(ASI) Anche la “Canzone” insidiata dall’onda populista. Anche la musica e i versi ormai nella morsa di una deriva anticonformista. Bisognerà ricostruire sulle macerie culturali di una Italia che non si vuole più bene, che non si riconosce più neanche nel “Pentagramma Identitario” a cui certamente non fanno male contaminazioni e innovazioni ma nel solco della tradizione tricolore più genuina.
Non si tratta di essere tacciati di razzismo culturale o di obsoleto moralismo o ancor peggio di ipocrisia ma di porre un confine fra “modernità” e “identità”. Il “brand Italiano” della Musica e delle canzoni è sempre stato un volano per l’intero Paese, ancora oggi siamo riconosciuti all’estero per la straordinaria e riconoscibile “Melodia Italiana” (e per la grande Canzone Napoletana d’Autore), perché rivoluzionarla? Perché tradirla? Perché disconoscerla?
Da sempre nella Canzone Italiana convivono “Bel Canto” (Voci cosiddette pulite) e “rauche” (non limpide), anche i cosiddetti “Urlatori” hanno inserito la propria vocalità nell’Habitat naturale del “genere Italiano” ma confermando sempre il perimetro “Identitario” oltre il quale si profanava la Sacralità del “modus vivendi” della nostra amata musicalità. L’Italia in Musica non puo’ cedere alla tentazione di abiurare e sottostimare il ruolo che gli è riconosciuto da un secolo, è quando il Paese si espone con manifestazioni “Nazionali” e condivise dallo “Stato” deve preservare, “custodire” e promuovere il proprio “brand” che parte da Puccini e arriva a Baglioni”, si interseca a Verdi, Mascagni, Guccini, Cocciante e a Battiato, e potrei continuare all’infinito. Non può sminuire il pubblico tradizionale per pescare nel Web, deve rigorosamente addizionare e non sottrarre, deve favorire l’inclusione e no l’indignazione. Si è dichiarato “Il festival fa bene al Paese”, ma a quale Paese?, A chi?
Forse alle grandi etichette discografiche, ai grandi management, alle lobby che insistono nel mondo dello spettacolo, non certo a chi è afflitto, è in lutto (per la estenuante pandemia), a chi è senza lavoro (o lo ha perso a causa del Covid – 19. Questa di oggi è un’Italia stremata che nessun Festival risolleverà, non almeno con questa strategia. A tal proposito oggi (7/3/2021) si è levata l’autorevole voce del Vescovo della Diocesi di Ventimiglia – Sanremo Mons. Antonio Suetta, parlando di “derisione e manifestazioni blasfeme nei confronti della Chiesa Cristiana, della Chiesa Cattolica e dei credenti". Senza entrare nel merito, oso dire che in questa Quaresima di Fede e di Fatto forse tante cose si potevano evitare. Ancora nel Paese insistono sguardi angosciati e tenebre insidiose, a loro forse andava riservato più rispetto. Allora il “Festival” va moralizzato e bisogna iniziare proprio dalle “Selezioni”, una Giuria “qualificata” dovrebbe andare a ricercare i giovani nei Conservatori, nei Licei Musicali Statali, nelle strutture preposte dove studiano e prendono sul serio la Musica, dove attraversano la “Mulattiera del Calvario” con ore ed ore di tecnica, esercizio e “studio”, li forse ascolteranno “Duetti in Polifonia” e no come quelli Sanremesi a Voci univoche, in quelle “scuole”, dove trasuda impegno ed abnegazione troveranno meno scenografie (Belle quelle Sanremesi) ma più “Fiori” e sicuramente più “Canzoni”. Iniziamo da li, probabilmente a quel punto Sanremo sarà davvero utile al Paese e avrà, attraverso la Musica, ridato slancio e sussulto agli Italiani, avrà rimesso al “centro” la “Canzone Italiana” senza accodarsi alla massificazione culturale di cui spesso l’Occidente è vittima, avrà rilanciato il brand italiano che certamente non ha bisogno di esibizioni senza pathos e di travestimenti sbracati.
Espedito De Marino per Agenzia Stampa Italia
Nota. Nella foto il Maestro Espedito De Marino con un pilastro della Canzone Italiana e Sanremese, Nicola DI BARI.