(ASI) Per alcuni è la luce della sopravvivenza, per altri la vocazione del proprio lavoro, per alcuni un gesto solidale, per altri un forte pretesto politico per ottenere consensi.

L'esodo dei migranti ricorre come tema politico nel paradiso europeo del lavoro e del benessere, della libertà e della democrazia. Il bacino del mar Mediterraneo non è nuovo agli incontri culturali, al commercio, allo scambio e all'accoglienza di diverse realtà e differenti culture.
Oggi tutto sembra aver raggiunto un cortocircuito.
La guerra in Siria, le estati calde delle primavere arabe, l'instabilità nordafricana, il terrorismo, le fragile politiche comunitarie europee, la crisi internazionale e le emergenze umanitarie hanno portato il flusso migratorio a una entità esponenziale e periodica, costante e proporzionale ai cambiamenti geopolitici in atto.

Le periferie del continente europeo sono soggette a una pressione umanitaria insostenibile, tanto da far vacillare il cuore delle politiche basilari dell'Unione Europea. Dopo secoli di conflitti dove erano stati abbattuti muri, le difficoltà attuali spingono a ricrearne.
Nell'isola di Lesvos, nella greca Mytilene, sono entrati oltre 54 mila profughi in sei mesi. Soprattutto siriani, ma anche afghani e pachistani, tutti con il solo obiettivo di raggiungere l'Europa sebbene Ankara sia per quest'isola molto più vicina di Atene. Rispetto allo stesso periodo del 2014 il flusso è aumentato del 533%, ma questo non è l'unico fronte "molle" europeo. Mentre nella ligure Ventimiglia è giallo sulla annunciata riapertura del confine con la Francia, l'Italia sta vivendo un mese tutt'altro che agevole per un Paese già inondato di piccoli, grandi e vecchi problemi.
L'11 giugno a Roma la polizia ha sgombrato dai migranti la stazione Tiburtina, sono state allestite tendopoli presso la capitale e anche a Milano nei pressi della stazione centrale. Profughi, clandestini e migranti dai documenti regolari, tutti cercano il nord Europa. Il 16 giugno si sono riuniti a Lussemburgo senza ottenere risultati concreti i ministri degli affari interni dell'Unione Europea. Nessuna linea guida sull'immigrazione, solo chiacchiere e scaramucce sulla divisione delle quote dei 40mila richiedenti asilo. Divergenze forti che vedono contrapposti Paesi come Italia e Grecia a quelli del baltico come Estonia, Lettonia e Lituania. A Tallin per esempio si rifiutano di accogliere, sempre secondo divisione quote, un totale di 700 migranti, un numero infimo se comparato alle 7mila di ogni mese per gli Stati del Mediterraneo. Così, gli altri membri dell'Unione rinfacciano le sanzioni alla Russia come un debito dei Paesi del Baltico che in questo modo non viene ripagato. Basti pensare che a Lesvos, come a Lampedusa, è "come se ogni giorno spuntasse un nuovo villaggio" dicono.

Se "i muri d'Europa non fermeranno noi disperati che fuggiamo dalla guerra e dalla miseria", così affermano gli stessi migranti, di certo in Ungheria ne stanno costruendo uno tangibile che possa fermare il flusso proveniente dalla Serbia. "Scaveremo e lo oltrepasseremo lo stesso" replicano ancora i profughi.
Tuttavia, mentre testate internazionali come l'Economist accusano aspramente "L'egoismo dell'Unione Europea" e le sue incapacità esecutive, differenti schieramenti politici plaudono o contestano il determinato interventismo del primo ministro australiano Tony Abbott, perché come le crisi finanziarie e il terrorismo, anche l'immigrazione è ormai un tema globale, e coinvolge ampiamente tutti i suddetti temi.
La politica di Abbott è bloccare gli sbarchi ad ogni costo. Il flusso migratorio è conseguentemente diminuito ma ora la crisi diplomatica coinvolge Jakarta, l'Indonesia e anche la Thailandia e la Malesia.
Il bello è che il caso australiano, che da sempre sembra una realtà appartenente, come lo è tutt'ora, all'altro emisfero del pianeta, la fa da padrone come modello negativo e positivo al tempo stesso.
Il piano Schengen appare sempre più in bilico, inutile dire che questa era una delle politiche-pilastro del progetto di integrazione europeo. Da diversi giorni ci sono i 40mila richiedenti asilo, soprattutto eritrei e siriani, in Italia e Grecia in attesa di responso, ammassati nei centri di accoglienza, residenti nelle tendopoli. In altri casi estremi alcuni immigrati clandestini sono morti precipitando dalle stive di aerei diretti in Gran Bretagna dal Sud Africa nel vano tentativo di raggiungere vivi l'Europa.

Considerando senza dubbio questa condizione come non rispettosa dei diritti umani, naufragi e minacce di incendio a parte, basti guardare il caso del poliziotto di Catania arrestato per le frasi razziste shock sul web, il prossimo vertice comunitario europeo sarà il 25 giugno. Riuscirà l'UE a essere coesa in altri ambiti oltre l'austerity degli anni passati? O, come Ventimiglia insegna, l'unica via sarà pregare come i profughi sugli scogli del mare, chini in digiuno nel mese di Ramadan nella speranza di un futuro migliore?

Lorenzo Nicolao - Agenzia Stampa Italia

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