Il mio velo si è squarciato qualche settimana fa, quando ho ascoltato le parole di un ragazzo che ce l’ha fatta, è sceso negli abissi ed è tornato in alto; questo ragazzo è Giacomo Jack Sintini. Ma ricominciamo da capo. Ricordo di aver visto Sintini per la prima volta sotto la rete del PalaEvangelisti di Perugia quando fu acquistato dalla Pet Company Perugia; l’ho visto diventare un riferimento per tutti i suoi compagni, un condottiero oltre il ruolo di palleggiatore che le sue mani e la sua testa gli hanno consentito di interpretare ai massimi livelli. C’ero durante le finali scudetto della stagione 2004-2005, perse dalla Rpa Perugia contro la Sisley Treviso, ma alla fine del campionato Jack fu premiato come miglior palleggiatore del torneo; conservo ancora i ritagli di giornale della nazionale italiana campione d’Europa nel 2005, squadra di cui ha fatto parte.
Un campionato italiano vinto con Macerata, una Supercoppa italiana, una Coppa Cev e una Challenge Cup, premio come miglior palleggiatore nel 2005, miglior palleggiatore nelle finali di Coppa Cev nel 2006, confermatosi anche nel 2010 nella Challenge Cup, questo il ricco palmares di Sintini, per ora.
La sua brillante carriera, però, si è interrotta un anno fa quando gli fu diagnosticato un tumore al sistema linfatico. Ora è guarito ed è ancora, con la maglia numero due dell’Itas Diatec Trentino, lì sotto rete a dire la sua.
Questa intervista nasce dalla mia urgenza di fare qualcosa per Jack e per l’Associazione che ha creato, perché il suo messaggio possa rimbalzare in lungo e in largo, perché storie come la sua devono trovare spazio nella ‘vita’ di tutti. L’emozione, di cui parlavo all’inizio, l’ho provata leggendo le sue parole.
D: Da quale parte del mondo scrivi Jack? Sei a Doha in Quatar, dove l’Itas Diatec Trentino sta per disputare il torneo Mondiali per club, oppure sei a casa?
R: Ciao, in questo momento mi trovo a Doha per giocare il mondiale, si!
D: Dal 1 giugno del 2011, quando hai scoperto di avere un tumore al sistema linfatico, è passato poco più di un anno. La tua esperienza così forte, da vero campione dentro e fuori dal campo di gioco, in cosa ha cambiato il Sintini uomo e il Sintini giocatore?
R: Sembra davvero impossibile. L’anno scorso guardavo il mondiale in tv dalla camera dell’ospedale e vivevo momenti davvero difficili in quel periodo. Oggi sono qui anch’io e sto veramente bene, come da tanto tempo non mi capitava. Sono felice! Mi sento molto diverso da prima. Sono cambiato nel modo in cui vivo certe situazioni. Ora so distinguere bene le cose davvero importanti da quelle meno. La mia scala di valori è radicalmente cambiata. Questo non significa che io faccia meno bene o con meno impegno il mio lavoro, anzi! Solo che, se prima perdevo il sonno per un banale litigio o per una sconfitta, o perdevo le staffe per un problema banale, adesso non mi capita più. Sono più misurato. Inoltre sono diverso verso gli altri, verso i problemi e le sofferenze di altre persone. Ho capito quanto sia importante stare vicino a chi soffre e che le cose brutte possono capitare a tutti, in qualsiasi momento. Mi piaccio di più ora e desidero essere migliore ogni giorno.
D: Hai recentemente raccontato alle telecamere di una nota trasmissione sportiva la tua malattia dall’inizio alla fine, un percorso lungo e complesso. Ti ricordi qual è stato il primo pensiero quando ti hanno detto che era davvero finita, che potevi ricominciare a essere un giocatore di pallavolo?
R: In realtà ricordo esattamente quel momento. Il Professore che seguiva le mie cure a Perugia, il Prof. Brunangelo Falini, mi mostro' i risultati positivi dei miei esami e poi disse: " Cosa dici Giacomo? Ti facciamo tornare a giocare?!". Lo disse con un gran sorriso e io capii che si tornava alla vita. E’ stato un sollievo enorme, un peso tolto dal cuore e sono partito come un razzo. La mia determinazione per tornare in campo è stata sicuramente un immenso aiuto anche per affrontare la malattia e le lunghe cure.
D: Chi e che cosa ti hanno dato la forza per vincere anche questa partita?
R: La Fede in Dio e la preghiera. La mia famiglia. Mia figlia Carolina che è stata sicuramente la motivazione più grande. La voglia di non mollare, di non dargliela vinta e di tornare a fare quello che amavo.
