(ASI) Per i nostri lettori abbiamo incontrato, in esclusiva Sua Eccellenza Birger Riis-Jørgensen, ambasciatore della Danimarca in Italia. Con il rappresentante diplomatico di Copenaghen abbiamo provato a conoscere meglio quello che, secondo l’Unesco, è “il paese più felice della terra”.

Una nazione all’avanguardia dove Stato sociale e attenzione ai conti pubblici riescono a convivere senza che i cittadini abbiano a lamentarsi di nulla. Con l’Ambasciatore abbiamo, come di consueto, analizzato anche i rapporti economici e politici tra i nostri due Stati. Prima di tutto, volevamo  espimere a S.E. Ambasciatore, alla Danimarca ed al suo popolo la più totale solidarietà del giornale Agenzia Stampa Italia per il recente attentato di Copenaghen.

 

Intervista esclusiva con Sua Eccellenza Birger Riis-Jørgensen, ambasciatore di Danimarca

 

Secondo l’Unesco la Danimarca “è il paese più felice della Terra”. Quali sono i segreti di questo successo?

La parola chiave è fiducia. Fiducia tra cittadini anche fra gente che non si conosce, fiducia nell’autorità, nei leader, nelle aziende e perfino nei politici. Questa è la parola che rivelano tutti i sondaggi dell’Unione europea e la ricerca universitaria. Ovviamente il funzionamento del welfare favorisce l’accettazione del fatto che tutti quelli che possono devo lavorare, anche per pagare tasse più elevate. Fondamentale però è la fiducia e la trasparenza della società che rende i danesi felici.

 

La vostra è una società molto avanzata, metà circa dei vostri parlamentari sono donne. Lo stesso primo ministro è una donna. A cosa è dovuto questo risultato così diverso rispetto alla società italiana?

Sono certo che le donne un giorno saranno più della metà dei parlamentari, anche se non è ancora così. È vero il primo ministro è una donna ed è la prima a ricoprire questo incarico importantissimo. Non abbiamo ancora la perfetta parità, tuttavia la tendenza è molto chiara e positiva. Ci sono vari fattori cui possiamo attribuire questo risultato: il movimento femminista degli anni 50 e 60, le rivolte giovanili degli anni ’60, la parità tra i sessi ottenuta nelle scuole superiori e nel lavoro ed altri. Molto importante poi il fatto che gli asili nido e la scuola materna sono pagati principalmente attraverso le tasse. Anche i genitori devono sostenere parte dei costi ma il livello della spesa è ragionevole e permette a tutti un lavoro a tempo pieno fuori casa, mentre i figli sono al nido o alla scuola materna. Gli anziani che non posso più vivere da soli trovano posto nelle case di riposo pagate dallo Stato. I cittadini sono consapevoli che senza questi ammortizzatori sociali non sarebbe possibile lavorare per entrambi i genitori, e senza lavoro non c’è parità.

 

Della Danimarca fa parte anche la Groenlandia che però gode di una vasta autonomia. Ci può spiegare meglio questa situazione?

Oggi il regno della Danimarca è composto da tre parti: la Danimarca, la Groenlandia e le isole Far Oer. Queste tre parti sono insieme da secoli. Fino al 1953 la Groenlandia era una colonia danese poi è cominciato un graduale processo di autodeterminazione; oggi i groenlandesi vantano un’autonomia quasi totale. Solo sui temi della politica estera e della difesa devono consultarsi con le autorità danesi. Questo è stato voluto da ambo le parti. Attualmente la Groenlandia non ha ancora fondi a sufficienza per il suo bilancio, per assistere i suoi 58mila abitanti e l’enorme territorio. Il governo danese contribuisce ogni anno con circa mezzo miliardo di euro.

 

La Danimarca è tra le nazioni che rivendica la proprietà del Polo nord e di conseguenza del petrolio nascosto sotto i suoi ghiacci. A livello internazionale però la situazione è molto complicata. Può spiegarci se sono in atto colloqui con gli altri paesi per arrivare a risolvere questa controversia?

Non ancora. A settembre dello scorso anno abbiamo avanzato le nostre rivendicazioni sulla piattaforma continentale a nord della Groenlandia per una zona di 200 miglia nautiche. Queste rivendicazioni sono fondate su ampie documentazioni scientifiche. La presentazione è stata fatta all’Onu nei limiti della piattaforma continentale. La procedura segue le regole della convenzione Onu sul diritto del mare; non so quando la commissione esaminerà le rivendicazioni danesi perché ci sono tante altre rivendicazioni di altri paesi che devono essere esaminati. Quando la commissione terminerà i propri lavori allora i paesi coinvolti dovranno cercare delle soluzioni bilaterali sulle eventuali rivendicazioni. Tali negoziazioni sono previste dalla convenzione sui diritti del mare quindi siamo all’inizio di un processo molto lungo.

