(ASI) Il 15 dicembre da Montpellier erano rientrate in gran segreto le spoglie di Elena del Montenegro, penultima regina d’Italia. Sempre a Mondovì, in provincia Cuneo, dopo un paio di giorni è toccato al marito Vittorio Emanuele III, il re morto in esilio ad Alessandria d’Egitto il 28 dicembre del 1947.
Settant’anni dopo la loro morte, la traslazione dei reali, voluta dal Quirinale, solleva polemiche. Lo spostamento delle spoglie era avvenuta nella massima riservatezza, ma a darne per prima la notizia è stata la nipote Maria Gabriella di Savoia che, ringraziando il presidente Sergio Mattarella, ha attirato a sé critiche nelle istituzioni e da parte delle associazioni partigiane e delle comunità ebraiche italiane. La famiglia reale ora vorrebbe spostare le spoglie al Pantheon, a Roma, ma dall’altra parte c’è lo sdegno della comunità ebraica di Roma, che attraverso la sua presidente, Ruth Dureghello, ha contestato la figura del monarca durante il ventennio fascista: «Ulteriori richieste sono da ritenere inopportune, inadeguate e immeritate rispetto al tradimento operato di Vittorio Emanuele», ha detto al Tg1. «È già stata generosa la disponibilità del Quirinale al rientro delle salme con un volo di Stato. La sepoltura al Pantheon sarebbe uno scempio, un’offesa alla memoria di chi per le leggi razziali è stato deportato dal ghetto di Roma, per andare nei campi di sterminio nazisti. Stesso discorso per i militari italiani uccisi e fatti prigionieri nel 1943. Dobbiamo tutti ricordare chi era veramente Vittorio Emanuele III. Omaggiarlo oggi sarebbe inaccettabile».
Per chi critica la figura di Vittorio Emanuele e della moglie Elena, è già tanto che le loro salme siano rientrate in Italia. Ma perché, dopo 70 anni, la coppia reale suscita ancora tanto sdegno nella memoria del Paese?
Vittorio Emanuele III – Divenne re d’Italia nel 1900 dopo la morte del padre Umberto I, per mano dell’anarchico Gaetano Bresci, e rimase al trono fino al 1946, quando abdicò a favore del figlio Umberto II. Un lungo Regno che conobbe le due guerre mondiali e parte della più tragica storia del Novecento italiano. Piccolo di statura, tanto da accorciargli la spada che portava sul fianco, fu monarca di uno stato coloniale che conquistò Libia ed Etiopia, ma per vent’anni assoggettato al ventennio fascista. Quel che gli viene maggiormente contestato è il rapporto di sudditanza al regime mussoliniano, che gradualmente svuotò lo Stato di ogni potere a favore del fascismo, sebbene il re fosse politicamente un liberale. Vittorio Emanuele III con Benito Mussolini non andò mai oltre i rapporti formali, ma per gli storici non ebbe la forza di opporsi alle scelte del Duce. Le ragioni della polemica sollevata dalle comunità ebraiche italiane riguarda le leggi razziali del governo fascista, firmate dal monarca. Il re non era d’accordo con queste disposizioni, ma non le criticò mai pubblicamente. Vittorio Emanuele non fece nulla, nel momento di massimo consenso per Mussolini, il 1938, per quanto il principio di non discriminazione fra i sudditi del Regno fosse uno dei dogmi dei Savoia e dello Statuto Albertino del 1848. Verso la fine della seconda guerra mondiale, quando il conflitto stava volgendo a favore degli Alleati, il re promosse il governo Badoglio, dopo aver dimissionato di Mussolini il 25 luglio 1943, per uscire dal conflitto senza destabilizzare l’ordine pubblico. Con le pressioni dei tedeschi a nord e lo sbarco degli americani a sud, Vittorio Emanuele scelse però di fuggire a Brindisi, lasciando l’esercito italiano dislocato e senza ordini. Un completo sbando che permise ai tedeschi di punire il tradimento italiano con 20mila vittime e 800mila prigionieri nell’arco di 10 giorni. Un episodio che generò un grande risentimento nei confronti di una monarchia incapace di prendersi le sue responsabilità in un momento di difficoltà dello Stato. Il 9 maggio del 1946 il re abdicò a favore del figlio, a un mese dal referendum istituzionale sulla scelta fra Repubblica e Monarchia. Con la vittoria della prima, Vittorio Emanuele si ritirò in esilio in Egitto, dove morì il 28 dicembre dell’anno dopo.
Elena del Montenegro – Moglie di Vittorio Emanuele III e detta “del Montenegro” perché figlia del futuro re del Montenegro Nicola I. Sposa il re d’Italia dopo averlo conosciuto al teatro La Fenice di Venezia, in un incontro combinato dalla madre di Vittorio Emanuele, la regina Margherita di Savoia. La monarca voleva si interrompesse la tradizione dei matrimoni fra consanguinei e vide nella principessa montenegrina la compagna perfetta per il figlio. I due si sposarono il 24 ottobre del 1896, nella basilica religiosa romana di Santa Maria degli Angeli. Ebbero 5 figli, quattro femmine e un maschio, il futuro erede al trono Umberto II. Elena assecondò sempre le scelte politiche del marito, senza intromettersi negli affari di Stato, mentre in più occasioni si dedicò all’ambito umanitario. Con il terremoto del 28 dicembre del 1908 a Messina e Reggio Calabria, si spese per i soccorsi in prima linea e fece crescere la sua popolarità. Poi, durante la prima guerra mondiale, trasformò in ospedali sia il Quirinale sia Villa Margherita, secondo il bisogno. Il 9 settembre del 1943 seguì Vittorio Emanuele nella fuga di Brindisi, subito dopo che venne reso noto l’armistizio con gli alleati sbarcati a sud. Andò in esilio con il marito in Egitto nel 1946, ma dopo la morte di questi, nel 1950 si scoprì malata di cancro. Si spostò in Francia per affrontare un intervento chirurgico, ma nel novembre del 1952 morì a Montpellier, dove le spoglie erano rimaste sepolte fino a oggi.
Lorenzo Nicolao – Agenzia Stampa Italia