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Il Partito Animalista Europeo sollecita controlli autorità  per prevenzione reati contro animali

(ASI) I continui maltrattamenti da parte dell'uomo a danno degli animali sono reati non possono e devono essere tollerati dalla legge. Per questo motivo il Partito Animalista Europeo da sempre sensibile alla tuttela degli animali e al rispetto della legge ha formalmente richiesto alle autorità competenti un maggiore controllo quale prevenzione dei reati che vengono commessi contro gli animali.

RICHIESTA INTENSIFICAZIONE CONTROLLI PER PREVENZIONE REATI A DANNO DI ANIMALI ( ARTT. 727 -544 C.P. – Legge 189/04)

Ill.me Autorità,

in diversi ristoranti, pescherie e supermercati presenti in città ed in provincia, è purtroppo usuale porre in vendita pesci, molluschi e crostacei vivi stesi su ghiaccio. L'ultimo episodio mi è personalmente accaduto venerdì 22 giugno 2012 all'interno del supermercato SISA - angolo piazza Martire d'Ungheria(TP). Ho allertato immediatamente i Carabinieri ma nel giro di pochi minuti, qualcuno mi ha sicuramente riconosciuto ed ha messo in allerta i titolari che, nel giro di pochissimi minuti, hanno provveduto a far sparire gli animali.

Questi animali passano ore ed ore fuori dal loro ambiente naturale con l'ulteriore sofferenza creata da iper-refrigerazione e per le chele inoltre, che vengono legate generalmente ad aragoste e astici, vi è altra sofferenza dovuta ad una forzata immobilizzazione.

La detenzione di crostacei ancora vivi sul ghiaccio integra maltrattamento di animali secondo l’attuale normativa penale a tutela degli animali, Legge 189 del 2004.

                                                                                         DIRITTO

Art. 544 ter c.p. e succ. mod. -Maltrattamento di animali

 MALTRATTAMENTO DI ANIMALI, CONDOTTA TIPICA

L'art. 544-ter c.p. (Maltrattamento di animali) statuisce che "Chiunque, senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da quattro mesi a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro. La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi. La pena è aumentata della metà se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte dell'animale".

Secondo la giurisprudenza prevalente, la condotta concretante il maltrattamento non deve necessariamente esprimere un sotteso truce compiacimento di infierire sull'animale né si richiede che da tale condotta siano scaturite lesioni alla sua integrità fisica. 'A consumare la previsione incriminatrice è cioè sufficiente la volontaria inflizione di inutili sofferenze, privazioni, paure od altri ingiustificati patimenti, comportamenti che offendono la sensibilità psicofisica dell'animale, quale autonomo essere vivente, capace di reagire agli stimoli del dolore, come alle attenzioni amorevoli dell'uomo, e che non possono andare esenti da sanzione. Alla loro origine non sempre si situa un atteggiamento di perversione o di abietto compiacimento, ma assai più frequentemente insensibilità ed indifferenza, ovvero incapacità di esprimersi e di rapportarsi in termini di pietà, di mitezza e di attenzione verso il mondo animale e le sue leggi biologiche, piuttosto che in termini di abuso, incuria e abbandono, pratiche decisamente estranee al costume civile, suscettibili anzi di promuovere pericolose involuzioni, abituando l'uomo all'indifferenza per il dolore altrui". (Cassazione Penale - Sezione III - Sentenza del 20 dicembre 2002 n. 43230 - Pres. Postiglione - Est. Vitalone - P.M. Danesi (diff.) Ric. P.M. in proc. Lentini).

Per quanto riguarda l'elemento di illiceità speciale 'senza necessità' ci si richiama alle interpretazione fornite dalla giurisprudenza in materia. Secondo i giudici di legittimità, il concetto di necessità deve intendersi in senso analogo a quello previsto dall'art. 54 Cod. Pen., comprendendo ogni altra situazione in cui l'uccisione o il maltrattamento non sia in altro modo evitabile perché dettato dall'esigenza di evitare un pericolo imminente o impedire l'aggravamento di un danno giuridicamente apprezzabile alla persona e ai beni propri altrui, e così solo se contenuti entro i limiti della causa giustificatrice deve ritenersi che il 544 bis e ter c.p. non trovino applicazione (ex multis Cass Sez III 2110/02).

