(ASI) Non è la follia che va curata, ma l’indifferenza”. Con questa frase il dott. Basaglia ha segnato una svolta epocale non solo nella psichiatria, ma nella concezione stessa di umanità.
Quando entrò per la prima volta nei manicomi italiani, trovò persone ridotte a ombre. Non erano malati da isolare, ma uomini e donne rinchiusi, dimenticati, sospesi in un limbo in cui la sofferenza non veniva ascoltata ma nascosta. La psichiatria del tempo non cercava di capire: confinava.
Egli non poteva accettare che la follia fosse trattata come una colpa e che la libertà fosse considerata un privilegio riservato ai sani. Per questo decise di sovvertire il sistema: non voleva guarire i “matti”, voleva restituire dignità alle persone.
Nel 1978, con la legge 180 che porta il suo nome, i manicomi furono chiusi. Fu un atto di coraggio e di fiducia nell’essere umano. Basaglia credeva che la società avrebbe imparato ad accogliere la diversità e a riconoscere il dolore mentale come parte della condizione umana. Ma sapeva bene che non bastava chiudere i cancelli: occorreva aprire le coscienze.
Oggi, a più di cento anni dalla sua nascita, Basaglia resta una delle figure più luminose e fraintese del Novecento. Psichiatra, filosofo, ribelle, ma soprattutto uomo capace di guardare all’altro non come a un “malato” ma come a una persona.
Eppure, decenni dopo, la sua rivoluzione resta incompiuta. La seconda parte della sua legge — quella che prevedeva una rete di assistenza e inclusione diffusa è stata tradita. La follia, seppure liberata dal manicomio, è tornata a essere invisibile, confinata nelle case, lasciata sulle spalle delle famiglie, spesso sole e senza sostegno.
E’ stato un visionario, troppo avanti per il suo tempo. Come accade a molti profeti, è stato prima celebrato e poi dimenticato. Ma la sua voce è ancora necessaria in un mondo che teme la fragilità e preferisce l’etichetta alla comprensione.
“La società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia”, scriveva. Oggi queste parole risuonano come un monito severo. Perché rifiutando la follia abbiamo perso anche la nostra ragione.
Non è Basaglia che manca. Siamo noi che abbiamo mancato la sua lezione più grande: quella di restare umani.
Salvo Nugnes per Agenzia Stampa Italia
*Immagine generata da A.I. Microsoft Copilot.



