(ASI) L’ordinanza n.2177 del 1.2.21 della VI Sez. Cass.Civ. che richiama la sent.n.12364/18, con la quale ha stabilito che “dal risarcimento del danno patrimoniale patito dal familiare di persona deceduta per colpa altrui, non deve essere detratto il valore capitale della pensione di reversibilità accordata dall’INPS al familiare superstite...” merita qualche approfondimento.
Nel nostro Ordinamento, la pensione di reversibilità, nel settore privato, è stata riconosciuta con il R.D.L. 14 Aprile 1939, n. 636 il quale, a differenza della normativa operante nel settore pubblico, che riconosceva il diritto alla pensione alla sola vedova, all’art.13 attribuiva il diritto al trattamento pensionistico al coniuge superstite, senza distinzione di sesso. In merito a ciò, si deve aggiungere che l’art.38, II, Cost. nello statuire che i lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria, non abbia prevista la morte, tra gli eventi comportanti uno stato di bisogno, per i superstiti del lavoratore; purtuttavia, nella più ampia ottica dell’art.1 Cost. che fondasul lavoro la Repubblica Italiana, non poteva ritenersi ammissibile un criterio che collocasse la morte del lavoratore o del pensionato come un evento interruttivo o, peggio, ablativo di un diritto patrimoniale, acquisito in virtù e per merito esclusivo di quello stesso lavoro, posto a fondamento della Repubblica. Quanto precede, ci porta alla considerazione che, dal principio esposto nella sentenza citata, si possa affermare che la pensione di reversibilità, piuttosto che previdenziale, abbia natura prettamente patrimoniale, in quanto bene accantonato tramite quella particolare specie di risparmio, costituito dalle ritenute previdenziali sulla retribuzione. In questa sua natura di diritto patrimoniale, è del tutto logico che sia trasmissibile agli eredi, al pari di qualsiasi altro bene ereditario. Da quanto precede, deve darsi atto alla Suprema Corte, di avere risolto l’annosa e vexata quaestio, nell’attesa che il Legislatore risolva ogni incertezza.
Un diverso principio ermeneutico, non pare possa ritenersi coerente con l’impianto normativo vigente il quale, per la completezza dell’argomento, prevede una duplice forma di pensione trasmissibile ai superstiti: la pensione di reversibilità e la pensione indiretta.
La prima riconosce il diritto al trattamento di reversibilità nel caso in cui il soggetto deceduto fosse titolare di una pensione, prima della morte. La seconda, riconosce il diritto ai superstiti, nel caso in cui l’assicurato deceduto fosse ancora in costanza di rapporto di lavoro.
Francesco Maiorca – Agenzia Stampa Italia