È ormai passato più di un anno da quando un testo di legge, predisposto dalle associazioni di categoria interessate, era stato sottoposto alla firma e all’adesione di Consiglieri regionali di vari soggetti politici. Poi non si è dato seguito ad alcunché e l’articolato è rimasto lettera morta.
È giusto che nella “partecipazione” di un disegno di legge si debbano sentire anche le istanze degli organizzatori di sagre, ma è altrettanto evidente che una risposta debba ormai essere data.
Quello che è stato detto in maniera diplomatica da Confesercenti e Confcommercio deve però essere analizzato politicamente.
La sagra non è solo un manifestazione popolare in cui i politici possono “farsi vedere”; ma è evidente che l’organizzazione di una sagra sottende spesso ad una produzione di “indotto” politico ed elettorale, che è il vero motivo per il quale i soggetti istituzionali sono frenati nella regolamentazione della stessa.
Se le situazioni vanno mediate, un fatto è irrinunciabile rispetto alle istanze delle confederazioni: l’ancoraggio della manifestazione ad una tradizione e alla tipicità dei prodotti, senza la quale la sagra stessa perde di identità e non ha ragione di essere.
Le forze politiche devono pertanto ripartire dal testo-base proposto dalle confederazioni e predisporre un testo condiviso da far approvare celermente in Aula e Commissione.
In caso contrario ognuno si dovrà assumere le proprie responsabilità, così che Confesercenti e Confcommercio potranno dunque verificare direttamente ed in modo limpido chi ha davvero la determinazione di voler regolamentare eventi, certo localmente sentiti, ma che per molti commercianti rappresentano anche una forma di concorrenza sleale che ne mette a repentaglio l’esistenza.