Dopo la serata di venerdì 14 luglio la manifestazione si avvia alla conclusione con forme musicali peculiari
(ASI) Perugia. Con la serata di ieri sera, applaudita e folta di pubblico, la manifestazione si avvia alla conclusione attraverso un nome molto noto ed apprezzato dalla scienza internazionale: Wayne Shorter. Suona inizialmente con il suo quartetto composto Danilo Perez, John Patitucci, Brian Blade. Subito a seguire e in continuità di esibizione, per la composizione “Emanon”, Shorter esegue oltre ai componenti della sua formazione con l’Orchestra da Camera di Perugia diretta da Clark Rundell. La prima parte e’ un jazz da “post avanguardia”, molto concettuale e cerebrale. Pur esprimendosi nettamente nell’ambito del genere Jazz, la estrema razionalità e complessità relega questo tipo di espressione perlopiù agli intenditori. E’ una musica essenziale, sintetica, quindi di poche note dense del loro significato; per una discorso musicale sicuramente organico, stilisticamente riconoscibile e coerente. L’espressione vuole travalicare il Jazz per divenire musica colta contemporanea, probabilmente riuscendovi. Non mi stupirebbe che per alcuni, salvo le sempre più frequenti pose intellettualistiche, questi musicisti possano risultare gravosi. La supposta concentrazione richiesta dai musicisti e la non leggerezza musicale potrebbe correttamente giustificare anche la minore lunghezza dell’intero concerto, rispetto ad altri eventi dello stesso tipo. Poi quando sale sul palco l’orchestra le ambizioni salgono ancora, o meglio tentano di salire, giungendo ad una espressione mista, che non e’ più del tutto jazzistica e che ha l’ambizione appunto di divenire musica colta occidentale. Ma spostiamo l’attenzione sulla composizione principale della serata: “Emanon”, composta da Wayne Shorter. I riferimenti musicali, sono “alti” e netti: l’impressionismo musicale di Ravel, Gershwin, il sinfonismo americano della grande tradizione (Copland) e sebbene sia difficile dire senza la partitura alla mano quanto consapevolmente, anche il grande impressionismo musicale della splendida tradizione italiana di Respighi (Fontane di Roma, Pini di Roma ecc.). quella di “Emanon” e’ una forma compositiva orchestrale piacevole, elegante, manierista e salottiera ma datata, che rispecchia molto il gusto tradizionale e colto americano degli anni Cinquanta e Sessanta; ma che oggi risulta inattuale. Inoltre la partitura offre una discrasia e una dicotomia tra orchestra e quartetto per una non costante integrazione compositiva (con riferimento ai momenti atonali del quartetto e tradizionalistici della orchestra). L’incedere della composizione e’ soprattutto quello di una salmodia di musica jazz e “classica” occidentali. Tecnicamente e musicalmente emergono grosse perplessità sui timbri e sulla qualità del suono dell’orchestra, talora bandistica e tal altra aspra, sebbene con il procedere migliori. La sensazione sulla incertezza della qualità espositiva dell’orchestra purtroppo resterà fino alla fine del concerto. Durante la esecuzione spiccano invece per qualità sempre gli elementi del quartetto. La fusione tra questo e l’orchestra resta sempre molto buona. Le aperture armoniche nel complesso non deludono. Concludendo emergono un senso di monotonia e staticità sia timbrica che compositiva per una partitura che non ci impressiona affatto. Sono forme musicali ibride, riferibili alla temperie musicale tardo neoromantica o neogotica. Come esprimevamo poco sopra; forme salottiere ma sostanzialmente povere. Oggi poco spendibili ed obsolete anche per il cinema; alla maniera del Concerto di Varsavia di Addinsell. Tipiche di alcune decenni orsono (1950-1960) ma ormai poco significative e sostanzialmente Kitsch.
Giuseppe Marino Nardelli – Agenzia Stampa Italia