(ASI) Successivamente alla crescita registrata tra febbraio e marzo e la sostanziale stabilità di aprile, a maggio 2022 il numero di occupati è sceso sotto i 23 milioni, per effetto della diminuzione dei dipendenti permanenti.
Nel mese di maggio quindi si è registrato un calo del -0,2%, che corrisponde a 49 mila lavoratori. La diminuzione riguarda entrambi i sessi, in particolare i dipendenti fissi (-96 mila) e i lavoratori compresi nella fascia d'età tra i 25 e i 49 anni.
Lo ha reso noto l'Istat, che ha spiegato come “il tasso di disoccupazione scende così all’8,1% nel complesso
(-0,1 punti) e al 20,5% tra i giovani (-2,1 punti). Cala anche il tasso di occupazione al 59,8% (-0,1 punti).
L’aumento degli inattivi (+0,4%) coinvolge prevalentemente gli uomini, spingendo il tasso di inattività al 34,8% (+0,2 punti). Dati alla mano la quota degli inattivi ( che non è composta solo da chi percepisce misure assistenziali e previdenziali) ci dice che vi è una percentuale importante che ha deciso di formarsi, magari con l’intento di valutare un posto di lavoro migliore del precedente. Non è da sottovalutare, oltre ai dati statistici, la profonda crisi
esistenziale post pandemica, che ha ricordato alle persone il prezioso valore del proprio tempo e l’importanza di scegliere un percorso lavorativo in linea con la propria preparazione professionale. Lasciano il tempo che trovano quindi le dichiarazioni di numerosi imprenditori sulla difficoltà di reperire dipendenti, probabilmente più interessati al ripristino del servaggio nei loro mansi elargendo la sola prebenda.
L'Italia è un paese sempre più vecchio
Ben più preoccupante invece dovrebbe essere il dato inerente la decrescita demografica, tanto da prevedere che
“nel 2050 l’Italia potrebbe avere cinque milioni di abitanti in meno” (fonte ISTAT, maggio 2022).
Se non si provvederà ad invertire la rotta della natalità con misure strutturali, nel 2050 l’Italia avrà 5 milioni di abitanti in meno: in pratica solo poco più di una persona su due sarebbe in età da lavoro. I dati prevedono un 52% di popolazione ambo i sessi tra i 20-66 anni, che dovrebbero provvedere sia alla cura/formazione delle persone sotto i venti anni (16%), sia alla produzione di opportune risorse per l’assistenza ai pensionati (32%). In questo
quadro, come ha ricordato lo stesso Gian Carlo Blangiardo agli Stati Generali della natalità tenutosi a Roma nel mese di maggio, le nascite annue potrebbero scendere nel 2050 a 298 mila unità. Le parole profuse verso l’importanza di una nuova narrazione della natalità, di cui si è discusso all’Auditorium della Conciliazione di Roma, ci auspichiamo, possano tramutarsi in fatti, per evitare il duro inverno demografico che ci aspetta. Risulta chiaro che conciliare il lavoro e la cura della propria famiglia necessitano di ulteriori misure a sostegno delle già attive politiche sociali, incoraggiando le giovani coppie ad affrontare la prospettiva di una nuova vita da accudire, senza temere l’annichilimento psichico o la destrudo.
Emilio Cassese - Agenzia Stampa Italia