(ASI) Dopo il caos Rolex, orologi di grande valore - mica quelli dei vucumprà - regalati agli arbitri per la festa di Natale, la sfida tra Juventus e Roma è dietro l’angolo. Bianconeri in testa con 47 punti, giallorossi di Capello distanziati di cinque punti. Si tratta di una sfida che può indirizzare lo scudetto verso Torino, oppure riaccendere le speranze della Roma, ma anche del Milan e della Lazio. Il fischietto designato è Stefano Braschi di Prato.
Nel frattempo Franco Sensi torna a parlare e lo fa rilasciando una intervista proprio al direttore di Rigore, Gianfranco Teotino, che aveva fatto scoppiare il caso. Il presidente della Roma afferma che Federcalcio e Lega non contano nulla e che i veri padroni del vapore, secondo il fondatore della compagnia Italpetroli, mica un pinco pallino qualsiasi, sono le due società che dal 1992 si dividono gli scudetti (Milan e Juventus ndr). L’implacabile Teotino arriva addirittura a chiedere provocatoriamente a Sensi “se ha pronto un nuovo Rolex per l’arbitro Braschi”. Sensi attribuisce la questione dei Rolex ad una strumentalizzazione di Galliani e che la Roma è trasparente come non mai! La Juventus vincerà contro la Roma per 2-1, con reti di Davids e Pippo Inzaghi, intervallate dal momentaneo pareggio di Delvecchio.
La partita - tanto per non farci mancare nulla - non scorre via liscia come l’olio. Tifosi e giornalisti si dividono. Darwin Pastorin, non una “penna” di secondo piano, invia una lettera alla redazione di Rigore e, da simpatizzante dichiarato della Vecchia Signora, invita “chi sa a parlare, a denunciare tutto alla magistratura sportiva ed ordinaria”. “Fuori le prove - tuona Pastorin - oppure basta col teatrino dei veleni, delle accuse per sentito dire, delle polemiche più o meno striscianti. Io amo il calcio degli errori onesti, degli arbitri che possono sbagliare. E da juventino non mi sono mai sentito un ladro. Perché conosco lo stile della società bianconera, la sua storia, la sua cultura”.
Enrico Vanzina, celebre regista e romanista doc, sempre via posta indirizza una missiva a Rigore, con toni duri: “L’unica svista di Braschi è di quelle che pesano, perché sullo zero a zero ha abbonato alla Juventus un calcio di rigore contro ed una espulsione eccellente. Ma, dicono, le sviste arbitrali fanno parte del gioco, quindi vanno accettate. Ed io, da tenace tifoso giallorosso, le accetto. Tanto non mi cambia molto. Sono anni che accetto decisioni talvolta inaccettabili.”
In buona sostanza, le ombre restano e, senza girarci troppo attorno, riguardano sempre le solite squadre e i soliti noti. Come se non bastasse, gli arbitri continuano a ricevere e pretendere doni. Rigore cita l’esempio di Empoli-Brescia, una partita in calendario il 10 gennaio 2000. L’arbitro è Graziano Cesari, anche allora sempre abbronzato ed elegante, robe da boutique mica da grandi magazzini. Bene, l’arbitro genovese, assistito dagli assistenti Biasutto e Stevanato, e dal quarto uomo, Galvani, quando entrano nello spogliatoio non trovano nulla di quanto si aspettassero. “Abbiamo perso le buone abitudini?” domanda Cesari ad un dirigente toscano. “No, sapete...”. Compresa l’antifona, i dirigenti dell’Empoli fanno subito recapitare ai quattro altrettanti giacconi in pelle, produzione dell’azienda del presidente degli azzurri di casa. Nota a margine, se Rigore arriva a scrivere della lagnanza di Cesari vuol dire che la fonte della notizia era sicura, affidabile. Del resto, nessuno smentisce! A lamentarsi non è solo la Roma, ma anche il compassato Eriksson dall’altra sponda del Tevere che sbotta di fronte ad errori in serie della classe arbitrale che - guarda un po’ - penalizzano la sua Lazio lanciata all’inseguimento della Juventus. Lo svedese perde il proverbiale savoir-faire e si lascia andare a dichiarazioni piuttosto forti. “Giochiamo sempre in undici contro dodici”.
