.(ASI) L’Amministratore delegato di Bank Al-Maghrib Abdul Latif Aljwahiri ha annunciato, Martedì scorso durante una conferenza stampa, che la prima banca islamica marocchina sarà attiva nel 2016.
Il Marocco sta valutando anche le proposte di investimento estere avanzate da parte di istituti finanziari islamici stranieri: 15 sono state le richieste dall’estero contro 3 locali.
La Banca Centrale ha anche annunciato la pianificazione di un Mercato Interbancario Islamico, poiché il paese si sta preparando a lanciare modi islamici di finanziamento. Aljwahiri ha dichiarato che le banche islamiche del Regno potrebbero stringere accordi tra di loro, tramite il concetto di wakala, al fine di assicurarsi disponibilità di liquidità.
Questi passi che il Marocco sta compiendo nel settore della finanza Shariah compliant rientrano nella strategia del governo Benkirane di stimolare la crescita economica interna e attrarre nuovi capitali dall’estero. La creazione di una banca islamica sarà il primo risultato concreto in questa direzione.
Nel giugno del 2014 il parlamento marocchino ha votato all’unanimità la legge che approvava l’introduzione di strumenti di “finanza partecipativa”. Questo é il nome ufficiale usato in Marocco per indicare la finanza islamica.
Il Marocco aveva già annunciato la creazione di una Commissione Shariah incaricata di supervisionare le questioni sciariatiche legate allo sviluppo della finanza islamica nel Regno.
Come può la finanza islamica sbarcare anche in Italia? Come può recepirla il sistema creditizio italiano? Di fronte alla recente crisi dei mutui la struttura del sistema finanziario islamico ha messo al riparo i suoi investitori da questo genere di crisi: la banca islamica può proporsi come modello etico di finanza solidale? «L’etica viene da molti considerata, in modo più o meno cosciente, come una serie di prescrizioni astratte che vengono imposte dall’alto per chissà mai quali motivi sostanzialmente connessi all’esercizio del potere di qualcuno. Per etica si intende, invece, il comportamento concreto che ciascuno tiene nella vita quotidiana al momento in cui opera o non opera una scelta. Vi è quindi una sicura correlazione positiva fra il livello morale di una società e il suo grado di benessere economico: quanto maggiore è il livello morale tanto maggiore è il grado di benessere; di converso, un basso livello morale impedisce lo sviluppo economico della società nel lungo periodo. In altri termini, il comportamento morale è condizione necessaria a ogni processo di sviluppo economico sostenibile. In tale contesto generale attuale, di crisi finanziaria mondiale derivante da una perdita di vista dell’etica, il modello di finanza etica proposto dall’osservanza dei precetti della Shari’a è, a mio avviso, un modello che nel corso del prossimo futuro conoscerà un notevole sviluppo anche nei Paesi occidentali e tra la popolazione non musulmana». L’incremento della comunità musulmana in Italia sta determinando la nascita di nuove esigenze finanziarie e bancarie. La risposta finora data dagli istituti di credito italiani è stata «commerciale», creando alcuni prodotti convenzionali per soddisfare questo segmento di clientela.
Perché le banche italiane non hanno ancora adottato strumenti di finanza islamica per cogliere l’opportunità di un business nuovo? «Il sistema bancario italiano non è solito distinguersi per flessibilità e per capacità di innovazione: al contrario tende a "subire" gli eventi cercando poi di emulare quanto proposto in particolare dai mercati anglosassoni quali quello inglese e statunitense. Alcuni istituti di credito hanno cercato di intercettare parte del crescente fabbisogno di servizi da parte della popolazione extracomunitaria presente in Italia con iniziative specifiche.
Ma, dal mio punto vista, serve nel nostro Paese una visione strategica di ampio respiro. Una visione frenata forse dalla paura di effettuare scelte sbagliate ma anche perché non è facile individuare i consulenti o i dirigenti adeguatamente preparati per affrontare lo sviluppo di tali particolari e non tradizionali mercati».
La nascita della prima banca islamica di diritto italiano, annunciata lo scorso settembre da Adnan Yousif, presidente dell’Unione delle banche arabe, sembra incontrare diversi ostacoli di natura giuridica: l’applicabilità delle regole di Basilea alle banche islamiche riveste oggi un’importanza di carattere strategico, in che modo Basilea 2 sarà in grado di recepire un sistema bancario con una concezione del rischio diversa? «Gli ostacoli alla nascita del primo istituto islamico in Italia sono di natura prettamente burocratica e non sicuramente tecnici: tale affermazione è suffragata dal fatto che a Londra siano già presenti ben due istituti bancari Shari’a compatibili, l’Islamic Bank of Britain e l’ EIIB European Islamic Investment Bank, mentre a Ginevra sono attivi ben sette istituti con tali caratteristiche di cui la prima in ordine temporale è la Faisal Private Bank, operativa sulla piazza elvetica da oltre 15 anni, senza contare che colossi quali Ubs, Citi, Lloyds Tsb posseggono divisioni se non banche espressamente attive a livello mondiale secondo i dettami della Shari’a. Infine bisogna osservare che il trattato regolante il sistema finanziario islamico determinato dagli standard definiti dall’Aaoifi (Accounting and Auditing Organization for Islamic Financial Institution) è l’equivalente del trattato di Basilea per la vigilanza previsto per le banche convenzionali. Aaoifi è stata fondata nel 1991, ha la sua sede in Bahrein, è composta da 71 membri che risultano essere banche islamiche, banche convenzionali con sezioni deputate alla finanza islamica e società di revisione internazionali di ben 17 Paesi». Lo scorso settembre Adnan Yousif, presidente dell’Unione delle banche arabe (Uab) nel firmare un memorandum di intesa con l’Associazione bancaria italiana (Abi) per sviluppare la collaborazione nel settore finanziario e non solo. In realtà non sarà così semplice: questo accordo. Fine prima parte segue...
Mauro Norton Rosati di Monteprandone - Agenzia Stampa Italia