in cui io ho creduto e in cui credo ancora non perda ancora di più la sua dignità. Dignità che vicende come questa, inevitabilmente, scalfiscono in maniera sempre più irreversibile.

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