Se consideriamo gli esempi esteri, direi che v’è ancora molto da imparare. Una nazione a noi confinante, nello specifico, l’Austria, ha appena respinto una possibile candidatura alle Olimpiadi estive del 2028. Incuranti del giro di miliardi che avrebbe potuto generare l’evento, i viennesi si sono espressi con parere negativo. E la percentuale del “no”, di certo, non è stata vicina al “sì”: si parla di una bocciatura pari al 72%. “Vienna lo vuole sapere”, era il titolo dell’iniziativa di confronto pubblico, mirante a conoscere il parere vincolante dei cittadini. Ovviamente, la rete coadiuvava il dibattito (http://www.wienwillswissen.at/die-fragen/olympische-spiele-2028/), ed è ancora possibile visionare tutti pareri della cittadinanza. I votanti si sono espressi per il 97,72% su schede postali.
Non è nemmeno la prima volta che Vienna si è espressa negativamente per quanto concerne maxi eventi pubblici. Pensiamo al 1995, quando la grande coalizione di centro sinistra e centro destra insidiata nella capitale chiedeva ai cittadini cosa ne pensassero dell’Esposizione Universale da organizzare assieme a Budapest. O al 2010, quando un altro referendum bocciava l’ecopass, tanto richiesto dai Verdi infine bypassato da altre iniziative. In entrambi i casi, con alte percentuali, i votanti hanno espresso i loro “no”, incuranti dei possibili introiti nelle casse cittadine, delle lamentele ungheresi o di quelle dei Verdi.
Inutile aggiungere altro: la città è citata nel rapporto Onu State of word cities, quale esempio mirabile di democrazia diretta. La “Carta di Vienna” pone la città al primo posto della classifica mondiale, ed è in grado di far convivere anime di diversa cultura, religione, etnia. 600 dibattiti pubblici sembrano un qualcosa ancora lontanissimo, da noi. Prenda spunto il Movimento 5 Stelle, che cita tanto la “democrazia diretta”, ma al momento, non raggiunge nemmeno l’1% dei risultati del modello viennese.
Valentino Quintana per Agenzia Stampa Italia