Il risarcimento del danno dei congiunti: l’individuazione dei soggetti legittimati attivi ed i criteri di prova della sussistenza del vincolo affettivo.

codcivil(ASI) Nei precedenti articoli con il medesimo oggetto, ove è stato sommariamente percorso l’iter per l’affermazione ed il riconoscimento della tutela risarcitoria delle vittime secondarie dell’illecito, abbiamo osservato come si sia fatta strada oramai una concezione molto ampia dei familiari legittimati all’azione risarcitoria, tale da far considerare oramai superata la tesi della delimitazione dei legittimati attivi ai soli titolari di interessi riconducibili ad un rapporto giuridico di diritti e doveri reciproci.

Il fondamento dell’azione risarcitoria dei congiunti si è quindi oramai assestato in maniera definitiva sulla tutela dei sentimenti di affetto tra vittime principali e vittime secondarie, tanto che  risulta oramai confermata l’estensione  del novero dei legittimati attivi a tutti i soggetti conviventi anche soltanto quali familiari di fatto,  prescindendo del tutto dalla sussistenza di diritti e doveri  contemplati ex lege.

Ed infatti, “il riferimento ai “prossimi congiunti” della vittima primaria, quali soggetti danneggiati iure proprio, deve essere inteso nel senso che, in presenza di un saldo e duraturo legame affettivo tra questi ultimi e la vittima, è proprio la lesione che colpisce tale peculiare situazione affettiva a connotare l’ingiustizia del danno ed a rendere risarcibili le conseguenze pregiudizievoli che ne siano derivate, a prescindere dall’esistenza del rapporto di parentela, affinità o coniugio giuridicamente rilevanti come tali.

Essendo oramai pacifico che il sistema risarcitorio per quanto concerne il danno non patrimoniale, si estende ai congiunti, perché il loro diritto alle relazioni familiari è costituzionalmente tutelato (in primis sul piano dell’intangibilità degli affetti familiari quali diritti della personalità), e risultando altresì chiaro come non ricorrano più particolari impedimenti sul piano del nesso causale ogni qualvolta è soddisfatto il criterio dell’id quod plerumque accidit, ne consegue che, come pure già fu preconizzato dalle Sezioni Unite, la selezione delle pretese risarcitorie dei  congiunti danneggiati per i pregiudizi non pecuniari viene a giocarsi sul piano della prova, cioè, in buona sostanza,  della dimostrazione dei singoli pregiudizi risarcibili.

Tale prova, ai sensi dell’art 2043 e 2059 c.c. deve essere data dal danneggiato medesimo in termini anche presuntivi, ma pur sempre concreti, valorizzando, da un lato il rapporto con la vittima primaria e, dall’altro, le lesioni da quest’ultima subite e tali da comportare pregiudizio diretto anche nei propri confronti.

 In altre parole, va ribadito che l’individuazione della situazione qualificata che dà diritto al risarcimento, trova un utile riferimento nei rapporti familiari, anche se la mera titolarità di tale rapporto non può ritenersi sufficiente a giustificare la pretesa risarcitoria, occorrendo di volta in volta verificare in che cosa il legame affettivo sia consistito ed in che misura la lesione subita dalla vittima primaria abbia inciso sulla relazione fino a comprometterne lo svolgimento.

Anche la Suprema Corte ha avuto modo di chiarire quanto agli oneri probatori della legittimazione attiva, che “la risarcibilità dei danni morali per la morte di un congiunto causata da atto illecito penale richiede, oltre all’esistenza del rapporto parentale, il concorso di ulteriori circostanze tali da far ritenere che la morte del familiare abbia comportato la perdita di un effettivo valido sostegno morale, rilevando che deve tuttavia considerarsi come il legislatore non abbia inteso estendere la tutela ad un numero, a volte indeterminato, di persone, le quali, pur avendo perduto un affetto, non hanno una posizione qualificata perché venga in considerazione la perdita di un sostegno morale concreto”.

In relazione alle domande aventi per oggetto danni non patrimoniali reclamati dalle vittime secondarie, si può quindi affermare che il primo criterio selettivo è offerto dalla prova di una relazione affettiva familiare concretamente suscettibile di protezione (cioè la cui lesione sia tale da configurare un danno ingiusto ed al contempo rilevante ex art  2059 c.c.), prova che potrà essere fornita attraverso meccanismi semplificati, quali le presunzioni ed il fatto notorio.

Diversamente, i suddetti meccanismi probatori  non possono essere  ritenuti sufficienti a fondare la legittimazione della tutela risarcitoria dei  familiari che non appartengono  alla famiglia (legale o di fatto) nucleare “allargata”, che di contro dovranno fornire una prova rigorosa della sussistenza del vincolo affettivo

Si può quindi affermare che i criteri di selezione dei congiunti legittimati all’azione iure proprio dipendano e varino a secondo della natura (patrimoniale e non patrimoniale) e del tipo di pregiudizi domandati in risarcimento da ciascuno di costoro, dovendosi distinguere tra almeno tre tipologie pregiudizi:

  • il pregiudizio non patrimoniale: in tale fattispecie il diritto ad agire del congiunto ruota essenzialmente intorno alla prova di un particolare e concreto rapporto affettivo con la vittima principale.
  • Il danno patrimoniale da perdita oppure riduzione di apporti economici della vittima principale, in questo caso la legittimazione attiva non dipende dalla dimostrazione di una relazione affettiva, bensì dalla prova del sostegno economico che la vittima principale elargiva prima dell’evento dannoso e che, se non fosse occorso il sinistro, avrebbe continuato ad elargire (indipendentemente dalla sussistenza di un rapporto di dipendenza economica totale o parziale, ed a prescindere dalla ravvisabilità di un dovere legale di contribuzione economica).
  • Danno patrimoniale da esborsi economici (passati o futuri) causalmente giustificati dal decesso o dal ferimento del congiunto.

 In conclusione, va specificato che il problema della individuazione dei soggetti legittimati attivi  alla richiesta risarcitoria connesse alla perdita o al ferimento di un congiunto si è posto soprattutto in relazione alle domande  risarcitorie aventi per oggetto i pregiudizi non patrimoniali, in merito alle quali si è giunti alla convinzione  che la selezione delle pretese risarcitorie dei congiunti non possa che effettuarsi caso per caso, soprattutto sul piano dell’accertamento dell’effettiva titolarità dell’ attore al rimedio risarcitorio.

Francesco Maiorca – Agenzia Stampa Italia

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