(ASI) "È ora di dire basta. Dal 2 aprile tour nelle carceri italiane e sciopero della fame ad oltranza. Il gravissimo episodio del sequestro di un agente di polizia penitenziaria in servizio nel carcere di Sollicciano, al quale un detenuto ha puntato alla gola un punteruolo, si aggiunge alle oltre 30 aggressioni a personale penitenziario avvenute nelle ultime 48 ore in numerosi istituti a riprova che la gravissima situazione di emergenza ha raggiunto livelli intollerabili.
Non vogliamo aspettare la vittima sul lavoro anche in carcere come purtroppo accade nel Paese in tanti posti di lavoro. Così in una nota, Aldo Di Giacomo, segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria, annunciando di aver programmato un tour tra le carceri con inizio dello sciopero della fame. Questo il calendario: 2 aprile Campania; Roma 3 aprile; Bologna, Parma e Torino 4 aprile; Varese e Bergamo 5 aprile; Milano e Padova 6 aprile; Firenze Perugia, Pescara 7 aprile. Vogliamo riaccendere i riflettori su questa emergenza che – aggiunge – ha due facce della stessa medaglia: i suicidi dei detenuti (27 dall’inizio dell’anno, con una media di circa 1 ogni 3 giorni) e le aggressioni agli agenti (1.800 circa nel 2023). La “medaglia” unica è quella dello Stato incapace di tutelare la vita delle persone che ha in custodia e dei suoi dipendenti. È da troppo tempo che chiediamo all’Amministrazione Penitenziaria, al Ministero, al Parlamento di intervenire ed invece – aggiunge – l’unica risposta che registriamo è fatta di comunicati formali, senza darci ascolto. Proprio come è rimasto inascoltato l’allarme lanciato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella sull’esigenza di assistenza sanitaria dentro agli istituti penitenziari e che è rimasto l’unico rappresentante istituzionale a richiamare il compito delle istituzioni perché si occupino prioritariamente di sovraffollamento carcerario e di carenze di organico. Pertanto – continua Di Giacomo – siamo decisi ad alzare il tono della mobilitazione con lo sciopero della fame e il tour delle carceri programmato. Almeno noi non ci stiamo perché lo Stato ha la responsabilità delle persone che ha in custodia e la responsabilità di garantire condizioni di lavoro accettabili per i suoi servitori”.