 

La necessità non può essere ravvisata nella detenzione dell'animale vivo con le chele legate da elastici che, impedendo i più semplici movimenti, non solo provocano nei crostacei sofferenze psichiche e stress da immobilità, ma anche un forte dolore fisico al momento in cui vengono tolti i lacci.

Inoltre, non è da sottovalutare che spesso questi animali vengono tenuti ammassati all'interno di acquari privi di una idonea ossigenazione o sul ghiaccio.

 

MALTRATTAMENTO DI ANIMALI ELEMENTO SOGGETTIVO

Sul fronte dell'elemento soggettivo, ben può dirsi integrata la presenza del dolo generico anche eventuale inteso come previsione del rischio, dell'alta probabilità di causare sofferenza all'animale ed accettazione dello stesso, per altri fini. Il nuovo delitto si configura come reato a dolo specifico nel caso in cui la condotta sia tenuta "per crudeltà", e a dolo generico quando essa è tenuta "senza necessità", (Cass. Penale , Sez. III, 21/12/2005 , Sentenza n. 46784). E' evidente che nei casi di specie precedentemente citati sia ravvisabile tale elemento soggettivo, inteso quale previsione ed accettazione della sofferenza dei crostacei.

 

 

***

Art. 727 c.p. Detenzione in condizioni incompatibili

 

Per quanto riguarda il secondo reato, e cioè l'art. 727 c.p. II comma, si ritiene che la detenzione di crostacei con chele legate affollati in acquario o detenuti su ghiaccio possa integrare concorso tra il reato di cui agli art. 544 ter cp con art. 727 c.p. II co.

La seconda condotta alternativa alla prima ma punibile con la stessa pena, prevede la detenzione in condizioni incompatibili, intendendo il trattamento riservato dall'uomo all'animale Per quanto riguarda il requisito della grave sofferenza necessario per la condotta tipica, esso è stato chiarito dalla Cassazione[1], la quale, intervenuta sul punto e confermando l'orientamento precedente, ha statuito che per accertare l'esistenza di gravi sofferenze "non è necessario siano ravvisabili lesioni fisiche, potendo la sofferenza consistere in soli patimenti". Infatti, secondo la stessa Suprema Corte[2], "non possono esservi dubbi sulla rilevanza, ai fini della disposizione in esame, non solo delle alterazioni del fisico, ma anche di quelle che incidono sulla psiche dell'animale, risultando ormai pacificamente riconosciuto che anche gli animali, quali esseri senzienti, sono suscettibili di simili menomazioni". Così per ravvisare il reato di cui all'art. 727 c.p. in relazione alla natura dell'animale possono considerarsi penalmente rilevanti le condotte che "seppure non accompagnate dalla volontà d'infierire, incidono senza giustificazione sulla sensibilità dell'animale producendo dolore"[3]. Si positivizza dunque il concetto per cui la detenzione in condizioni incompatibili non può prescindere dalla produzione di sofferenza, intesa come lesione dell'integrità sia fisica che psicofisica della sensibilità dell'animale come confermato dal Tribunale penale di Bassano del Grappa[4] nel 2006 per cui "La privazione del cibo sufficiente per una dignitosa condizione fisica, il sostanziale isolamento o l'assoluta carenza di elementari requisiti di igiene, producono nell'animale gravi sofferenze. Ne consegue che, sebbene l'art. 727 non contenga una specifica ipotesi di confisca, il cane in sequestro va confiscato ai sensi dell'art. 240 co. 2 n. 2 in relazione al divieto di detenzione dell'animale in condizioni incompatibili con la sua natura".

Anche il Tribunale di Vicenza, in una sentenza avente ad oggetto la violazione dell'art. 727 c.p. ha avuto modo di ribadire che "è scientificamente provato che detti vertebrati (i crostacei) sono dotati di un sistema nervoso centrale che li rende sensibile agli stimoli esterni e capaci di percepire dolore" e quindi la loro detenzione in acquario o su ghiaccio con le chele legate provoca in essi gravi sofferenze e inutili patimenti tali da integrare gli estremi della detenzione in condizioni incompatibili con la loro natura ex art. 727 c.p.

