(ASI) Il termine bullismo racchiude l’insieme di azioni messe in atto da uno o più bambini/adolescenti - definiti bulli - nei confronti di altri bambini/adolescenti, definiti vittime. Si parla di bullismo quando tali azioni sono continue e costanti nel tempo.

Diretto o indiretto - Il bullismo può essere diretto o indiretto. Nel primo caso l’offesa verbale/fisica nei confronti della vittima è esplicita, mentre si parla di bullismo indiretto quando la vittima risulterà isolata o esclusa dai gruppi di pari. Un’altra forma di bullismo indiretto conduce alla diffusione di voci non veritiere, atte a screditare la vittima agli occhi degli altri. Quando le offese si manifestano attraverso l’uso di telefoni cellulari, internet o servizi di messaggistica, si parla di cyberbullismo.

Chi è la vittima - Spesso la vittima è meno forte - fisicamente - dei bulli, molto più brava a scuola, sensibile e dotata di ottime capacità comunicative con gli adulti. Le vittime risultano colpite per il loro aspetto fisico - sono sovrappeso o sottopeso - perché portano gli occhiali, o magari per come si vestono. Da un punto di vista psicologico la vittima manifesta disagio con riduzione dell’autostima, rifiuto della scuola, attacchi di panico, ansia, disturbi del sonno. In ultima analisi potrebbe sviluppare un vero e proprio disturbo depressivo.

Bulli e gregari – Il bullo si presenta privo di empatia, spavaldo, aggressivo, con tendenza al dominio ed alla prevaricazione. È manipolativo e si avvale - nelle sue azioni - dell’ausilio di gregari, ovvero bambini/adolescenti che eseguono alla lettera gli ordini del bullo, identificandosi con lo stesso tramite un falso sé dominante. Obbedendo al bullo il gregario non diventerà mai vittima e questo lo porrà in uno stato di tranquillità.

Meccanismi di difesa e psicoterapia familiare-  L’osservazione è la prima difesa che possiamo mettere in atto nei confronti del bullismo. Un bambino/adolescente che torna a casa silenzioso, che si isola, deve attirare la nostra attenzione. Il rifiuto della scuola, dei compagni di classe, sono segnali che non possiamo e non dobbiamo sottovalutare. Il primo approccio terapeutico è rappresentato dalla psicoterapia familiare. Bisogna aiutare la vittima nella elaborazione dei propri vissuti. L’obiettivo è condurlo a raccontare tutto con chiarezza e senza timore di essere giudicato o etichettato come debole.

Conclusioni - È fondamentale riacquistare l’autostima, la fiducia e la sicurezza nei propri mezzi. Per farlo servono comprensione e collaborazione, che devono partire dal nucleo familiare, per poi svilupparsi attraverso la psicoterapia e l’ausilio di personale qualificato.

Raffaele Garinella -  Agenzia Stampa Italia

 

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