Il presidente del Parlamento europeo traccia a Kmetro0 un bilancio dell’ultima legislatura quasi conclusa e allontana il rischio di un’Europa populista e sovranista
«L’Europa va cambiata, non va distrutta. Per questo, su mia precisa iniziativa, ho già ricevuto a Strasburgo 11 capi di Stato e di governo europei, invitati a presentare la propria strategia per il futuro del progetto europeo, innanzi all’unica istituzione europea eletta dai cittadini». Così esordisce, in un' intervista esclusiva rilasciata alla testata, cartacea e online, “K metro0” , specializzata nei temi europei, Antonio Tajani, giornalista, e presidente del Parlamento europeo. Sulla Difesa ricorda che «pochi mesi fa, lo scorso 3 luglio, il Parlamento europeo ha approvato il primo fondo industriale UE per finanziare progetti comuni nel settore della difesa (EDIDP). Pacchetto che prevede 500 milioni di euro per iniziative industriali nel biennio 2019-2020; la promozione della cooperazione tra Stati membri e imprese europee; l’ottimizzazione delle capacità di difesa, riducendo la duplicazione di equipaggiamenti; misure per il completamento del mercato unico della difesa».
Interpellato da Kmetro0 https://kmetro0.it/ sull’Europa che verrà, ha risposto che «alle prossime elezioni europee il PPE sarà determinante e centrale. Tutti insieme i partiti populisti o sovranisti non arriveranno a 200 deputati, quindi non saranno decisivi per le sorti dell’Europa. Staremo a vedere, intanto noi vogliamo vincere queste elezioni». Convinzione che matura a distanza di una settimana dal congresso del PPE ad Helsinki, in Finlandia, organizzato per prepararsi al meglio in vista dell’appuntamento elettorale di maggio 2019.
In definitiva, per Tajani «Bruxelles deve essere considerata dalla classe dirigente, sia imprenditoriale che politica, alla stregua di una “seconda capitale” da affiancare a Roma. Nel corso degli anni, l’industria italiana si è attrezzata bene, grazie all’ottimo lavoro svolto a Bruxelles dalla delegazione di Confindustria. Non posso dire la stessa cosa per quanto riguarda la politica. Pur contando sul supporto di una valida rappresentanza permanente, spesso i ministri italiani disertano le riunioni o i gruppi di lavoro, preferendo farsi rappresentare a Bruxelles o nel Lussemburgo dai rispettivi sottosegretari», ha concluso.
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Si ringrazie "Kmetreo0" per l'autorizzazione della pubblicazione.