Pieroni-Torino, promessi sposi. Anzi... no! Per Don Rodrigo Moggi “Questo matrimonio non s’ha da fare”
(ASI) La sconfitta della Juventus a Perugia, nella partita più famosa del secolo per via di una pioggia torrenziale e di uno stop da record, non si ripercuote soltanto negli ambienti bianconeri, ma anche su personaggi che - secondo il settimanale Rigore - erano vicini ai dirigenti della Juventus. Fatalità, frutto del caso e nulla più, ma quando si dice “piove sul bagnato” spesso ci si azzecca. Ermanno Pieroni intuisce che, dopo sette stagioni, forse per via di quella famosa crisi del famoso settimo anno che colpisce matrimoni e relazioni varie, rischia di non essere riconfermato da Gaucci.
Qualcosa si è rotto da tempo e le consulenze richieste da Luciano Gaucci a Nardino Previdi nell’ultima stagione (1999/2000 ndr) rappresentano segnali inequivocabili. A Pieroni non resta che rivolgersi – come riportato da Rigore – ad un altro Luciano, quel Moggi di cui scriviamo e continueremo a scrivere perché personaggio centrale. Moggi, molto ascoltato anche da Franco Cimminelli, nuovo patrón del Torino, riesce a collocare Pieroni in granata. Incarico da direttore generale e contratto triennale. Peccato però per l’ex arbitro di Jesi - e tanto altro ancora - che i tifosi del Torino non abbiano dimenticato la querelle con Luca Bucci e le accuse dello stesso Pieroni al numero uno granata.
Secondo l’ex dirigente del Perugia, Bucci gli avrebbe spento una sigaretta in faccia con tanto di sceneggiata televisiva andata in scena al Processo di Biscardi. La trattativa salta, ufficialmente per una protesta dei tifosi del Torino in piazza San Carlo, che considerano inaccettabile l’influenza di Moggi sulla dirigenza granata. Ma Pieroni qualche anno dopo, esattamente nel 2005 prenderà le distanze da Moggi, etichettandolo come suo carnefice. Il quotidiano “la Repubblica” riporterà l’intervista.
“Se devo ricostruire chi me l'ha fatta pagare - dichiarerà Pieroni - Moggi è in cima ai pensieri. Il martedì precedente a Perugia-Juventus del 14 maggio 2000, mi avvicina Luciano Gaucci che mi dice che se contro la Juve non avessimo giocato alla morte e non avessimo vinto, avrebbe messo in discussione il nostro rapporto, passato, presente, futuro. La Lazio non poteva perdere lo scudetto a Perugia per due anni di seguito. Avrei scoperto in seguito che Capitalia, già nel consiglio di amministrazione della Lazio, nel 2000 aveva già in pegno tutte le azioni del Perugia”.
Anche i rapporti con la Juventus diventano più nitidi. Pieroni ricorda una telefonata che definisce strana.
“Il venerdì (due giorni prima della sfida tra Perugia e Juventus ndr) mi telefona Francesco Cimminelli, amministratore del Torino, nonché imprenditore dell'indotto Fiat, vicino alla Juventus e a Luciano Moggi.Voleva vedermi con urgenza, aveva da propormi un incarico al Torino, ma gli dissi di aspettare Perugia-Juventus".
Come sono andate le cose in campo l’abbiamo scoperto nelle puntate precedenti, ma secondo Pieroni, Moggi non gli perdonò mai quella sconfitta e il trasferimento al Torino saltò.
“Il martedì raggiunsi Cimminelli nel suo ufficio di Borgaro Torinese, alla Ergom. Mi offrì un contratto di tre anni, tre miliardi netti. Firmai e in pochi giorni la stampa sportiva locale montò una dura campagna contro di me. Puntuale arrivò la contestazione degli ultrà: in settemila sotto la sede contro il sottoscritto. Credo siano stati aizzati. Una settimana dopo sempre Cimminelli si fece vivo e mi comunicò che non se ne sarebbe fatto più nulla per incompatibilità ambientale. Avevo un contratto firmato e la Lega di Franco Carraro fece finta di non sapere. Per riparare il danno il patrón del Torino mi offrì 600 milioni che avrei investito sull'Ancona. Quello che ho sempre sospettato è che l'intervento di Moggi sulla dirigenza granata sia stata una ritorsione per Perugia-Juventus”.
