La CGIL scrive al Ministro del Lavoro per denunciare una norma, che definisce “una vera e propria tagliola”, contenuta nel collegato lavoro recentemente approvato: il fatto cioè che i lavoratori con un contratto a termine avranno solo 60 giorni di tempo dopo la scadenza del rapporto di lavoro per fare ricorso contro l’azienda in caso di irregolarità.
Nella lettera inviata dal Segretario Confederale della CGIL, Fulvio Fammoni, al ministro Sacconi si ribadisce la contrarietà dell’organizzazione sindacale al ‘collegato lavoro’ “e i dubbi di costituzionalità che abbiamo e intendiamo sollevare”. Ma nel testo di legge, fa sapere il dirigente sindacale, “è prevista anche una vera e propria tagliola giudiziaria dei diritti nei confronti di tutti quei lavoratori temporanei e, in genere, precari che non solo perderanno il lavoro in futuro, ma che lo hanno già perso durante questa fase di crisi”.
Nello specifico, all’articolo 32 del provvedimento (‘decadenze e disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo determinato’) si applica, si legge nella lettera, “il termine dei 60 giorni per l’impugnativa del licenziamento ai casi di contestazione delle irregolarità nei contratti a carattere temporaneo e precario”. La CGIL contesta la norma perché molti lavoratori “non saranno neppure in grado di conoscere in tempo questa nuova norma e decadranno dal diritto” e per “un probabile fortissimo aumento del contenzioso: cioè l’esatto contrario di quanto il governo dichiara di perseguire”. La CGIL chiede quindi, conclude Fammoni, “un’immediata correzione di almeno questo punto prima dell’entrata in vigore della legge.
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