(ASI) Se fosse la prima volta che il Perugia tiene in mano una partita praticamente per 90 minuti, costringe l’avversario a stare nella propria metà campo, ma non segna, si parlerebbe di una giornata storta.
Ma quando il tema si ripete troppo spesso, vuol dire che il limite è strutturale. I grifoni tornano da Ferrara con una sconfitta che è pesantissima. Lo è, appunto, nella misura in cui,  nella giornata dove la squadra di Bucchi  domina in casa della seconda in classifica, facendole fare una figura magra sul piano del gioco, non tira, non segna. E, in aggiunta,  prende due gol su due delle cinque sei volte, non di più, in cui la Spal supera la metà  campo.  Insomma, una giornata nera, che certifica  i limiti del Perugia. Limiti strutturali, mentali, più che tecnici.Inutile giocare a salve, tenere il possesso palla, mettere l’avversario in difficoltà per quasi tutti i novanta minuti e non andare mai al tiro. Dove per tiro si intende  una conclusione cattiva, decisa a far male, e non alleggerimenti, passaggi al portiere e finalizzazioni fatte per onore di firma, ma senza la convinzione di fare gol. Il Perugia spesso sembra appagarsi del suo essere bello. Il gol? Sembra quasi un optional. La voglia di sfondare la rete e buttar dentro palla e avversario? Sembra non essere la cosa più importante per i grifoni.  Prima del gol dell’1-0, in un’azione emblematica e insistita degli uomini di Bucchi, si è  visto il pallone, tra cross e controcross, attraversare il campo e l’area avversaria ripetutamente, tra passaggi avanti, indietro, laterali di qua e diagonali di là, ma senza che nessun biancorosso abbia avuto la voglia, la determinazione di avventarcisi contro e provare con convinzione a fare gol. E lo stesso è avvenuto per tutta la ripresa, conclusasi, tanto per completare la beffa, con il gol del 2-0 nei minuti di recupero. Le scelte iniziali di Bucchi sono state dettate probabilmente dall’intento di infoltire il centrocampo e, contro una difesa che si difende bassa, non dare punti di riferimento con troppi uomini fissi in avanti. E allora, ecco un inedito 4/3/2/1 con Brighi, Ricci e Gnahoré in mediana, Dezi e Guberti a svariate sulla tre quarti e Di Carmine unica punta. Proprio l’attaccante ha propiziato, nei primissimi minuti, l’unica occasione del primo tempo, scavalcando il marcatore con un sombrero e presentandosi solo davanti al portiere estense. La conclusione, però, è andata alta sulla traversa. Poi, un lungo predominio dei grifoni, ma sterile, durato fino al gol della Spal, siglato da Floccari (attaccante puro, di quelli che mezza occasione, un gol) con un tiro da appena fuori l’area che chiama in causa le responsabilità di Brighi e Gnahorè che non lo hanno fermato prima, dei centrali difensivi perugini che non sono usciti bene a fermarlo e, anche, di Brignoli, perché la traiettoria non era irresistibile e il pallone gli è passato a pochi centimetri dalle mani.  Dopo il gol, il Perugia è andato in bambola, rischiando ancora grosso in un paio di circostanze. La ripresa è però tornata ad essere tutta e solo di colore biancorosso, ma addirittura irritante per la leziosità in avanti dei grifoni. Quando Bucchi ha sostituito Di Carmine (alla prima partita da titolare dopo l’infortunio) con Nicastro, era ormai tardi, perché la lucidità era esaurita e palle in area non ne arrivavano più. Terrani per Gnahorè  e  Acampora per Brighi le altre sostituzioni che non hanno inciso sull’andamento della partita. C’è stato perciò tempo solo per il contropiede del raddoppio spallino, che ha messo agli archivi una sconfitta immeritata e bruttissima in una giornata in cui il Perugia aveva tutti gli ingredienti per cucinare la Spal a domicilio, compresi (in panchina però) uomini forse capaci di dare più sostanza davanti. Ogni riferimento a Mustacchio, Forte e Nicastro è ovviamente voluto.

Daniele Orlandi – Agenzia Stampa Italia

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