Le difficoltà sui processi democratici nei paesi della Comunità economica e monetaria dell'Africa centrale (CEMAC) af

(ASI) Nell'interesse di conservare i rapporti e la cooperazione che li legavano sotto l'amministrazione coloniale, il Ciad, il Congo, la Repubblica Centrafricana, la Guinea Equatoriale, il Camerun e il Gabon hanno creato l'8 dicembre

1964 (Borella 1968), con il trattato di Brazzaville, l'Unione Doganale ed Economica dell'Africa Centrale (UDEAC). Tale organizzazione regionale scaturiva dall'interesse di promuovere in un'area comune, la libertà di circolazione delle persone, gli scambi commerciali ed un'integrazione regionale (Ondji'l Toung 2009), con una tariffa doganale comune tra i paesi membri e mediante una moneta comune: il franco CFA (Comunità Finanziaria dell'Africa) che fu creato il 26 dicembre 1945 con gli accordi di Bretton Woods[1]. Con le crisi economiche degli anni '80 e '90, era indispensabile rilanciare il processo di integrazione economico e sociale sostituendo l'UDEAC con un nuovo organismo. Fu creato il 16 marzo 1994 a Ndjamena in Ciad, la Comunità Economica e Monetaria dell'Africa Centrale (CEMAC). Altri organismi o istituzioni sottoregionali sono sotto la tutela della CEMAC[2].
I paesi della CEMAC hanno una popolazione di circa 43 milioni di abitanti. Il prodotto interno lordo di tutta la regione è di circa 85 miliardi di dollari, mentre il reddito pro capite per ogni abitante è di circa 2300 dollari, ad eccezione della Guinea Equatoriale e del Gabon che hanno ciascuno 14000 dollari[3]. Inoltre, con i progressi intrapresi nella medicina in ogni paese regionale della regione, la speranza di vita è salita in generale a 50 anni per gli uomini e a 56 anni per le donne. Più della metà della popolazione in ognuno dei paesi vive nelle città. La produzione delle risorse energetiche (petrolio, gas) e minerali (oro, diamanti, bauxite) rappresenta più del 70% delle esportazioni e del prodotto interno lordo di ciascun paese, con l'eccezione del Camerun dove le risorse energetiche rappresentano il 30% del Prodotto Interno Lordo (PIL).
Se una delle caratteristiche che definisce un dittatore è la longevità al potere, allora possiamo dire che quasi tutti i presidenti della CEMAC sono dei dittatori: la famiglia Bongo è al potere in Gabon da 44 anni. Il padre Omar Bongo è morto nel 2009, dopo 42 anni di governo. Oggi il suo successore è suo figlio Alì Bongo; in Guinea Equatoriale, Teodoro Obiang Nguema MBasogo è presidente da 32 anni. Era arrivato al potere con un golpe nel 1979; in Camerun, Paul Biya è presidente da 29 anni. Giunse a tale carica con la successione costituzionale dopo le dimissioni del presidente Ahmadou Ahidjo nel 1982 ; in Congo, Denis Sassou Ngueso è al potere da 28 anni . È arrivato al potere con una guerra civile; in Tchad, il presidente Idris Deby è al potere da 20 anni, avendolo conquistato con una guerra civile nel 1991; nella Repubblica Centrafricana, il presidente Francois Bozize era l'unico che non aveva ancora fatto 20 anni al potere. Ha conquistato il potere a seguito di una ribellione armata nel 2003. Dopo 10 anni alla guida del paese, è stato cacciato a sua volta da una nuova ribellione armata nel 2013. Il suo successore Michel Djotodia, capo dei ribelli Seleka[4], è stato costretto dalla Comunità Economica degli Stati dell'Africa Centrale (CEEAC) a dimettersi dal potere dopo solo 11 mesi. Il paese è oggi governato da una presidente di transizione, Catherine Samba-Panza, che dovrebbe entro 2015 organizzare le elezioni presidenziali nel paese[5].
Nel 2011 alcuni dati sono stati pubblicati dall'Economist Intelligence Unit, sull'indice della democrazia in 167 paesi nel mondo in base alla classificazione tra paesi democratici e regimi autoritari. I metodi di valutazione si sono basati sui 5 criteri fondamentali che sono: il processo elettorale e il pluralismo politico; le libertà civili; il funzionamento del governo; la partecipazione politica ed infine la cultura politica. Per di più, il punteggio per la classifica finale va da 1 fino al 10. Così, con punteggio tra 8 e 10 la democrazia è valutata perfetta, tra 6 e 8 si considera imperfetta, tra 4 e 6 abbiamo un sistema politico ibrido, infine sotto i 4 punti, abbiamo i paesi autoritari. In questa pubblicazione, tutti i paesi della CEMAC avevano una graduatoria sotto i 4 punti[6]. Risultato: regimi autoritari e senza democrazia. Come si spiega queste difficoltà sui processi democratici nei paesi della CEMAC? Vi sono due fattori fondamentali per spiegare tale situazione politica: un fattore interno e un fattore esterno.
