(ASI) Lettre in Redazione. L'articolo di Repubblica del 4 luglio 2012 apre finalmente un problema rimasto irrisolto forse volutamente da anni. Con il placet di alcune associazioni che si alleggeriscono di cani e gatti in esubero, assistiamo all'esportazione verso paesi dell'Europa del nord come Germania, Austria, Belgio e Svizzera di animali il cui destino non è propriamente quello sperato di una adozione certa.
Migliaia finiscono nelle trame della macellazione, del commercio di pelli e pellicce o nei laboratori di vivisezione. Ci chiediamo come sia possibile avallare simili estradizioni in paesi che non hanno leggi simili alle nostre come la 281/91 a salvaguarda degli animali. Già questo dovrebbe essere un motivo per impedirle ma oltretutto le pochissime scomode indagini svolte fin ora hanno spesso riscontrato certificati di adozione false come riportato nell'articolo. La proposta di legge volta a proibire le adozioni internazionali dove non esistono condizioni di reciprocità legislativa e garanzie di tracciabilità degli animali, che intende proporre l'inserimento di microchip anche per i gatti, “invisibili perchè privi di anagrafe” come riportato nell'articolo della D'amico, e che prospetta l'inserimento di severe sanzioni per ASL e Comuni che pur di “risolvere” il problema del sovraffollamento dei canili e del randagismo avallano tale metodica anzichè provvedere alle dovute sterilizzazioni, diventa dunque improrogabile. Ci s'indigna di fronte all'eccidio dei cani in Ucraina e non si muove un dito per verificare l'epilogo dei nostri trovatelli deportati come gli ebrei dai nazisti nell'europa del nord. Ufficio Stampa Partito Animalista Europeo