D: Oggi sei un giocatore della rosa dell’Itas Diatec Trentino, cosa hai provato quando ti hanno consegnato maglia con nome e il numero?
R: Stupore, incredulità prima e poi tanto orgoglio, quello buono, dopo. Ero fiero di me, per aver saputo tenere duro e grato per questa seconda possibilità. E’ stato emozionante e profondo.
D: Parliamo dell’Associazione che porta il tuo nome. Come nasce e con quali obiettivi…..
R: Nasce da un desiderio di poter essere di aiuto. Dalla gratitudine verso chi a dedicato la sua vita alla medicina per salvare persone come me. Dalla gratitudine per come siamo stati trattati nel reparto di Ematologia dell'ospedale di Perugia, con amore,professionalità, dolcezza e comprensione. Noi vogliamo dare una mano e portare in giro per l’Italia, per l’Europa e per il Mondo il messaggio di Speranza che da queste terribili malattie si può guarire. Io ho avuto il Cancro, stavo per morire, e invece adesso sono in campo nelle massime competizioni a livello mondiale. La gente deve vedere questo e capire che si può davvero fare!! Io non sono un super-eroe. Sono un ragazzo come tanti altri e se ce l’ho fatta io, può farcela chiunque.
D: Il mondo della pallavolo è speciale, lo percepisce anche chi solitamente non frequenta i palazzetti dello sport, e sia durante l’ ‘assenza agonistica’ sia ora che sei tornato non ti ha mai fatto mancare il suo supporto. Da ultimo durante la "Del Monte Supercoppa" che ha visto impegnate la Lube Macerata e l’Itas Diatec Trentino i giocatori sono scesi in campo con la maglietta dell’Associazione, inoltre ci sono stati degli spazi per diffondere il vostro messaggio. E’ iniziata per te una nuova fase della carriera, come si amalgamano il giocatore e Jack 2.0?
R: Si, non finirò mai di dire quanto questo mondo sia dotato di grande cultura e sensibilità. Sono davvero felice ed orgoglioso di farne parte. La mia nuova carriera sarà splendida, lo so. Godrò di ogni momento in campo e fuori dal campo. Giocherò ancora moltissimi anni e non smetterò fin quando ne avrò voglia io. Il Cancro voleva impormi lo stop, voleva rovinarmi la vita, voleva togliermi tutto. Non ci è riuscito! Continuerò a fare ciò che amo e grazie alla visibilità che lo sport riuscirà a darmi porterò avanti i progetti benefici dell’Associazione Giacomo Sintini con enorme impegno e passione.
D: Torni spesso a Perugia, città che ti ha ammirato da giocatore e ti è ancora vicina. Nel tuo blog racconti delle visite che fai in ospedale ai pazienti ricoverati presso il reparto Ematologia Oncologica dell’ospedale Santa Maria della Misericordia, dove tu stesso sei stato. Con che spirito torni oggi in quel reparto?
R: Lo spirito con cui torno è uno spirito di fratellanza. Io sono un sopravvissuto al cancro e questo niente potrà mai cambiarlo. Chiunque attraversi questa esperienza entra a far parte di una comunità, la comunità del cancro. Quelle persone, quei malati, sono miei fratelli. Io vado a trovarli perchè so cosa stanno passando e cosa sta passando la loro famiglia. Voglio essergli vicino, voglio dare una mano. Le cure ti provano moltissimo a livello psicologico e la speranza non deve mai essere perduta. L’atteggiamento con cui si affronta una crisi come questa può fare la differenza. Fa la differenza. Certo non è facile per me tornare in reparto, sento ancora la nausea mentre cammino per quei corridoi. Però ci vado lo stesso. Se fossi ancora la dentro, vorrei che qualcuno lo facesse per me!
D: Raccontaci come si fa a donare un sorriso?
R: Con semplicità. Con amore e con la voglia di stare insieme a loro. A volte sono troppo deboli anche per parlare. Stargli vicino è tantissimo. Gli infermieri, i medici e i volontari che ogni giorno stanno a stretto contatto con i pazienti di cancro sono veri e propri angeli. Sono persone uniche, fantastiche.
D: Ho letto che "La vita è come la pallavolo, finché l’ultimo pallone non è a terra puoi ancora dire la tua" – Jack Sintini, è vero?
R: Proprio così! Mai dire mai! Mai sentirsi perduti! C’è sempre speranza e non è finita finche non è finita!!!
Chiara Scardazza- Agenzia Stampa Italia