(ASI) In alcuni casi  l’ex Ilva e Alitalia hanno bisogno di urgenti interventi pubblici per difendere quella definita produzione  nazionale, soprattutto l’interesse nazionale.

Questo  veloce passaggio  sotto controllo straniero oltre che dell’ex’’ Ilva e Alitalia anche diFiat, Pirelli, Magneti-Marelli ma anche all’emigrazione della proprietà e dei centri decisionali delle aziende simbolo del Made in Italy, come quelle dell’alta moda e della meccanica, impone una decisione importante , che il Ministero dello Sviluppo economico deve prendere urgentemente.

Ritornare un po’ a quei regimi  di tutela della vecchia e cara IRI fondato nel 1933,  messo in liquidazione il 27 giugno 2000 dal secondo governo Amato.  Unica soluzione  per combattere il crescente ruolo dei fondi di investimento esteri che hanno reso la presenza italiana sempre più fragile , allora è indispensabile il  ritorno dello Stato nell’economia  e negli uffici del Mise  a palazzo Piacentini per riscoprire  il fascino delle partecipazioni statali

Cifre da capogiro: l’ex Ilva  in seguito all’annuncio di Arcelor Mittal di volersi ritirare da Taranto, con il pretesto dell’abolizione dello scudo penale (voluta dai M5S), perde 60 milioni di euro al mese.

L’errore privatizzare il settore siderurgico senza la presenza forte dello Stato.

Alitalia ha bruciato oltre 600 milioni di euro e 900 milioni del prestito statale concesso dal governo Gentiloni, oggi  senza un’offerta d’acquisto  di quella Compagnia di Bandiera Italiana che naviga verso il commissariamento che per eccellenza è stato sempre definito l’anticamera della ‘Morte Annunciata o, di una svendita ed acquisto conveniente’.

Dieci  lunghi anni sono trascorsi da quando si è tentato di privatizzare Alitalia, nessun passo in avanti  viste le dimensioni di un mercato sempre agonizzante  si rimane con la speranza che tuitto ciò  avvenga.

Uno Stato imprenditore!Una seria politica industriale deve prevedere, come fanno i grandi Paesi europei a partire dalla Francia, la presenza  dello Stato come azionista stabile, seppure di minoranza, in imprese di particolare importanza e significato e non solo quelle , riferendoci a tante altre  costrette , acquistate a quattro soldi, poi  incamerati i contributi dello Stato , chiuse da mercenari imprenditori che oltre a sfruttare i lavoratori , hanno fatto solo cassa alle spalle dell’Italia.

Uno Stato non responsabile della gestione, ma controllore dei destini di lungo periodo dell’impresa. 
Si tratta di una soluzione semplice e che in Italia funziona già in alcuni casi: non possiamo infatti dimenticare che questo è il regime in vigore nell’Enel e nell’Eni, in Leonardo e in poche altre aziende in grado di giocare un ruolo significativo nella concorrenza globale , mantendo il Made in Italy. 



Tutto questo è ovviamente necessario ma è altrettanto necessario ricordare che un Paese senza grandi imprese e senza robuste strutture finanziarie non va da nessuna parte.

Rosario Murro - Agenzia Stampa Italia

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