(ASI) Il termine ribà viene comunemente tradotto come usura, più precisamente il concetto in esso incluso è molto più ampio rispetto all’usura, poiché si riferisce al contratto di prestito basato sull’applicazione di interessi.
Ciò significa che il Corano vieta ogni pagamento di interessi, ossia la dottrina musulmana vede l’interesse come una partecipazione agli utili in cambio dell’impiego di un capitale. Secondo questa definizione è inaccettabile fissare ex ante il tasso di interesse, come accade nelle banche convenzionali, visto che non si può conoscere né il tasso reale di crescita dei capitali né la redditività effettiva dei diversi settori di investimento. La proibizione del ribà si fonda sul concetto secondo il quale non ci può essere guadagno senza l’assunzione di rischi: il profitto, in una visione islamica, sarebbe legittimato solo dal rischio. È su questa base che è nata e si evolve la finanza islamica sostituendo al tasso di interesse il tasso di profitto che costituisce la misura reale della crescita effettiva del capitale attraverso il suo impiego e investimento.
Ma prima di continuare nella analisi sarebbe opportuno chiarire cosa si intenda con il termine finanza islamica .
E’ «un sistema etico ed equo» che trae i suoi principi dalla Shari’a, la legge islamica, e dal Corano. Essa è un sistema di Mu’amalat ossia l’insieme di relazioni di tipo economico tra le persone in cui le condizioni delle operazioni finanziarie devono riflettere una distribuzione simmetrica di rischi/rendimenti fra ciascuna delle controparti; tutte le transazioni finanziarie devono essere direttamente o indirettamente collegate a operazioni riferite all’economia reale; ogni relazione economica viene regolata da contratti tipici, il cui corretto adempimento deve essere giudicato sulla base non tanto delle effettive prestazioni, quanto della buona fede e dell’equità dei comportamenti di ciascuna parte.
I banchieri nel sistema islamico condividono con i loro clienti il rischio creditizio, assumendo depositi e svolgendo tutte le attività normali di banca senza utilizzare né il tasso d’interesse né la speculazione, elementi proibiti dall’Islam. Oltre al divieto di ribà sono espressamente vietate pratiche economiche che implicano i concetti di irragionevole incertezza, di speculazione e tutto ciò che viene definito Haram.
Il concetto di Haram invade anche la sfera degli investimenti, nel senso che la banca islamica può investire solo su pratiche e prodotti che non siano proibiti dalla Shari’a, di conseguenza non può investire su alcol, gioco d’azzardo, tabacco, armi... Islamic banking è da tempo in crescita, con un tasso medio tra il 15% e il 20% all’anno, una crescita dovuta all’aumento della massa monetaria soprattutto nei Paesi produttori di petrolio.
In Italia, pur presenti circa 900 mila musulmani, l’Islamic banking sta muovendo i suoi primi passi solo oggi, attraverso la sottoscrizione, avvenuta lo scorso settembre, dell’accordo di collaborazione tra l’Abi e l’Uab.
Questo accordo mira a creare un insieme di relazioni atte a favorire la nascita di partnership tra gli intermediari italiani e quelli arabi.
Il sistema bancario Islamico è partito dai Paesi del Golfo e adesso vediamo che in Europa vi sono alcune banche islamiche che hanno ottenuto il permesso dalle rispettive banche centrali di operare, ad esempio nel Regno Unito e in Svizzera.
E l’ Italia che cosa sta facendo? Il settore bancario italiano guarda con grande attenzione alla finanza islamica e, più complessivamente, alle importanti opportunità di investimento e di collaborazione offerte dai Paesi del Golfo. Per il momento, nel nostro Paese non ci sono ancora banche con sportelli o sussidiarie "Shari’a compliant", anche in considerazione delle dimensioni ridotte della comunità musulmana che vive e lavora in Italia, rispetto per esempio a quelle di Francia e Germania. In prospettiva, tuttavia, è prevedibile che proprio gli stimoli e le opportunità offerte dal mercato possano orientare l’industria bancaria anche verso questo segmento di operatività e in particolare verso il comparto dell’investment banking, intercettando gli elevati flussi di liquidità provenienti dai Paesi arabi».
Ma sono sempre le questioni burocratiche a livello parossistico che bloccano le iniziative di sviluppo e partnership.
In altri Paesi decolla e noi disquisiamo.
Allora è opportuno evidenziare e chiarire quali sono termini di governance di una banca islamica:la nostra analisi altro non è che il frutto di uno studio e di un convegno svoltosi ad Assisi nel 2012 avente ad oggetto “BANCA ISLAMICA e BANCA OCCIDENTALE. Fine (seconda parte, segue...
Mauro Norton Rosati di Monteprandone - Agenzia Stampa Italia
La Banca Islamica apre in Italia: concorrenza o sinergia? (Prima parte)