(ASI) Padova - 100 anni fa giungeva in Europa la "Spagnola", la famigerata pandemia influenzale passata alla storia come "il peggior disastro dell'umanità". Nel giro di soli sei mesi, tra l'ottobre del 1918 e l'aprile del 1919, il virus contagiò un miliardo di persone, mietendo cinquanta milioni di morti, più di quanti ne fece lo stesso conflitto mondiale.
Un virus altamente letale, che in Italia si stimi abbia ucciso tra le 375.000 e le 650.000 persone. Chi contraeva il virus aveva il 70% di possibilità di morte certa. Prese il nome di "Spagnola" poiché la Spagna era una nazione neutrale durante il conflitto, e l'esistenza di questa epidemia venne descritta solamente dai giornali iberici. Al contrario, negli altri Paesi del continente, il tutto venne occultato, o relegato ad un problema spagnolo. L'epidemia fu devastante tuttavia in tutta Europa e negli Stati Uniti. A ricordare la più terribile delle pandemie vi sono le croci bianche del cimitero di Spitzbergen, nell'arcipelago delle Svalbard, in Norvegia. Nel 1999 il virus venne riesumato e studiato da vicino nei corpi conservati dal terreno ghiacciato. Si è appresa così la sua stretta parentela con i virus dell'influenza tipici dei volatili, e lo studio ha potuto ottenere informazioni preziose per eventuali nuove aggressioni o successive mutazioni. I volatili e i suini sono grandi portatori del ceppo virale, come è accaduto nell'ultima pandemia avvenuta nel 2009, la cosiddetta 'febbre suina', causata da una nuova variante del virus A/H1N1.
Valentino Quintana - Agenzia Stampa Italia