Il presidente del consiglio, Massimo D’Alema, rilascia una intervista sempre a Gianfranco Teotino e, dalle colonne di Rigore, segnala l’anomalìa di una situazione non più sostenibile. Peccato che basterà una telefonata di Antonio Giraudo a Walter Veltroni, segretario dei DS, juventino dalla nascita, che minaccia una clamorosa e misteriosa protesta bianconera per far cambiare idea al potente presidente. D’Alema compie una clamorosa inversione ad “u” e dichiara: “la mia non era una critica alla Juventus, anzi un elogio”.
La verità è che il progetto della Lega, voluto da Carraro si rivela sempre più un fallimento. Con l’arrivo di Nizzola e Carraro viene cancellata totalmente la designazione di una commissione di arbitri, come avveniva nella gran parte dei paesi calcisticamente evoluti. Vengono introdotti sistemi di designazione basati su computer violabili (97/98), quasi integrali per fasce (98/99), fino al sorteggio per gruppi di gare di pari difficoltà (99/2000). Un sistema, quest’ultimo, che aveva la pretesa di garantire una equa casualità per tutti, ma con intervento alla bisogna di Bergamo e Pairetto, espressioni di differenti correnti della Lega. Un sistema basato sul conservatorismo che prevede l’indissolubile binomio gara importante-arbitro esperto. Futuro che, secondo Rigore, penalizza i giovani a discapito di arbitri senatori internazionali ed esperti.
La Juventus si sente attaccata ed affida a Luciano Moggi la difesa. Moggi, a sua volta, attacca la stampa, ma riceve pan per focaccia. Ospite alla Domenica Sportiva, Big Luciano si scontra con Roberto Beccantini, giornalista illuminato e capo dei servizi sportivi de “La Stampa”. Moggi vuole assurgersi a ruolo di vittima, ma Beccantini, che non crede che la Juventus possa camuffarsi da un’ingenua Cappuccetto Rosso, non le manda a dire: “Se la Juve si lamentasse degli arbitri, sarebbe come se il Papa si lamentasse dei disagi per il Giubileo”. Massimo Gramellini inserisce Moggi nella “gang dei piagnoni”dopo le proteste - incredibile ma vero - al termine della gara di Udine. Giraudo si mostra indispettito ed irritato per la rubrica “Assist” pubblicata venerdì 11 gennaio 2000 su “La Stampa”, il quotidiano di proprietà della Fiat. Una polemica fatta in casa. Viene suggerita alla Vecchia Signora la sede di Settimo Torinese per la costruzione del nuovo stadio, ma il quotidiano adopera una punta di aspra ironia: “Come sede la Juventus sta pensando anche a Settimo: località comodissima, comandamento troppo impegnativo”.
La questione arbitrale è solo la punta di un iceberg, come suggerisce Julio Velasco che, attraverso il suo punto di vista palesato sempre su Rigore, illustra la possibilità di ridisegnare la mappa del potere per garantire ai privati (società e imprenditori) una maggiore cura dei loro interessi. Per far questo ci vuole uno Stato (Federazione e Coni) autorevole e forte. Utopìa, anche perché gli arbitri continueranno a sbagliare ad appannaggio sempre dei club più forti. La Juventus corre verso lo scudetto e Rigore procede con speditezza alla ricerca della verità. Solo l’acqua benedetta della pioggia perugina, con il protagonista per eccellenza, Pierluigi Collina, avrebbe lavato gli errori di un campionato intero. Ma attenzione: la settimana prima ne accaddero di cotte e di crude e Rigore ancora una volta era sul pezzo! Curiosi? Nessuna fretta, nella prossima puntata sveleremo l’arcano.
Raffaele Garinella - Agenzia Stampa Italia
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