(ASI) Riprendiamo la seconda parte del Dossier sulle basi dello “Zio Tom” in Italia ripartendo come accennato nella prima parte dal personale presente nelle basi, dai depositi di armi depositati nel sottosuolo italiano con quello che ne può conseguire vista l’altissima pericolosità nucleare, e infine il ruolo strategico che queste installazioni rappresentano.
Nella prima parte di questo Dossier si è fatto ampio risalto all’origine delle centinaia di basi americane che occupano il suolo italiano da subito dopo il dopoguerra, come se ai “liberatori” fosse concesso per grazia divina di prendere decisioni e decidere fuori dai loro confini in casa di altri. E i “liberatori”, con la vergognosa complicità dei governi italiani che si sono succeduti, hanno da sempre fatto il loro comodo come del resto lo fanno nelle restanti parti del globo terrestre senza che nessuno alzi la voce. Il nemico in casa. Si è fatto cenno al rapporto segreto italo-americano chiamato “Stone Ax”, Ascia di Pietra, un accordo segreto tra i due paesi. In sintesi l’accordo permette agli americani di portare e depositare sul suolo italiano armi nucleari; mentre i nostri camerieri politici facciano o abbiano detto qualcosa in merito. Occupiamoci ora del personale, del deposito armi e del ruolo strategico.IL DEPOSITO DI ARMI
Capita che armi bandite nell’ambito dello Stato ospite, come ad esempio le mine antiuomo, siano invece tranquillamente conservate nei depositi di armi delle basi NATO, in attesa di essere utilizzate. In Italia infatti, è stato stabilito che queste armi venissero distrutte, ma nelle basi americane ne continuano a rimanere conservati in grandissimi quantitativi: da lì possono essere spedite in tutto il mondo, violando anche la legge italiana che limita e condiziona la vendita delle armi, ma che non vale per le basi straniere. Per quanto se ne sappia, allo stato attuale, Milano, dopo New York, è la seconda piazza del Mondo, per la vendita di armi. Per fare un esempio, nelle basi NATO di Aviano e Ghedi, ci sono novanta testate atomiche e noi sappiamo che un referendum ha stabilito, in Italia, la messa al bando dell’energia atomica per usi civili, figuriamoci per usi militari. Si ricorda che le armi nucleari e i vettori custoditi in alcune basi sono nelle condizioni di portare distruzione anche oltre i confini italiani, in poche parole ben oltre i limiti che la Costituzione considera come “riferimento” per il concetto di difesa. Sono stati violati, e tutt’ora lo sono, gli articoli 11,primo e secondo comma, gli articoli 78 e 87, nono comma, e ci troviamo di fronte ad una deroga al principio del ripudio della guerra ed alle prerogative del Parlamento ed alle procedure costituzionali previste per lo stato di guerra. Per onestà intellettuale si ricorda inoltre, che dopo la partecipazione diretta dell’Italia, alla cosiddetta “Guerra del Kosovo”, il ripudio della guerra presente nella carta Costituzionale, è già completamente compromessa, sporcata, infangata dall’asservimento dei padroni a stelle e strisce.
IL PERSONALE
Riguardo al numero di militari presenti all’interno delle basi Usa e Nato in Italia, non è del tutto noto. Un sospetto che la dice lunga sulla complicità delle istituzioni italiane le quali non chiedano informazioni sul numero effettivo del personale americano di istanza in Italia. Secondo le solite fonti ufficiose, il numero dovrebbe essere di circa 13.000 militari e 15.000 civili, dipendenti da 18 comandi di vario rango. La maggiore concentrazione di uomini si ha nelle basi di Camp Ederle (Vicenza), Aviano (Friuli), Camp Derby (Toscana), Napoli (Campania), Sigonella (Sicilia) e S. Vito dei Normanni (Puglia).
IL RUOLO STRATEGICO
L’Italia rappresenta una delle più importanti basi di stazionamento e logistiche per le operazioni dentro e oltre la regione immediata. A proposito della regione centrale europea, l’Italia presenta il vantaggio militare di profondità strategica garantendo, allo stesso tempo, una presenza-chiave nello scacchiere del fronte Mediterraneo. Il ruolo strategico delle basi dello “Zio Tom” in Italia è fuori discussione: l’Italia contribuisce in modo attivo alle cosiddette “operazioni di sicurezza”. Nelle missioni contro la Jugoslavia, le basi U.S.A-Nato in Italia hanno avuto un ruolo chiave nel sostegno alle operazioni in Bosnia, in Serbia e nel Kosovo. Nel Veneto e nel Friuli poi è presente una linea di postazioni missilistiche, servite da una vera e propria catena di radar e in Puglia, nel 1957, furono installati 30 missili a medio raggio (2500 Km) con testata atomica. Le basi Usa-Nato in Italia, per il famoso discorso di complicità che prima si accennava, sono nel tempo servite come una sorte di presunto stato di necessità di forza maggiore per fronteggiare il pericolo sovietico, all’insegna della segretezza e in rapporto ad una esigenza di protezione rispetto al blocco di Varsavia. Il pericolo sovietico si può dire con una dose di sano realismo che non c’è mai stato, se non nelle menti malate dei generali statunitensi e di colleghi italiani. Le basi e tutto il pericolo che si portano dietro non sono mai scomparse ma sono vegete nel “Bel Paese”, si è notato addirittura negli ultimi anni un deciso incremento nella loro consistenza in uomini e mezzi. Come ad Aviano, che, ha visto raddoppiare il personale interno. La guerra fredda è finita e da un pezzo, ci si chiede con insistenza perché questi accordi di sicurezza e segretezza esistano ancora. E non ci si meraviglia più se il nostro Parlamento è tenuto all’oscuro di quello che succede all’interno di queste sedi extraterritoriali, veri covi di sovversione contro la sovranità del nostro Paese, visto che è il primo attore complice. Esistono dei protocolli segreti della Nato che, ancora a distanza di oltre mezzo secolo, non conosciamo nei contenuti né nei dettagli. Questo ci fa capire ancora di più la condizione di “sovranità limitata” e succube in cui ci troviamo, accettata in modo vergognoso e lesivo della dignità di un Popolo da tutti i governi della Repubblica.
Davide Caluppi Agenzia Stampa Italia
Articolo uscito l'8/06/2013: Le basi americane dello “Zio Tom” in Italia - parte II :