Alla base del fattore interno vi è un problema culturale. Tutti i presidenti dei paesi della CEMAC governano con l'appoggio del clan e sono composti di parenti, amici e, soprattutto, dell'etnia del Presidente della Repubblica. Così abbiamo, per esempio, in Camerun l'etnia Beti che controlla il potere (Pigeaud 2011: 133-138); in Guinea Equatoriale il gruppo etnico Mongomo/Fan (Liniger-Goumax 1998); in Ciad abbiamo il gruppo etnico Zaghawa Zaghawa che controlla il potere (Djimet Seli 2013: 99); in Congo Brazaville, abbiamo il Clan del Presidente Sassou Nguesso ( Yengo 2003); in Repubblica Centrafricana c'èra l'etnia Gbaya che controllava il potere nel regno del dittatore Bozze (Baniafouna 2009); infine in Gabon ci sono le etnie Fang e Bateké (Rossatanga, Enongoué 2006).
Queste élite scelte non per meritocrazia ma con criteri tribali o di clan, quando ritornano nei loro rispettivi villaggi, organizzano delle feste grandiose per le popolazioni locali che possono mangiare e bere a volontà. Per una popolazione abituata a vivere con un dollaro al giorno e dove non c'è il sostentamento alimentare per tutti, mangiare e bere gratis per qualche giorno è una cosa rilevante. Inoltre, queste élite locali accordano ogni tanto vari privilegi alla gente del villaggio. In questo contesto, per esempio, è difficile che una protesta nata in un'altra regione del paese contro il governo o il presidente della repubblica possa avere una dimensione nazionale. La maggior parte del popolo è corrotto mentalmente e politicamente. Bisogna riconoscere che il tasso di analfabetismo è molto alto nei paesi della zona CEMAC, circa 50% della popolazione. Tutto ciò non aiuta alla diffusione di una vera cultura politica in tutta la zona. Un altro elemento importante da non sottovalutare è la corruzione che è onnipresente in tutti i paesi della CEMAC. Secondo il rapporto 2010 dell'ONG tedesca Transparency International sulle nazioni più corrotte del pianeta, i Paesi della CEMAC sono nella zona rossa, cioè tra quelli più corrotti con meno di 2 punti su dieci ciascuno. La corruzione è presente in tutti i settori della società. Nel campo politico, per esempio, basta che un nuovo leader od oppositore politico si faccia notare e inizi con le sue critiche a far preoccupare le autorità politiche. Queste autorità faranno del tutto per corromperlo con soldi o attribuendogli un incarico importante nel governo o nel partito politico al potere. Molte persone conosciute prima come grandi oppositori sono diventati ministri o membri del governo che loro stessi criticavano (Ondo 2013). I pochi integri che si rifiutarono di farsi corrompere, in quanto riconosciuti come oppositori del regime, verrebbero arrestati, uccisi o costretti a scappare dal paese e prendere la strada dell'esilio (Verschave 2000). Di fronte a questa situazione, le popolazioni si rassegnano e si scoraggiano perché non hanno nessuna figura emblematica come punto di riferimento per le loro proteste. In questa logica, molti dittatori si ritrovano senza veri oppositori al loro regime. Un altro fattore fondamentale della corruzione è quello che coinvolge i capi tribù. Gli africani in generale e sopratutto i sub sahariani in particolare, hanno una grande considerazione dei loro capi tradizionali. Ogni villaggio o regione in Africa ha un capo tribù, personaggio temuto e rispettato dai suoi sudditi. Questi capi tradizionali sono nella maggioranza dei casi, gli alleati del partito politico al potere o del leader alla guida del paese (Decraen 1983). La loro adesione e sostegno al regime sono ricambiati con soldi e favori di ogni genere offerti a loro dalle autorità politiche. Così questi capi possono tenere sotto controllo i loro sudditi. Gli unici cambiamenti che possono accadere ogni tanto sono i colpi di Stato oppure le guerre civili che portano al potere nuovi personaggi politici ma il sistema rimane sempre lo stesso.
Quasi tutti i paesi della CEMAC sono tutte le ex colonie francesi, all'eccezione della Guinea (ex colonie spagnola), ma che rimane tuttora molto influenzata dalla cultura francese[7].