 

La Danimarca è stato uno dei primi paesi ad aderire a quella che poi sarebbe diventata Ue, eppure fino ad oggi avete evitato di aderire alla moneta unica rimanendo legati alla Corona. Ci può spiegare il perché di questa scelta?

La corona seguiva il marco tedesco ed ora segue l’euro. Quando il tasso di interesse viene aumentato o diminuito a Francoforte il banco nazionale di Danimarca si adegua. Dunque da più di 30 anni la corona danese è conforme all’euro. Si può dire che la moneta danese è l’euro ma si chiama corona danese. Tornando al vostro quesito la risposta è più complessa della domanda stessa. Nel 1991 la maggioranza dei danesi ha deciso tramite referendum di rifiutare l’adesione all’euro. Personalmente penso che questo risultato sia dovuto alla diffidenza dei danesi quando si tratta di trasferire una parte della sovranità. Se un governo danese decidesse di rivedere questa decisione dovrebbe ottenere il consenso della popolazione attraverso un nuovo referendum. La Danimarca è uno dei pochi paesi con rating AAA. Oggi che l’eurozona ha qualche difficoltà non sarebbe facile convincere i danesi ad aderire all’euro.

 

La Ue promuove sempre i vostri conti, eppure quello danese è tra i sistemi di welfare più evoluti del Vecchio continente. Come riuscite a far coesistere rigore nei conti e assistenzialismo?

In Danimarca c’è un’accettazione collettiva del fatto che non è possibile aiutare la parte più debole della società, bambini anziani malati disoccupati, senza un rigore assoluto nei conti. Anche tutto l’apparato pubblico deve funzionare bene quindi il rigore assoluto è necessario. Per esempio il ministro degli Affari esteri deve trovare risparmi ogni anno come tutti gli altri e tutti gli stanziamenti non sono certi; tutte le spese devono essere giustificate se non è possibile queste devono essere cancellate. Altrimenti tutti gli stanziamenti diventano diritti per chi ne gode e lo Stato non potrà più intervenire. In Danimarca non è un diritto mantenere il posto di lavoro nel settore pubblico, bisogna dimostrare continuamente che è un posto utile per la società e che valga la pena per i cittadini pagare le tasse per mantenerlo.  

 

Come sono attualmente i rapporti economici e politici tra i nostri due paesi?

I rapporti tra i nostri due paesi sono veramente buoni, per quanto riguarda l’economia tutti e due i paesi godono del mercato unico europeo pertanto gli scambi commerciali sono molto importanti. Gli investimenti sono tanti sia italiani in Danimarca che danesi qui. Per esempio più di cento aziende danesi hanno filiali in Italia ed impiegano migliaia di italiani ed hanno un volume di affari che si aggira attorno al miliardo. L’Italia però non è un mercato facile per via della burocrazia, della corruzione e della criminalità organizzata; senza tutto questo lo scambio sarebbe ancora più grande perché l’Italia per noi è un mercato grande e gli italiani hanno molte competenze. Per quanto riguarda le relazioni politiche anche queste sono molto strette, entrambi i paesi sono membri della Ue e della Nato; c’è un interesse reciproco per la cooperazione. Per esempio posso ricordare la cooperazione sull’Artico e ci sono molte questioni europee su cui Italia e Danimarca hanno posizioni identiche. E poi importantissimi sono i rapporti personali. Per esempio l’anno scorso gli italiani hanno occupato letti in Danimarca per un totale di 270mila volte  e questo numero cresce ogni anno.

 

Cosa rappresenta l’Italia per voi danesi?

Tanti danesi hanno una propria impressione personale dell’Italia anche su problemi importanti come la criminalità organizzata anche se l’opinione complessiva è positiva e sento spesso menzionare il sole, la spiaggia, il clima gradevole e un cibo gustosissimo; tante persone calorose e aperte. La cultura forse più importante d’Europa che dura da più di duemila anni ma anche una eccellenza internazionale nelle invenzioni e nella produzione industriale, dunque l’opinione danese è molto positiva.

 

Fabrizio Di Ernesto - Agenzia Stampa Italia

 

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