(ASI) È stato lungo il processo per giungere a una comprensione condivisa del perché abbiamo bisogno di collocare lo sviluppo sostenibile al centro della nostra governance e in tutti i livelli della nostra società, dal governo locale ai governi nazionali e dai gruppi regionali come l’Unione Europea alla cooperazione globale.
Sicuramente non è mancato il dibattito legato alla collisione fra crescita economica e sostenibilità ambientale e disuguaglianza sociale: per la moltitudine, la crescita economica, il miglioramento tecnologico e tutte le altre finalità del capitalismo globale rappresentano la malattia che sta contagiando il pianeta e ribadiscono, finché siamo in tempo, di fermare l’avidità su cui si fondano le industrie pesanti.
In questo scenario di contraddizioni si colloca l’evoluzione sostenibile, intesa come “l’evoluzione che soddisfa le esigenze del presente senza compromettere la capacità della generazione futura di soddisfare le proprie esigenze”. Con i giusti obiettivi e adottando le opportune misure, è possibile combinare il progresso e la crescita economica con la sostenibilità ambientale ed eguaglianza sociale.
Ma come ha fatto il concetto di evoluzione sostenibile a diventare l’accordo globale che oggi accumuna migliaia di paesi sotto un unico obbiettivo?
Nel 1972 per la prima volta la diplomazia globale affrontò la collisione di un’economia mondiale in crescita in un pianeta limitato.
Il dibattito prese luogo a Stoccolma durante la “UN Conference on the Human Enviroment” e per la prima volta nella storia i leader mondiali riconobbero l’eventualità di una crescente crisi futura.
Nel 1987 fu coniato il termine evoluzione sostenibile durante la Commissione Brundtland tenuta dal Dr. Gro Harlem Brundtland, uno dei più grandi statisti di tutti i tempi.
Questo termine fu adottato in un’altra famosa conferenza tenuta a Rio de Janiro nel 1992, “The Rio Earth Summit” durante la quale vennero stabiliti tre trattati tutt’ora capisaldi della sostenibilità ambientale: cambiamento climatico, diversità biologica e degradazione della terra.
Venti anni dopo ci si rese conto che quei trattati non furono stati implementati e che il mondo si stava dirigendo pericolosamente verso un disastro ambientale.
Così nel 2012, durante un incontro in onore del 20esimo anniversario del
Rio Earth Summit, i governi mondiali decisero di adottare i cosiddetti “Sustainable Development Goals” o SDGs.
Nei 3 anni successivi, i membri delle Nazioni Unite stabilirono i punti essenziali degli SDGs e concordarono un quadro generale di azione.
Nel 2015 a Parigi, i governi di 193 Paesi membri dell’ONU sottoscrissero Agenda 2030, un programma di azione per le persone, il pianeta e la prosperità
Agenda 2030 rappresenta un quadro di cooperazione globale per raggiungere l’evoluzione sostenibile durante il periodo 2016-2030, all’interno del quale vengono elencati 17 obiettivi comuni su un insieme di questioni importanti per lo sviluppo in materia di salute, istruzione, accesso all’infrastrutture di base, fine della povertà, parità di genere, ambiente sostenibile e altri.