Figc, premiata ditta insabbia ed occulta
Il campionato va in archivio con l’ennesima ciliegina su una torta di ipocrisia. L’esposto di Casarin contro Bergamo e Pairetto viene archiviato, o meglio, insabbiato, secondo Rigore, perché Porceddu, procuratore federale dell’epoca, non riscontra alcuna frase lesiva da parte dei due designatori - sempre più a loro agio nelle vesti di gatto e volpe di collodiana memoria - nei confronti dell’ex collega in giacca nera. Casarin aveva chiesto l’apertura di un’indagine per quanto dichiarato da Bergamo e Pairetto alla Domenica Sportiva del 09 gennaio 2000 a proposito della vicenda Rolex. “Ai tempi di Casarin- aveva dichiarato con fermezza l’ex arbitro Boggi - tutto questo caos non sarebbe successo”. I due avevano replicato con un “Forse nel senso che i Rolex non sarebbero stati restituiti”. Rigore scrive di come l’esposto sia stato occultatodalla Figc per più di settanta giorni e poi, sempre secondo lo stesso giornale, la Figc per non smentirsi ha deciso di insabbiare tutto, per decorrenza dei termini.
Porceddu-Rigore, è sfida a colpi di lettere
Ridicolo, ancor più per quanto capitato a Paolo Casarin qualche mese prima, condannato dapprima alla radiazione, poi a quattro mesi di sospensione per aver scritto tre articoli di analisi tecnica per Rigore. “Al rogo, senza pietà!”, dev’essere stataquestal’esclamazione più diffusa tra i membri della Santa Inquisizione del settore arbitrale. Radiazione cancellata grazie anche alla pioggia di adesioni all’appello di Rigore. Tra coloro che firmano la petizione anche uomini politici di primo piano come Enrico Letta, Antonio Di Pietro e Gianni Rivera, penne magistrali come Enzo D’Orsi, Cesare Lanza, Darwin Pastorin, Gianni Mura, Emanuela Audisio e Sandro Curzi, protagonisti del mondo del calcio come Gigi Agnolin, Sandro Mazzola e Giacomo Bulgarelli e, per finire, personaggi illustri come Maurizio Costanzo ed Enrico Vanzina. Calunniare per i codici di questa Federcalcio non è reato, mentre lo è scrivere articoli tecnici per una rivista specializzata, scriverà Rigore. Prosciolti, dunque, Bergamo e Pairetto, condannato Casarin. Misteri buffi di un governo del calcio sempre più confuso ed avviato verso la strada del ridicolo. L’avvocato Carlo Porceddu invia una lettera a Rigore in cui ritiene “offensiva e fuorviante l’accusa di insabbiamento - così come - l’esposto di Casarin risale alla fine di gennaio e la Figc lo ha tenuto ben nascosto per più di settanta giorni”.
Rigore replica con un virgolettato della redazione: “Porceddu conferma in pieno quanto riferito da Rigore. E cioè che il 09 gennaio Pairetto e Bergamo misero in serio dubbio la correttezza di Casarin, in barba all’art.1 del Codice di giustizia sportiva. E che l’esposto, presentato in gennaio, è stato archiviato quasi due mesi dopo, con una lentezza investigativa quantomeno curiosa (anche se i giorni trascorsi sono sessanta e non settanta come avevamo scritto)”.