Inoltre per quanto concerne l'elemento soggettivo la Cassazione Penale – Sezione III con sentenza 24330 del 04.05.2004 ha chiarito che "sono punibili ex art. 727 c.p. non solo quei comportamenti che offendono il comune senso di pietà e mitezza verso gli animali (come suggerisce il verbo incrudelire) o che destino ripugnanza, ma anche quelle condotte che incidono sulla sensibilità dell'animale producendo dolore, pur se tali condotte non siano accompagnate dalla volontà di infierire sugli animali, ma siano determinate dalle condizioni oggettive in cui vengono tenuti". È quindi sufficiente un dolo generico, ossia la coscienza e la volontà che tenendo una determinata condotta (attiva o omissiva) si possa provocare sofferenza all'animale.

 

Dunque, è evidente che tenere i crostacei con le chele legate, così come descritto, integri anche il reato in questione.

 

il parere medico scientifico 29 luglio 2007 DEL Centro di Referenza Nazionale per il Benessere degli Animali del Ministero della Salute

 

E' ormai conclamato che la detenzione di crostacei vivi con le chele legate integra il reato di maltrattamento di animali secondo l'attuale normativa penale a tutela degli animali legge 189 del 2004, a tal fine si veda il parere medico scientifico (Allegato) redatto il 29 luglio scorso dal Centro di Referenza Nazionale per il Benessere degli Animali del Ministero della Salute in allegato intitolato "Sofferenza di aragoste e astici vivi con chele legate e su letto di ghiaccio durante la fase di commercializzazione", a cura del Dr. Paolo Candotti, che afferma: "La legatura prolungata delle chele, oltre a determinare atrofia muscolare e inibizione dell'alimentazione se naturale, causa la ben più importante interferenza con i comportamenti di minaccia/difesa, in particolare se il colore della banda elastica è tale da alterare l'efficacia dei segnali di comunicazione visiva intra ed interspecie.

L'applicazione della banda in animali freschi di muta può distorcere e indebolire le chele.

L'occasionale liberazione della chela in singoli animali può provocare gravi danni da aggressione ad altri animali legati presenti nel vivaio".

Inoltre questi animali spesso sono sottoposti all'esposizione alla luce diretta e intensa che, si veda ancora il parere medico scientifico, provoca in essi una "condizione generatrice di stress che riduce inoltre i tassi di sopravvivenza".

A supporto di quanto esposto rilevante è anche il contributo del Dott. Enrico Moriconi, Medico Veterinario e Presidente Avda, secondo il quale "La teoria secondo cui al di sotto di sotto di un certo numero di neuroni o di nervi non ci sia percezione del dolore è assolutamente infondata. I nervi e i neuroni sono elementi fondamentali per garantire la vita di ogni essere vivente in quanto determinano lo svolgimento di tutte le funzioni vitali. Quindi ogni essere vivente animato ha la struttura anatomica nervosa necessaria e indispensabile per espletare le sue funzioni vitali. E per tutti l'apparato nervoso serve sia a comandare delle azioni sia a recepire delle stimolazioni dolorose […]. Un sistema nervoso può essere più o meno elementare ma sarà in grado di recepire il massimo della stimolazione. Un'aragosta per svolgere le sue funzioni vitali ha bisogno di utilizzare l'intero sistema nervoso di cui è dotata ed evidentemente lo stesso è in grado di espletare le funzioni massime di ricezione degli stimoli sia piacevoli sia negativi e dolorosi. Il punto centrale, in sostanza, non è la complessità dello sviluppo del sistema nervoso delle aragoste quanto la loro capacità di sofferenza e quindi il trattamento di cui deve essere fatta oggetto. La valutazione del dolore negli organismi cosiddetti inferiori è diventata oggetto di valutazione negli ultimi tempi e si ha notizia di pubblicazioni che affrontano specificamente questo tema giungendo alla conclusione che tutti gli organismi minori sono in grado di recepire stimoli dolorosi. In quest'ottica, la situazione delle aragoste vive mantenute sul ghiaccio non può che evidenziare una condizione di sofferenza". Si può quindi affermare, senza tema di smentite, che i crostacei mantenuti con le chele legate, sul ghiaccio o all'interno di acquari affollati e privi di corretta ossigenazione, sono in uno stato malessere e stress e pertanto chi li sottopone a tali condizioni causa loro una sofferenza punibile ai sensi della legge 189\04.