Al di là di tutti questi fatti, una particolarità caratterizza i servizi pubblici, ovvero l'amministrazione dove le popolazioni locali hanno un altro concetto dello Stato. Per molti, predominano i fattori del favoritismo nelle assunzioni nel quadro della pubblica amministrazione. Da questo punto di vista, l'etnicismo e il clientelismo sono le pratiche usuali per conquistare e conservare il potere da parte di un gruppo dominante (Dimier 2010). Queste caratteristiche funzionano molto bene sia nel sistema multipartitico che nel sistema monopartitico (Diop 2006). Lo studio di Jean Fraçois Bayart sull'amministrazione dello Stato in Africa aggiunge altri particolari importanti in questo meccanismo (Bayart 1989). Infatti, Bayart sottolinea come lo Stato nei paesi africani funziona come una "Rhizoma", che è una pianta vegetale che possiede delle radici apparenti e delle radici sotterranee. In base a tale considerazione, la struttura apparente dello Stato africano è costituita dalle istituzioni ufficiali e acquisite durante la colonizzazione, mentre la struttura sotterranea corrisponde alla società profonda e tradizionale africana e ricomparsa con le indipendenze. Tutti i meccanismi che identificano lo Stato in Africa nera in generale, e della CEMAC in particolare, partono da questi due radici. Per Bayart, lo Stato Postcoloniale ha permesso la formazione di una nuova classe sociale ricca e che si sono impadroniti delle ricchezze del paese. Essere ricco è un grande prestigio nella politica in Africa, perché ciò consente di mantenere una rete di clientelismo e trarre vantaggi. Bayart nel suo studio parla ugualmente della "Politique du ventre", un'espressione di origine camerunense che significa vedere nello Stato, un luogo ideale per accedere alle ricchezze, ai privilegi, al potere e al prestigio per se, gli amici, i parenti, la tribù ecc. In questo sistema, c'è un posto rilevante per i vari conflitti che paralizzano le istituzioni. Non è necessariamente la lotta di classe tra ricchi e poveri, ma è una lotta tra i membri dei vari gruppi o frazioni che compongono la società e che utilizzano ogni mezzo come la ricchezza, la corruzioni, ecc, per imporre la propria autorità o influenza sulle altre componenti del gruppo (Bayard 1989). Da tutte queste annotazioni di Bayard, si aggiunge al suo pensiero il concetto di Jean François Medard che parla di neopaternalismo (Medard 1981). Infatti, per lo studioso, il neopaternalismo consiste nel confondere il bene pubblico con il bene privato, una pratica diffusissima in Africa. Il neopaternalismo ha come risultato di personalizzare le relazioni pubbliche e di trasformare le risorse politiche in risorse economiche (Medard 1981). Questo concetto, secondo Medard, nasce dall'interazione tra le società tradizionali africane con gli Stati moderni. In questa simbiosi, la forma esterna dello Stato è moderna con le istituzioni, l'amministrazione, la polizia, ecc, ma il suo funzionamento è di natura patrimoniale, ciò gestita come un bene privato con tutti i suoi annessi di clientelismo (Medard 1983).
Un altro studio più antropologico studia i meccanismi profondi dei legami di parentali nella società tradizionale e politica africane. Infatti, Georges Belandier nel suo lavoro (Balandier 1994: 60-79) cerca anche di dare delle risposte su alcune domande sull'organizzazione politica delle società primitive africane. Balandier rivela i rapporti complessi che hanno resistito in alcune società primitive, tra la politica e i legami di parentela. L'autore sottolena come la parentela fornisce alla politica un modello e un linguaggio: l'esempio riportato è il caso del popolo Tonga del Malawi, dove le relazioni politiche si esprimono in termine di parentele e che sono ugualmente un mezzo di manipolazione politica (Balandier 1994). Lo studioso evidenzia sempre nella gestione del potere, le società nilotiche che nonostante che hanno le stesse origini patrilineari, non hanno lo stesso potere politico e ciò dimostra che in alcuni contesti contavano i legami genealogici patrilineari e matrilineari nella costituzione del potere o del clan. In queste società nilotiche, la rottura dei legami di parentali è causato per esempio da un incesto o un delitto che poteva provocare la nascita di un nuovo regno con un nuovo potere politico. In altre società costituite di classi sociali come quella dei Nuer del Sudan, i vari clan non assumono gli stessi ruoli