Arbitri problema eterno e nepotismo diffuso tra i dirigenti
Tante correnti di pensiero, da Cragnotti che suggerisce di pescare arbitri dall’estero, a Sensi che chiede a gran voce di puntare solo sui giovani che possono sbagliare ma a differenza degli internazionali, fanno venire meno dubbi.Sensi viene bacchettato da Teotino in un editoriale del 09 giugno2000: “Sorprendente Sensi. Da una parte minaccia rivelazioni sconvolgenti sulle malefatte di Milan e Juventus, dall’altra rivaluta Nizzola e dice un po’ tortuosamente quello che tutti sanno: e cioè che a Perugia la Juventus è stata danneggiata da una classe arbitrale che temeva di essere travolta dallo scandalo De Santis. Sensi finge di dimenticare che la prima botta alla credibilità di questa classe arbitrale è stata data dallo scandalo Rolex”.
Ma quello degli arbitri non è il solo problema che attanaglia il calcio di casa nostra. Si tollera il conflitto di interessi dei procuratori che lavorano anche per le società.
Dietro ai soliti noti, quelli che, come riporta Rigore, hanno alle spalle almeno una ventina di apparizioni al Processo di Biscardi come Canovi (Nesta, Di Biagio, Baronio), Caliendo (Aldair, Boghossian, Ortega), Pasqualin (Bierhoff, Cassano, Del Piero), Branchino (Ronaldo, Rui Costa, Nakata), cominciano a farsi largo giovani rampanti, aggressivi, alcuni dei quali figli d’arte o di ex procuratori diventati dirigenti di società, che gli hanno insegnato segreti del mestiere e passato assistiti.
Rigore, naturalmente, non esita a fare i nomi. Tra loro Alessandro Moggi (Conte, Iuliano, Tacchinardi, Totti e Di Vaio), i fratelli Pastorello (Benarrivo, Brocchi, Fiore e Laursen), Ernesto Randazzo (le mani sulla Primavera dell’Atalanta), Gaetano Fedele (mezzo Napoli più i fratelli Cannavaro), Tinti (I fratelli Inzaghi, Pirlo e Locatelli), Morabito (K.Andersson, D.Andersson, Stankovic), Marrucco (Cirillo, Zola, Di Matteo).
L’ultima nota riguarda i procuratori consulenti di società, per le quali gestiscono il mercato soppiantando la figura del direttore sportivo. Alcuni sotto contratto, altri inquadrati come consulenti esterni, altri ancora semplici consigliori. Tra loro Alessandro Moggi (Napoli), Morabito e Fioranelli (Lazio), Baldini (Roma), Rispoli (Fiorentina), Carpeggiani (Salernitana).
Il regolamento vieta la doppia carica ma, come sottolinea l’impavido Rigore, poco importa perché quasi nessuno viene punito se infrange le regole. È un aspetto controverso: in un calcio stramiliardario e apparentemente organizzato - come avrebbe dovuto essere quello del 2000 - una categoria importante come quella dei procuratori si basa quasi solo sulla deontologia professionale dei suoi componenti. Nonostante gli altissimi interessi in gioco - sostiene il settimanale guidato da Teotino - il vuoto di potere è sconcertante e la Federazione non fa nulla per colmarlo mentre scorrettezze di ogni genere e “furti” di procure restano all’ordine del giorno.
Passa... portopoli!
Conclusi gli Europei con un secondo posto che costa la panchina a Dino Zoff, l’Italia pallonara riprende da dove aveva lasciato: uno scandalo dopo l’altro. L’ultimo - ma solo in ordine cronologico - riguarda l’allegro balletto dei passaporti falsi e rubati, delle naturalizzazioni inesistenti o sospette. Il primo caso riguarda Juan Sebastian Veron, entrato in Italia da argentino e successivamente nazionalizzato grazie ad un presunto antenato calabrese. Il fenomeno prende il nome di Passaportopoli e Rigore, numero dopo numero, comincia a fare i nomi dei calciatori coinvolti. Un altro colpo ben assestato al volto dei magheggioni o meglio, maneggioni del calcio nostrano. Ma non sarà l’ultimo, come vedremo nella prossima puntata.
Raffaele Garinella – Agenzia Stampa Italia