Questa affermazione è, tra l'altro, confermata dalla realtà che si è realizzata in alcuni paesi. In alcuni paesi, Usa Canada Gran Bretagna, una catena di distribuzione ha ritirato dalla vendita le aragoste vive mettendole in vendita solo congelate, perché, afferma, il sistema di cattura trasporto e mantenimento nei negozi comportava una sofferenza intollerabile per gli animali. In questa catena le aragoste sono uccise appena pescate con un sistema elettrico, praticamente una scatola isolata all'esterno che provoca una scarica mortale. Per la riduzione del danno occorre prendere in considerazione la decisione già assunta in alcuni paesi, di inserire, prima del congelamento, il passaggio attraverso uno strumento che possa in maniera automatica, ad esempio tramite la corrente elettrica, effettuare uno stordimento, come viene definito, che renda il meno doloroso e il più rapido possibile il passaggio dalla vita alla morte.

In ultimo anche una recente ricerca della Queen's University di Belfast, ultimata il 7 novembre 2007, conferma che "Anche le aragoste (e i gamberetti) piangono, e non è vero che gli animali invertebrati non percepiscano il dolore, ma anzi reagiscono muovendo l'area ferita". Il biologo Robert Elwood ha infatti "versato dell'acido acetico (il principale componente dell'aceto) sulle antenne di 144 gamberetti  che si sono strofinati l'area affetta per più di cinque minuti" La reazione, secondo il professore, è la stessa che manifestano i mammiferi esposti a prodotti irritanti, come dichiarato alla rivista britannica 'New Scientist' per cui tale risultato "E' un'interpretazione dell'esperienza del dolore gli animali imparano cos'é il dolore dalla sofferenza provata in passato e lo evitano in futuro".

 

***

 

GIURISPRUDENZA DI MERITO SU MALTRATTAMENTO CROSTACEI SUL GHIACCIO

La recente giurisprudenza di merito ha confermato l'assunto appena dimostrato scientificamente di assoluta sofferenza dei crostacei posti sul ghiaccio con diverse pronunce aventi ad oggetto crostacei ed astici tenuti vivi sul ghiaccio, tra cui a titolo esemplificativo il Tribunale di Vicenza 24/04/2006 che ha emanato un decreto penale di condanna ex art 727 c.p. ad un ristoratore reo di aver maltratto gli astici o la stessa Procura di Milano del 6 novembre 2006 che ha emanato un decreto penale di condanna ex art. 544 ter c.p. 'maltrattamento di animali 'contro un ristoratore milanese, e la stessa Cassazione che in precedenza con Sentenza n.1906 Reg.Gen.n. 9216/67 che ha confermato la condanna di primo grado per un negoziante di Bologna che "aveva incrudelito verso dei pesci lasciandoli in recipienti contenenti pochissima acqua [..] prolungando l'agonia con contrazioni e sussulti per la lenta asfissia".

Anche un ristoratore di Ischia, denunciato dallo scrivente nell’agosto del 2010

dovrà essere giudicato. Infatti, proprio nei giorni scorsi mi è giunto il Decreto di

Citazione a Giudizio ed il prossimo cinque ottobre presso il Tribunale di Napoli,

sezione distaccata di Ischia, ci sarà la prima udienza innanzi il Giudice monocratico

dove il Partito Animalista Europeo ha già preannunziato l’intenzione di

costituirsi parte civile.

I reati contestati sono il maltrattamento di animali (544/ter c.p.) e le inidonee

condizioni di detenzione (art.727 c.p.).

