(ASI) C’è stato un tempo in cui il Perugia militava in serie A. Sembra trascorsa un’eternità da quegli anni fatati in cui i miti cantati e le contestazioni care a Guccini erano già ricordi lontani. Non era il Perugia dei miracoli, ma un miracoloso Perugia, condotto dalla famiglia Gaucci da Barletta fino a Eindhoven. Una squadra colma di campioni che di lì a poco avrebbero sollevato al cielo prestigiosi trofei.
Ma anche di scommesse mai riuscite e talenti sfioriti. Storie di uomini, anime nobili o meno, sempre pronte a correre dietro ad un pallone.
Tra questi giocolieri c’è stato anche chi, partito dal lontano Ecuador con direzione corso Vannucci, ha unito cuori di tanti appassionati e spezzato quello di qualche donna di troppo. Jaime Iván Kaviedes, promessa sudamericana, arriva in Italia durante il mercato di riparazione della stagione 1998/99. È il Grifo targato Boskov e griffato Nakata, ieri samurai all’ombra di Sant’Ercolano, oggi imprenditore di successo e produttore di Sakē. L’infanzia di Kaviedes è stata tutt’altro che semplice. Schiaffi in faccia di quelli che non lasciano il segno solo sul viso, ma che graffiano il cuore per sempre. A sei anni per colpa di un fato crudele camuffato da incidente stradale, saluta per sempre i genitori. Un vuoto interiore mitigato solo da partite giocate sullo sterrato. Ma il destino, spesso infausto, qualche volta sa essere generoso, e Kaviedes non si lascia sfuggire l’occasione di indossare la maglia dell’Emelec, squadra di Santiago de Guayaquil.
Il genio intrappolato nella lampada esplode con tutta la sua classe. Un fiuto straordinario per il gol che lo porta a realizzare 43 reti in 34 partite. Numero 9 sulle spalle degno dei più grandi centravanti, velocità e tecnica che deliziano il raffinato palato di Luciano Gaucci. A Perugia Kaviedes indossa la 33 - la 9 è occupata - ma al posto del cognome si fa ricamare sulle spalle Nine, il suo numero. L’avventura nel campionato italiano comincia bene; un gol alla Juventus nella sconfitta per 2-1, poi altre due reti contro Sampdoria - superbo tiro al volo da fuori area - e contro l’Inter. Ma si tratta solo di facili illusioni, il genio rincasa troppo presto e Perugia non ha la forza per strofinare efficacemente quella lampada.
Troppo grandi i demoni che Nine si porta dentro e che lo accompagnano anche al Celta Vigo. Gli esorcismi latitano, come i gol in Galizia, e la nuova esperienza si rivela fallimentare. La gloria sembra riabbracciarlo durante il definitivo ritorno in Ecuador. Grazie ad una sua rete la Selección conquista la qualificazione ai mondiali in Corea e Giappone. Kaviedes riscrive la storia sportiva del suo País, ma non basta ad evitargli la conoscenza delle droghe. Di magico in quella polverina non c’è nulla, e a rotolare verso la rete non è più l’amico pallone, ma quella vita presa a calci a suon di eccessi. Dipendenza contenuta nel 2016 con un ricovero forzato, ma tentazione sempre libera di bussare alla sua porta. Una sfida continua, una guardia da non abbassare mai e la solita nostalgia per quella maglia numero 9. Colpi di genio e di testa di Kaviedes, El Nine de Perugia.
Raffaele Garinella - Agenzia Stampa Italia