all'interno della comunità, dove un clan può avere un ruolo predominante ed un altro di subordinazione. Inoltre Balandier sottolinea come in alcune società primitive la molteplicità delle mogli, dei discendenti e delle alleanze costituiscono un modo frequente per rinforzare o mantenere il potere. Tutte queste osservazioni di Balandier permettono di avere una conoscenza sulle basi profonde delle società tradizionali e politiche africane, dove i legami di parentela (parenti o clan), sono sempre stati indispensabili nel consolidamento del potere e dove in alcuni casi, il minimo squilibro o rottura della struttura tribale poteva provocare anche la fine di questo potere. Lo studio di Balandier è una ricerca del passato che ci permette di capire alcuni meccanismi attuali dei sistemi politici africani.
L'attaccamento al potere è un desiderio che caratterizza molti capi di Stato della Inoltre, la democrazia trova mille difficoltà a radicarsi, anche se frequentemente le elezioni organizzate sono solo una parodia elettorale per consolidare il potere del tiranno e dove ogni mezzo è utilizzato per fare vincere il candidato presidente, come conferma un'altra ricerca di Medard, dove lo saggista sottolinea l'influenza dei mass media pubblici, ma anche il ruolo del partito al potere che mobilizza tutta l'amministrazione pubblica e la polizia per conto suo e tutto ciò rende la competizione democratica poca credibile (Medard 1990). Inoltre, l'autore aggiunge che la democrazia è stata sconfitta in Africa dall'autoritarismo e ciò simultaneamente dall'interno con il comportamento degli uomini politici, poi dall'esterno con i colpi di Stato.
Un'altra particolarità che caratterizza i dirigenti della CEMAC è la responsabilità comune di non cercare realmente di raggiungere gli obiettivi fissati da un'organizzazione che esiste da 49 anni. Ogni dirigente è più motivato a dirigere il suo paese e non ha minimamente il desiderio di concedere realmente una parte del suo potere ad un organismo sottoregionale come la CEMAC[8]. Molti sono i punti in cui l'organizzazione ha fallito: fallimento per una vera politica d'integrazione regionale; fallimento per la mancanza di un'imposta regionale comune; fallimento per un vero progetto comune sugli investimenti (Hibou 1994: 66). Tuttavia una delle poche cose che funziona normalmente all'interno dell'organizzazione è la moneta comune che è amministrata dalla Banca Economica dell'Africa Centrale (BEAC) sotto il controllo della Francia.
Alla base del fattore esterno, vi è un problema politico. I paesi della CEMAC, in linea generale, hanno conseguito le loro indipendenze negli anni '60 e sono tutte ex colonie Francesi, con l'eccezione della Guinea Equatoriale che fu una colonia spagnola. Tuttavia, Parigi mantiene tuttora un'influenza politica, economica e culturale su tutti i paesi della CEMAC.
La Francia non si preoccupa se i dirigenti che governano nella Zona CEMAC o in altre zone dell'Africa siano dei democratici o no, bensì si preoccupa che il presidente africano di turno preservi nel suo paese gli interessi francesi. Ogni capo di uno Stato francofono che difenda o favorisca gli interessi della Francia nel proprio paese, otterrà per il suo regime dittatoriale la protezione di Parigi. Tutta questa politica neo-colonizzatrice o di paternalismo tra la Francia e le sue ex colonie d'Africa prende il nome di "Francafrique"[9]. Un altro aspetto fondamentale che vale la pena di menzionare è il ruolo dei poteri mistici come la massoneria nell'esercizio della politica in Africa. Molti sono le personalità politiche africane della zona CEMAC, come in tutta l'Africa, che fanno parte di una loggia massonica. Molti sono i personaggi politici africani che fanno parte di una loggia massonica affiliata a sua volta ad un'obbedienza francese (Hugeux, Koch 2008). In questo contesto mistico, trionfano spesso le ragioni della fratellanza massonica al discapito delle ragioni dello Stato.
Nonostante i confini territoriali ereditati dalla colonizzazione, tutti i sei paesi della Comunità Economica Monetaria dell'Africa Centrale (CEMAC), condividono gli stessi tratti sia linguistici che etnici ed appartengono al grande gruppo etno-linguistico Bantu[10]. Inoltre, con le indipendenze, questi popoli hanno mantenuto alcune abitudini comuni e tradizionali, nella gestione degli affari politici, economici e sociali.

