Dapprima, la definizione “Giusto delle Nazioni” (in ebraico: חסידי אומות העולם, traslitterato Chasidei Umot HaOlam) è utilizzata per indicare i “non – ebrei che hanno agito in modo eroico a rischio della propria vita per salvare la vita anche di un solo ebreo dal genocidio nazista conosciuto come Shoah”. Giorgio Perlasca, padovano ed italiano, è nella lista dei “giusti”. Ha salvato un grandissimo numero di ebrei a Budapest, dopo l’occupazione nazista dell’Ungheria nel 1944. Una sorta di Schindler italiano. Molto probabilmente, ha messo in salvo 5200 persone, destinate ad Auschwitz.
Per il giornalista d’inchiesta Arcadi Espada, non è così. Ha dato alle stampe un libro, “En nombre de Franco. Los héroes de la emajada de España en el Budapest Nazi.”, cioè “Nel nome di Franco”. Pubblicato a Madrid, per l’editore Espasa, Perlasca non avrebbe potuto fare ciò che di lui si racconta. Sarebbe solo un eroe costituito più tardi, molti anni dopo, una volta scomparso il vero autore dei salvataggi di ebrei. E chi sarebbe quindi la figura chiave di cui parla Espada?
Secondo il giornalista spagnolo, Perlasca non conosceva né l’ungherese né la lingua tedesca. Non avrebbe quindi potuto né dialogare né convincere i nazisti a rilasciare gli ebrei prigionieri, senza un interprete adeguato. Quindi si sarebbe servito di Zoltán Farkas, avvocato ungherese presso l’ambasciata spagnola, luogo dove Perlasca agiva. Questi sarebbe stato dotato delle conoscenze linguistiche adeguate, e sarebbe altresì stato in grado di ovviare qualsiasi ostacolo di carattere burocratico. E non è tutto. L’altro, vero eroe sarebbe Angel Sanz Briz, l’ambasciatore spagnolo in Ungheria (già Giusto delle Nazioni). Questi sarebbero secondo Espada i veri eroi ed autori materiali dei salvataggi, e non il solo ed eroico Perlasca. Dunque Espada ha smascherato un mito?
Non è così. Almeno secondo il figlio, Franco Perlasca. Secondo questi, suo padre parlava correntemente tedesco e francese. Inoltre, l’interprete di cui si sarebbe servito, esisterebbe, eccome. Si tratta di un cittadino ancora vivente, a Montecarlo, e che è ampiamente citato nel libro L’impostore. Altresì, Zoltán Farkas trova tranquillamente posto nelle opere di Perlasca, quale avvocato dell’ambasciata, e non se ne nega affatto il contributo.
E’ probabile, a giudizio di Franco, che si voglia rivalutare in Spagna la figura di Sanz Briz, speculando tuttavia sulla figura dell’eroe padovano. Tra l’altro, ulteriore dettaglio aggiunto dal figlio, è la partenza di Sanz Briz. Quest’ultimo sarebbe partito ad inizio del 1944 per la Svizzera. Pertanto, 5200 persone non avrebbero potuto salvarsi da sole, senza l’intervento di qualcuno, ed in questo caso Perlasca. L’operato del “Giusto” padovano è ampiamente documentato dai documenti e dalle testimonianze dei sopravvissuti. Tutti dettagli che Espada e il suo saggio sembrano voler indagare, partendo proprio dal fatto che il giornalista si sarebbe recato a casa Perlasca per la stesura del saggio, ma a quanto pare, determinata bibliografia, sarebbe stata eliminata.
Ne nascerà un’azione legale per diffamazione? Staremo a vedere. E anche se Perlasca fosse stato aiutato da qualcuno, rimarrebbe senza dubbi quell’eroe che ha contribuito a salvare dalla deportazione migliaia di persone.
Valentino Quintana per Agenzia Stampa Italia
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