(ASI) La peste del 1348 provocò la morte di 3/5 della popolazione di Firenze. La città risorse dalle proprie ceneri e venne quel meraviglioso periodo artistico culturale noto come "Rinascimento". Molti artisti si formarono a Firenze, altri vi trovarono la definitiva consacrazione.
Da Leonardo a Michelangelo, fino a Raffaello, tutti, nessuno escluso, dopo un periodo più o meno intenso, lasciarono la città per trasferirsi altrove. Perché lo fecero? Per ambizione? Per migliorare ulteriormente la propria arte e attraverso questa, divenire immortali? Magari entrambe le cose. O forse si allontanarono a causa di Girolamo Savonarola, contrario ad ogni forma di lusso, e promotore della penitenza come unica via di salvezza dell'anima. Non lo sapremo mai con certezza, possiamo solo basarci sulla storia, quella che ci è stata tramandata nel corso dei secoli. Tempo dopo, altri artisti dimorarono nella bellissima Firenze. Non erano né pittori, né scultori. La loro arte consisteva nel praticare magie adoperando una sfera denominata pallone. Non tutti furono capaci di stupire l'esigente pubblico fiorentino. I più bravi, da Baggio a Batistuta, senza dimenticare Rui Costa, si guadagnarono l'affetto della città. Anche loro, dopo qualche tempo, lasciarono la signorìa,- passata nel frattempo dai Medici ai Pontello, fino ai Cecchi Gori-, per approdare in altri luoghi. E forse lo faranno anche Borja Valero, Bernardeschi e Kalinic. Ai Della Valle, che tanto hanno combattuto per la causa fiorentina, rimarranno più dubbi che certezze, oltre al solito tormentone che si ripete inesorabilmente da secoli: perché gli artisti lasciano Firenze? Non basta esibire la propria arte in una città incantevole che non finisce mai di stupire e di sorprendere? Forse bramano a qualcosa di più grande, alla immortalità che solo le grandi gesta, le grandi opere e le grandi vittorie sono capaci di donare. Oppure temono che qualcuno possa vanificare i loro sforzi attraverso un divino falò delle vanità.
Raffaele Garinella - Agenzia Stampa Italia