 

Tegno Tagne Honoré - Agenzia Stampa Italia

 

Riferimenti Bibliografici

B. Hibou, «Contradictions de l'intégration régionale en Afrique Centrale » in « Politique Africaine » N°54 juin
1994. p.66

C. Baniafouna. Les noirs de l'Elysée. Un palais pas comme les autres. Paris, L'Harmathan. 2009

D. Auzias, J.P Labourdette, Congo Brazzaville. Petit Futé. 2012

Djimet Seli. (De) connexions identitaires Hadjeray : les enjeux des technologies de la communication au Tchad.
Laagaa Research and Publishing Common Initiative Group. 2013

E. O. Diop, « Partis politiques et processus de transition démocratique en Afrique » Editions Publibook 2006, p.228

F. Borella, L'Union des états de l'Afrique centrale, - Annuaire Français de droit international – Année 1968 , Volume
14 , n°14 pp. 167 -177

F. Legger: Guinea Equatoriale: la dittatura dell'orrore. Ariana Editrice. 2009

F. Pigeaud, Au Cameroun de Paul Biya, Karthala, 2011. pp.133-138

F.X. Verschave, France - Afrique , le crime continue. Editions. Tahin Party. Année 2000.

G. Balandier Antthropologie politiques, Paris. PUF. Année 1994. pp. 60 - 79

G. Rossatanga-Rignault, F. Enongoué, L'Afrique existe-t-elle?: à propos d'un malentendu persistant sur l'identité,
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H. Ben Hammouda, B. Bekolo–Ebe, T. Mama,,L'intégration régionale en Afrique Centrale :bilan et perspectives. Edition Karthala. 1999. p.33

J.F. Bayard : L'Etat en Afrique. La politique du ventre. Paris, Editions Fayard, 1989

J.F. Medard, la spécificité des pouvoirs africains in « Pouvoir » n°58, paris, PUF, 1983, pp 10 -16

J.F. Medard, Autoritarismes et Démocraties en Afrique in « Politique » Africaine, 1990, n° 43, pp. 92 – 104

J.F. Medard, l'Etat clienteliste transcendé in « Politique Africaine » n° 01, Paris, 1981, Karthala, pp 120 – 123

L. Bevarrah, Centrafrique, mon combat politique: vers une autre république. L'Harmattan. 2010

M. Liniger-Goumax : Guinèe Equatoriale : 30 ans d'Etat délinquant nguemiste .L'Harmattan, p.61

R. Emvana, Les secrets du pouvoir , Karthala Editions, 2005

R. Ondji'l Toung , Ethique économique et endettement extérieur dans les pays de la CEMAC, L'Harmattan 2009, p. 15

R. Kasongo - Afrique liberté - Le magazine de l'information libérée N° 5 Spéciale Novembre / Décembre 2007. p. 19

P. Decraen, Pouvoir n° 25 – Eléments de réflexions sur les pouvoirs politiques africains in « Pouvoir » No 25, 1983. p. 79 -87
P. Yengo La guerre civile du Congo Brazzaville, 1992 – 2003 : « chacun aura sa part ». Paris , Karthala. 2003. p. 41

T. Auracher, Le Gabon, une démocratie bloquée ? Reculs et avancées d'une décennie de lutte, Paris, L'Harmattan, 2001, 135 p.