 

Alla stessa conclusione giurisprudenziale si deve arrivare trattando della legatura della chele o della detenzione in acquario in condizioni di affollamento e senza impianti di depurazione e ossigenazione dell'acqua idonei alla natura degli animali.

A dimostrazione di ciò si vedano inoltre i recenti provvedimenti del Commissario Straordinario di Pomezia (Rm) che, con delibera 10 maggio 2006, ha adottato un regolamento a tutela delle aragoste il cui art. 53 proibisce di conservare l'ittiofauna viva a contatto con il ghiaccio e specifica che le aragoste vanno conservate in vasche con impianto di depurazione e di ossigenazione dell'acqua, così come il Regolamento Comunale di Roma a tutela degli animali (24 ottobre 2005) che vieta la detenzione di crostacei vivi sul ghiaccio per non arrecargli sofferenza.

 

ART 544 SEXIES CP SEQUESTRO E CONFISCA CROSTACEI MALTRATTATI, ISTANZA AI SENSI ARTT. 321 C.P.P. 544 SEXIES C.P. E 240 C.P.

 

In questi casi quindi, si procede al sequestro preventivo dei crostacei maltrattati ai sensi dell'art. 321 c.p.p. considerato che l'art. 544 sexies c.p. prevede che, tanto nel caso di condanna quanto nel caso di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. per i reati di cui agli articoli 544 ter e ss, è prevista la confisca obbligatoria degli animali, salvo che l'animale appartenga a terzo estraneo al reato, rendendo possibile anche il sequestro preventivo dell'animale ai sensi del art. 321 c.p.p., ed il sequestro preventivo in via d'urgenza da parte della polizia giudiziaria ex art. 321 co 3 bis c.p.p.. Quest'aspetto è di assoluta importanza, in quanto, con l'introduzione dell'art. 544 c.p., si chiarisce il dovuto sequestro preventivo in ordine all'art. 321 co 3 c.p.p., che prevede il sequestro preventivo per i beni di cui è disposta la confisca. In particolare occorre precisare che il sequestro preventivo dei beni di cui è sempre ordinata la confisca costituisce figura autonoma e distinta dal sequestro preventivo ordinario, la cui peculiarità sta nel fatto che per la sua applicazione non ricorrono necessariamente i presupposti del sequestro preventivo tipico, ovvero il pericolo che la libera disponibilità della cosa possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato, ma basta il presupposto della confiscabilità ed il fumus del reato, cumulativamente. Pertanto si chiede il sequestro preventivo urgente degli animali in esame. Inoltre, sempre secondo il 544 sexies c.p. è altresì disposta la pena accessoria della sospensione da tre mesi a tre anni dell'attività, cioè della licenza al trasporto, di commercio o di allevamento di animali se la sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti è pronunciata nei confronti di chi svolge le predette attività, in caso di recidiva è disposta l'interdizione dall'esercizio delle attività medesime. In ultimo occorre precisare che seppur l'art. 727 c.p. non prevede esplicitamente la confisca per tale reato, la giurisprudenza, con un'innovativa pronuncia al riguardo[5]. ha statuito che sebbene l'art. 727 c.p. non contenga un'espressa ipotesi di confisca il cane in sequestro va confiscato ai sensi dell'art. 240 co 2 n 2 c.p. in relazione al divieto di detenzione dell'animale in condizioni incompatibili con la sua natura. Ovviamente anche in questi casi la p.g. può disporre sequestro preventivo e probatorio per impedire il pericolo di una protrazione della conseguenza del reato.

 Dal momento che nei fatti sopra descritti sono raffigurabili, quanto meno, le fattispecie di cui agli artt. 544 ter c.p. e 727 c.p., il sottoscrivente chiede alle S.V. Ill.me di potenziare il più possibile i controlli in supermercati, ristoranti e pescherie al fine di prevenire i reati in questione ed evitare che possano essere portati ad ulteriori conseguenze.

In attesa di un cortese riscontro si rimane in attesa di conoscere le decisioni assunte ai sensi della Legge 241/1990.

 Con osservanza

Trapani 25 giugno 2012

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