“Da una attenta lettura del 'collegato lavoro' emerge quella che è una vera e propria tagliola che si abbatterà presto sui più deboli.
Dall'entrata in vigore della legge i lavoratori con i contratti di lavoro pecari scaduti avranno 60 giorni di tempo per avvalersi della possibilità di ricorso. Ma nel vuoto informativo che accompagna questa legge i precari non saranno in grado di conoscere in tempo l’esistenza di questa nuova norma”. E' quanto afferma il segretario confederale della CGIL, Fulvio Fammoni, in merito al ddl lavoro, recentemente approvato, e che - a suo dire - contiene “ulteriori gravissimi danni per i più deboli oltre quelli già denunciati”.
Il termine dei 60 giorni entro i quali fare ricorso, aggiunge il dirigente sindacale, “oggi esiste solo per i licenziamenti dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato, mentre per i contratti a termine scaduti non era previsto. E' evidente che un lavoratore temporaneo attenda, ad esempio, di vedere se il contratto sarà reiterato prima di impegnarsi in una causa”.
Mentre adesso, fa sapere Fammoni, “l’articolo 31 della nuova legge al comma 4 estende i 60 giorni anche ai contratti a termine scaduti, ottenendo un risultato gravissimo. Questo vale non solo per il futuro, cosa già non accettabile, ma anche per centinaia di migliaia di precari che hanno già perso il posto durante la crisi e dovranno in 60 giorni dalla pubblicazione della legge decidere se fare causa o perdere per sempre ogni diritto. Molti non saranno in grado di conoscere neppure in tempo l’esistenza di questa nuova norma”.
Per questi motivi Fammoni chiede al governo di “chiarire ufficialmente e di correggere immediatamente la legge. Altrimenti si produrrà una evidente macelleria sociale dei diritti di persone già in difficoltà e un enorme aumento del contenzioso, altro che la diminuzione dichiarata. Se il governo confermerà quanto da noi denunciato e non cambierà la legge la CGIL - conclude Fammoni - non si limiterà alla denuncia e all’informazione e farà ogni atto possibile a tutelare le tantissime persone a rischio”.
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