T. Ondo, Plaidoyer pour un nouveau régime politique au Gabon, Editeur Publibook /Société écrivains, 2013. pp.36 – 40

V. Dimier, Etat et gouvernementalité en Afrique, BESPO – Université Libre de Bruxelles, Avril 2010

V. Hugeux. F.Koch, Francs-maçonc: L'Afrique aux premières loges in « Express » N° 2963 - 2008

 

_____________________________

Note

[1] - La conferenza di Bretton Woods si tenne dal 1º al 22 luglio 1944 nell'omonima località nei pressi di Carroll (New Hampshire), per stabilire le regole delle relazioni commerciali e finanziarie tra i principali paesi industrializzati del mondo.

[2] - Le istituzioni sotto la tutela della CEMAC sono : L’Unione Economica dell’Africa Centrale (UEAC); l’Unione Monétaria de l’Africa Centrale ( UMAC); Il Parlamento Comunitario; La Corte di Giustizia della CEMAC; mentre gli organi della CEMAC sono: La Conferenza dei Capi di Stato; Il Consiglio dei Ministri dell’UEAC; Il Comitato Ministeriale dell’UMAC; la  Commissione della CEMAC;  la Banca Centrale degli Stati dell’Africa Centrale (BEAC); la Banca dello Sviluppo degli Stati dell’Africa  Centrale (BDEAC).

[3] - Communauté Européenne: Document de stratégie de coopération régionale et Programme indicatif régionale pour la période 2002 – 2007. Stratégie de coopération régionale avec l’Afrique Centrale – 9eme FED 

[4] Combattenti musulmani della milizia Seleka.

[5] - Il Parlamento ha eletto nel gennaio 2014 Catherine Samba-Panza, Presidente di transizione della Repubblica centrafricana. La Panza dovrebbe colmare il vuoto istituzionale, dopo le dimissioni dell’ex capo di Stato Michel Djotodia, accusato dalla comunità internazionale di non fare nulla per porre fine alle violenze interreligiose nel paese tra milizie cristiane anti-baleka e i musulmani della Seleka.    

[6] -  Questi sono i dati dei paesi della CEMAC  e pubblicati  da  Economist Intelligence Unit : Gabon 3,48/10; Camerun

       3,41/10; Congo 2,89/10; Repubblica Centrafricana 1,82/10;  Guinea 1,72/10; Ciad 1,62/10

[7] - Estratto del testo pronunciato il 3 aprile 2007 al Palamento dall’Ambasciatore della Francia in Guinea Equatoriale. Il testo riguardava l’influenza della lingua  e della cultura  francese in  Guinea.

[8] -  Il parlamento comunitario che  dovrebbe controllare democraticamente le istituzioni e gli organi che partecipano al processo decisionale della comunità  tarda da  anni ad  essere  costituito, malgrado che le disposizioni sono state adottate per la sua  sede a Malato.

[9] - La Francafrique esiste dall’epoca del Generale De Gaule e fu condotta per molti anni da Jacques Foccart, il “Monsieur Afrique” dell’Eliseo. Lo scrittore francese François-Xavier Verschave è autore di numerose opere sulle relazioni franco-africane.  L’autore  ha pubblicato un saggio dal titolo: “La Françafrique, le plus long scandale  de la République”, dove racconta gli scandali francesi nelle sue ex colonie africane. Si parla per esempio nel libro, dei massacri del popolo Bamileké durante il periodo coloniale in Camerun, del ruolo della Francia sull’assassinio di Silvanus Olimpio, primo presidente del Togo, della sanguinosa guerra del Biafra e tanti  altri fatti. Questo libro come tanti altri manuali sulla “Françafrique”, hanno chiarito questa cooperazione dell’ombra tra la Francia e i paesi francofoni d’Africa per molti anni

[10] - Il Bantu è un vasto gruppo etno-linguisitico che comprenda più di 400 etnie sparse in tutta l’Africa subsahariana.

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